Discarica Italia

Quasi un chilo e mezzo al giorno. Circa 600 chili all’anno. È questa la quantità di spazzatura che ciascun abitante produce in Italia. Complessivamente fanno 31,7 milioni di tonnellate, una cifra che aumenta anno dopo anno, e tra il 2003 e il 2005 ha segnato una crescita del 5,5 per cento, pari a 1,6 milioni di tonnellate in più. Montagne di rifiuti urbani da smaltire che prevalentemente finiscono in discarica e sempre più spesso negli inceneritori. E la raccolta differenziata non riesce a fare abbastanza la differenza: dietro a una media nazionale del 24,3 per cento – al di sotto degli obiettivi fissati per legge, del 35 per cento nel 2003 e del 40 nel 2007 – si nasconde un paese a due velocità, spaccato fra un Nord che avanza nella gestione sostenibile dei rifiuti e un Sud in piena emergenza, che si ferma e in alcuni casi regredisce. Questa la fotografia scattata dal Rapporto rifiuti 2006 dell’Apat (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici), presentato a Roma alla presenza del Ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio.

La regione più virtuosa è il Veneto, dove la raccolta differenziata arriva al 45 per cento, con picchi del 70 per cento nei due terzi dei comuni della provincia di Treviso. Seguono Trentino Alto Adige (44,2), Lombardia (42,5), Piemonte (37,2), che oltrepassano il target nazionale superando il mezzo chilo di rifiuti diversificati al giorno. Sulla buona strada anche Emilia Romagna (31,4), Toscana (30,7), Friuli Venezia Giulia (30,4) e Valle d’Aosta (28,4), Umbria (24,2). Al Centro si sfiora a fatica il 20 per cento. La raccolta differenziata stenta a decollare anche a Roma, dove si ferma al 15 per cento. Mentre nel Mezzogiorno, tranne sporadici casi di eccellenza, la separazione dei rifiuti è quasi assente. La maglia nera va al Molise, con il 5,2 per cento, alla Basilicata e alla Sicilia (5,5). Nella provincia di Napoli il livello di separazione del 2004, già basso, si contrae ulteriormente nel 2005 passando dall’8,4 al 7,7 per cento. Le città ultime in classifica sono Catania, Cagliari, Taranto e Messina dove addirittura è inesistente. In compenso, la città siciliana produce molti meno rifiuti di altre città metropolitane, con 417 chili pro capite nel 2005.

Dati che rispecchiano lo stato di calamità rifiuti che travolge il Sud, decretando, per ammissione di Giancarlo Viglione, Commissario starordinario Apat, “il fallimento delle politiche e delle campagne di prevenzione”. Ma il problema è più grande, e si chiama ecomafia: “Non si può guardare al fenomeno senza considerare l’implicazione della criminalità organizzata nel settore dei rifiuti”, ha dichiarato il ministro Pecoraro Scanio. Secondo l’ultimo “Rapporto Ecomafia”, un’opera collettiva, coordinata dall’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente in collaborazione con le forze dell’ordine, tra il 1994 e il 2003 il business complessivo per la gestione illecita dei rifiuti ammontava a 26,9 miliardi di euro. Un traffico illegale dove la “monnezza” vale oro, “una ragnatela che avvolge il paese, risparmiando soltanto due regioni, Trentino e Valle d’Aosta, e rappresenta una seria minaccia per l’ambiente, la salute e la sicurezza dei cittadini”, come si legge nel documento.

Superare i commissariamenti, utilizzare i fondi europei, pari a 100 milioni di euro per il Sud, a favore di politiche industriali mirate, alzare la guardia sulle attività di monitoraggio e di controllo, sono le strategie indicate del governo per superare la crisi. Ma i rifiuti restano una patata bollente. Nelle discariche urbane finiscono 17 milioni di tonnellate all’anno. E il ricorso agli inceneritori è aumentato del 9 per cento tra il 2004 e il 2005: impianti che bruciano combustibili, contribuendo alle emissioni di gas serra nell’ambiente e allontanando l’Italia dal raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Il paese “deve puntare a una impiantistica più moderna”, ha detto Pecoraro Scanio. E va sostenuta l’industria del riciclo, perché alla raccolta differenziata deve seguire il riutilizzo, “altrimenti è solo affermazione di buone volontà”.

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