Il tallone d’Achille del vaccino Hiv

Nel 2007 le sperimentazioni di due importanti vaccini contro l’Hiv, Step e Phambili, sono state interrotte perché rendevano i soggetti vaccinati più sensibili all’infezione (vedi Galileo). Oggi finalmente è stata scoperta la causa di questo effetto: il vettore virale usato per trasportare le molecole di Hiv inattivato nell’organismo. A scoprirlo un gruppo di ricercatori dell’Imperial College London, del King’s College London della Royal Halloway che ha pubblicato i risultati delle proprie ricerche sui Proceedings of National Academy of Science.

I vaccini contro l’Hiv usano tutti come vettore un adenovirus, una famiglia di virus tra cui, per esempio, quello che provoca l’influenza. Secondo lo studio inglese, però, alla base del fallimento c’è proprio questa scelta, perché l’ingresso di questi virus nell’organismo umano comporta una risposta immunitaria che favorisce l’Hiv. Dopo aver ricevuto il vaccino, infatti, le persone precedentemente infettate nel corso della loro vita da adenovirus e che quindi hanno ormai sviluppato anticorpi, incominciano a produrre una serie di cellule del sistema immunitario, chiamate CD4, nelle loro mucose. Proprio come se il corpo si preparasse a fronteggiare una nuova infezione da adenovirus. Questo tipo di membrane si trovano nel naso, nella bocca, nella vagina e nell’intestino e sono il target preferenziale dell’Hiv. Nei pazienti vaccinati, quindi, improvvisamente aumentavano le cellule sensibili all’infezione.

Per provare la responsabilità del vettore, i ricercatori hanno misurato gli anticorpi presenti contro gli adenovirus (ad) 5 e 11 in venti pazienti sani, riscontrando una passata infezione da parte di uno dei due o di tutti e due in ognuno. Dopodiché hanno prelevato dai volontari alcune cellule CD4 e ne hanno verificato la risposta prima verso Ad5 e poi verso Ad 11 osservando che, a contatto con i virus, le cellule crescevano e si moltiplicavano indipendentemente dal sottotipo virale utilizzato: la risposta era universale per tutti i tipi di adenovirus, non solo per quello per cui un paziente presentava anticorpi. Questo vuol dire che non basterebbe sostituire come vettore virale un diverso ceppo di adenovirus da quello finora sperimentato.

Di adenovirus che colpiscono l’essere umano ce ne sono 51 e provocano patologie che possono andare dall’influenza alla congiuntivite, alla gastroenterite. Circa la metà della popolazione adulta che vive nei paesi sviluppati e il 90 per cento di quelli che vivono nell’Africa sub-sahariana – dove l’Hiv è più diffuso – hanno sviluppato in un qualche momento della loro vita una risposta immunitaria a questi virus. “Attualmente sono molti i vaccini in via di sviluppo che usano questo tipo di vettore virale, come quelli contro la tubercolosi e la malaria. Probabilmente, alla luce dei nostri risultati, i ricercatori dovranno ridisegnare questi vaccini per evitare che si ripeta quanto accaduto nel 2007”, ha spiegato Steven Patterson, della Divisione di scienza investigative dell’Imperial College. (c.v.)

Riferimenti: Pnas doi/10.1073/pnas.0907898106

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