Il cervello che ammala

“Potremmo fare tranquillamente a meno della psicologia, della psichiatria e della psicoanalisi se solo recuperassimo il concetto originario di corpo così come ce lo insegna il mondo della vita”. Parola di Umberto Galimberti, che nella presentazione del libro di Enzo Soresi, illustra quale sia stato il percorso del pensiero occidentale che ha portato alla scissione di mente e cervello e al conseguente sforzo di colmare questa artificiosa cesura.

Già, perché, come ci insegna la vita quotidiana, il corpo si pone nel mondo come un tutt’uno, né come solo organismo né come solo cervello. Il corpo si protende verso il mondo grazie alla mente, o alla psiche, se così si vuole chiamare il modo che ognuno di noi ha di relazionarsi con quel che gli è intorno. Nella malattia, tuttavia, succede qualcosa di diverso: “Quando mi ammalo, io mi dissocio dal mio corpo e rivolgo lo sguardo verso il corpo anziché verso il mondo”, va avanti il filosofo. E il corpo diventa così ostacolo per essere al mondo.

Da queste riflessioni, condivise con l’amico Galimberti, Soresi parte per raccontare alcuni casi “singolari” che nel corso della sua lunga carriera di medico si è trovato ad affrontare. Come quello del giovane che ha convissuto per anni con un tumore che avrebbe dovuto ucciderlo in pochi mesi, della signora morta di neoplasia polmonare per l’effetto nocebo da lei stessa instaurato per un desiderio di vendetta, dell’effetto placebo antidolorifico esercitato da una nuora su una suocera ammalata di cancro attraverso la somministrazione di acqua benedetta.

L’interpretazione di questi e di altri strani casi è affidata a una nuova disciplina, la psico-neuro-endocrino-immunologia (Pnei), che, insieme alle moderne di imaging cerebrale (scintigrafia ad emissione di positroni e risonanza magnetica funzionale), permette di cogliere la sintesi fra l’io neuronale e l’io biologico. Abbandonando il dualismo fra anima e corpo che in medicina porta allo studio del corpo separato da quello della mente, affidato alla psichiatria.

Dal momento della nascita in poi il corpo è sottoposto a stress e il cervello risponde a questo stimolo, a volte davvero pressante, con la liberazione di neurotrasmettitori che inducono all’organismo una serie di sofferenze. L’“anarchia del cervello”, allora, cosa è? È la difesa di questo organo dallo stress e dal disagio psichico primario lasciandolo libero il più possibile di comunicare con tutti gli apparati in modo armonico. Una sorta di terapia contro la malattia, che in più di un’occasione si è rivelata capace di guarire.

Ci racconta Soresi che nel caso della donna che sveniva ogni qual volta il marito entrava in casa, il danno neurologico era frutto del disagio vissuto all’interno del proprio matrimonio. E che sciolto il vincolo si è risolto anche il problema fisiologico. E poi il caso del giovane incapace di vivere la propria omosessualità, che sveniva ogni volta si trovava davanti alla possibilità di fare l’amore con il proprio partner. La Tac eseguita sul paziente rivelò la presenza di un tumore al cervello, inoperabile, dall’esito infausto. Il giovane non volle sapere nulla a proposito della sua malattia, tornò a casa, non disse nulla al proprio compagno e senza svenire più visse diversi anni, molto più di quanto la sua malattia facesse ipotizzare. È lo stress a cui è stato sottoposto il giovane, ci spiega Soresi, che ha portato allo sviluppo del male, è la liberazione, l’anarchia del cervello, che porta se non alla guarigione, a una maggiore sopravvivenza. Con le parole di Antifone: “In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto”.

Il libro

Enzo Soresi
Il cervello anarchico
Utet, 2005
pp. 213, euro 20,00

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