Animali e creature mostruose di Ulisse Aldrovandi

Scoprire Ulisse Aldrovandi attraverso le tavole che egli ritenne sempre necessarie per corredare la sua enciclopedia naturale di fine Cinquecento, frutto di quella sete di sapere che lo portava a studiare piante e animali, oltre che a interessarsi di idrologia, medicina, farmacopea, cosmologia. Questa la possibilità offerta dalla pubblicazione curata da Biancastella Antonino ed edita da Federico Motta, opera che presenta molti dei disegni acquerellati che Aldrovandi commissionò a una serie di artisti, tra cui spicca il nome di Jacopo Ligozzi, pittore chiesto appositamente “in prestito” al Granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici.

Aldrovandi animali fantastici
Biancastella Antonino (a cura di) Animali e creature mostruose di Ulisse Aldrovandi, Federico Motta Editore, 2004, pp. 256, euro 98,00

Aldrovandi arriva a considerare l’attività dei pittori uno strumento dello scienziato, un’idea che lo accomuna al suo conterraneo e amico Gabriele Paleotti, arcivescovo di Bologna, che teorizzò l’ut pictura sermo nel suo “Discorso intorno le immagini sacre e profane” in cui gli artisti vengono ritenuti strumenti della religione controriformata. È questo il milieu culturale durante il quale aumenta considerevolmente l’attenzione all’osservazione, al dato concreto. Un attenzione che in arte figurativa si traduce in quel realismo e cura del dettaglio che caratterizza i disegni realizzati per Aldrovandi e di lì a poco anche la pittura ufficiale fino alle estreme conseguenze caravaggesche.

Il volume è, giustamente, dominato dalle illustrazioni a piena pagina: figure raffinate ed eleganti che dissimulano la loro natura di xilografie al punto, per stessa considerazione di Aldrovandi, da far pensare a una incisione su rame piuttosto che su tavolette di legno di pero. Il libro, però, oltre al vasto repertorio di tavole, offre anche tre importanti saggi che aiutano a comprendere l’opera del celebre naturalista bolognese. Il primo, scritto dalla stessa curatrice, tratta delle opere a stampa dello scienziato bolognese, precisando le differenze che intercorrono tra gli scritti pubblicati in vita e quelli postumi, che suscitarono giudizi non sempre positivi. Tra le tavole pubblicate è qui lo splendido ritratto di Ulisse Aldrovandi circondato da animali, inciso da Agostino Carracci per la prima edizione dell’Ornithologia (1599). Segue il contributo di Bruno Sabelli e Stefano Tommasini incentrato sulla zoologia aldrovandiana, sul Museo Aldovrandiano, considerato nel più ampio contesto delle wunderkammern dell’epoca, sul massiccio utilizzo della nomenclatura binomia a fini classificativi che verrà formalizzato solo a metà del XVIII secolo dallo svedese Linneo. Chiude la parte saggistica l’intervento di Paolo Scarani sul rapporto tra Aldrovandi e la teratologia, una disciplina che alla fine del secolo mescola realtà e leggende. È così che alcune tavole raffigurano “freaks”: gemelli siamesi uniti per l’anca, donne prive degli arti inferiori (la fanciulla francese Caterina Mazzina a Roma nel 1585), ma anche un vitello con sette zampe nato nella campagna vicentina nel 1578 e mostrato a pagamento da un ambulante, e, non ultima per fama raggiunta, membri della famiglia Gonzales, originaria delle Canarie, afflitti da ipertricosi e ritratti anche dai Carracci e da Lavinia Fontana. Allo stesso modo vengono realizzate tavole che illustrano animali leggendari e popolazioni mitiche, come gli sciapodi da una sola gamba e con un piede enorme che, come narra Plinio, essi utilizzerebbero nelle giornate particolarmente calde per farsi ombra.

Aldrovandi, d’altro canto, era conscio delle falsificazioni che molti ciarlatani eseguono sugli animali a fini di lucro: caso esemplare quello di una razza essiccata e manipolata in modo da farle assumere le sembianze di un drago attraverso il taglio delle pinne pettorali, le narici trasformate in occhi, la bocca ventrale che appare frontale dopo le modifiche (tre esemplari come questi sono ancora oggi visibili nel Museo di Storia Naturale di Verona).

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