Tau assassino

Frammenti impazziti di una proteina. Che si staccano dalle strutture cellulari a cui normalmente sono legati per ammassarsi fra loro e innescano una reazione a catena di suicidio collettivo e incontrollato dei neuroni. Sarebbe questo il meccanismo aberrante che si scatena nel cervello all’insorgere del morbo di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa che colpisce circa il 5 per cento delle persone con più di 60 anni causando una progressiva, irreversibile e disabilitante perdita delle funzioni intellettive. A far luce su una delle zone d’ombra di questa forma di demenza, la cui comprensione, per molti aspetti, sfugge ancora alle conoscenze mediche, è una ricerca finanziata da Telethon, apparsa sull’ultimo numero del Journal of Alzheimer’s Disease e firmata da un gruppo di ricercatori italiani, Luisa Fasulo, Gabriele Ugolini e Antonino Cattaneo, della Sissa, la Scuola internazionale di studi superiore avanzati di Trieste. La notizia giunge a meno di un mese di distanza da un’altra importante pubblicazione di Cattaneo, che dimostrava l’efficacia di somministrare in topi malati per inalazione una sostanza a base del fattore di crescita delle cellule nervose, l’NFG, aprendo la prospettiva di sviluppare in futuro un analogo per gli esseri umani. Oggetto dell’ultimo lavoro è invece il processo di degenerazione dell’Alzheimer. A giocare un ruolo chiave sarebbe il frammento 151-421 della proteina tau. I ricercatori hanno dimostrato in vitro, su cellule neuronali di ratto, che questo frammento è in grado di condurre alla morte i neuroni dell’ippocampo, una popolazione di cellule del cervello precocemente colpita nella malattia. È la memoria, infatti, una delle prime facoltà a essere danneggiata nell’esordio dell’Alzheimer. Il paziente non ricorda più nomi di persone, non riconosce strade e luoghi frequentati normalmente, fa fatica a tenere a mente gli appuntamenti quotidiani. Man mano che la malattia avanza e si diffonde ad altre aree del cervello, le condizioni peggiorano, i disturbi comportamentali si sommano a quelli cognitivi causando una graduale perdita di autosufficienza della persona. Lo studio della Sissa ha chiarito che all’origine della malattia c’è una reazione a catena del processo di apoptosi, la morte programmata della cellula: la proteina tau alterata in modo patologico viene “tagliata” da un enzima, chiamato caspasi-3, che trasforma tau in un frammento deleterio: il 151-421 si stacca dai microtubuli, le strutture cellulari in cui si trova normalmente, va ad aggregarsi ad altri frammenti per formare fibre contorte e insolubili all’interno del neurone, i cosiddetti grovigli neurofibrillari e, a questo punto, i frammenti di tau attivano una reazione di morte neuronale che si autopropaga. L’apoptosi si fa così incontrollata. Da spiegare restano le modalità esatte attraverso cui si esplica l’effetto nefasto dei frammenti di tau, proteina già incriminata in altre malattie neurodegenerative, per questa ragione classificate sotto la voce di “tauopatie”. In alcune di esse, le alterazioni di tau sono dovute a difetti genetici, di per sé responsabili della demenza. Nel morbo di Alzheimer, invece, non si sono riscontrate mutazioni a carico del Dna, ma le anomalie insorgono in una fase successiva alla traduzione della proteina.

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