“Attenti alle bufale”

“A giudicare dagli allarmi lanciati gli scorsi inverni, a questo punto dovremmo tutti essere morti da un pezzo. Di aviaria”, Tom Jefferson, medico epidemiologo fra i fondatori della sezione vaccini della Cochrane Collaboration scherza, ma la sua ironia nasconde una triste verità. Quella della poca attendibilità dell’informazione scientifica, del corto circuito che viene a crearsi fra i diversi interessi in gioco nella partita della comunicazione della salute: quelli della case farmaceutiche, dei ricercatori, degli operatori sanitari delle istituzioni, degli editori, dei giornalisti. La storia dell’imminente pandemia di aviaria che dall’Oriente avrebbe dovuto invadere l’Occidente mietendo migiaia di vittime non è che un esempio.

Jefferson parlerà della bufala aviaria e di altri esempi di cattiva informazione che hanno condizionato le decisioni politiche il prossimo 30 novembre a Roma, in un workshop organizzato nell’ambito del congresso annuale “Scienza e società” del Consiglio dei diritti genetici, insieme a Alfonso Maurizio Iacono, preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, Silvio Funtowicz, filosofo della scienza al Joint Research Centre della Commissione Europea a Ispra e Marcello Buiatti, genetista all’Università di Firenze.

Il problema della certificazione dell’informazione scientifica coinvolge, in misure eguale, il settore editoriale da una parte e le grandi agenzie nazionali e internazionali per la sicurezza dei farmaci e degli alimenti dall’altra. I giornalisti come gli scienziati. Dalla capacità che hanno i ricercatori di comunicare i risultati delle loro ricerche, infatti, dipende la possibilità di ricevere finanziamenti, e quindi in ultima analisi, la loro sopravvivenza. Questa è la ragione per cui l’industria delle pubblicazioni scientifiche è nata e si è sviluppata in maniera quasi incontrollata. Una proliferazione che non è regolata da nessun organismo. Di cui si nutre la stampa generalista, sempre in cerca del titolo ad effetto.

“Un recente sondaggio ha concluso che su tremila e passa ricercatori finanziati dai NIH americano circa un terzo è responsabile di peccati scientifici, da quelli lievi, quali il conferimento gratuito e senza meriti di autorship a una serie di personaggi prestigiosi all’interno dell’istituzione di appartenenza, all’invenzione di sana pianta dei dati”, si legge nel libro di Jefferson “Attenti alle bufale” (Pensiero editore, 2005). Spinti dalla concorrenza interna, dagli interessi delle case farmaceutiche che sponsorizzano gli studi – finanziamento che in alcuni casi è l’unico su cui un gruppo di ricerca può contare -, gli stessi scienziati alimentano la base della catena delle bufale.

“Il passo successivo è spesso quello dei rappresentanti delle istituzioni nazionali o internazionali, anche loro sotto scacco di diversi interessi, prima di tutto quello dell’industria”, spiega l’epidemiologo. Così è successo per l’aviaria nel settembre 2005, quando da Malta, sede della II Conferenza Europea sull’influenza, fu lanciato il primo allarme. “Si trattava di un gruppo di esperti internazionali, un grupppo di pressione finanziato da 7-8 industrie produttrici di farmaci antivirali”, va avanti il medico. Allarme subito ripreso da giornali e telegiornali, che sull’aviaria sanno di poter contare per confezionare articoli e servizi di sicuro successo.

“Il problema è che sulla scorta del clamore condiviso sono stati stanziati finanziamenti ingenti per acquisire il diritto di prelazione su vaccini che ancora non esistono, e che forse non funzioneranno”, commenta Jefferson. Si tratta quindi di un complotto? “Non direi, parlerei piuttosto di un mix di malafede, disinformazione, ignoranza. La colpa è diffusa, non è di uno solo. L’allora ministro per la Salute non aveva una specifica competenza e non è stato informato bene”, dice ancora il medico.

Fatto sta che qualcuno di questi “cattivi maestri”, come li chiama Jefferson, aveva pronosticato lo scoppio della pandemia fra 129 giorni e qualche ora (il momento è stato calcolato grazie al count down presente sul sito Attenti alle bufale consultato il 22 novembre 2006). Nonostante si tratti ormai di poche settimane, l’allarme aviaria sembra rientrato, gli esperti ne parlano sempre meno, i giornali si occupano di altro. “E chi ha consigliato di spendere soldi pubblici in vaccini contro un virus non ancora isolato mantiene sempre la sua posizione”, conclude sempre ironico Jefferson. 

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