La prima volta dei geoneutrini

Nei laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) del Gran Sasso sono stati osservati, la prima volta al mondo in modo certo, antineutrini provenienti dall’interno della Terra (geoneutrini). Questo importantissimo risultato, riportato su arXiv.org, è stato  raggiunto grazie all’esperimento Borexino, cui collaborano ricercatori di istituti italiani, tedeschi, polacchi, statunitensi e russi.

I fisici definiscono i neutrini e gli antineutrini come le particelle più “elusive” scoperte finora. Si tratta di particelle piccolissime, la cui massa non è ancora stata misurata, prive di carica elettrica (da cui il nome), che raramente interagiscono con la materia, motivo per cui riescono ad attraversare tranquillamente barriere spesse chilometri. Gli antineutrini possono essere prodotti durante il decadimento radioattivo dei nuclei atomici instabili (quando cioè un elemento trasmuta in un altro perdendo energia). In questo processo gli atomi perdono anche della massa: nel 1930, il fisico austriaco Wolfgang Pauli ipotizzò che venisse prodotta una particella neutra infinitesimale (cui in seguito Enrico Fermi diede il nome di neutrino). In tutto si conoscono sei diversi tipi di neutrini: elettronico, muonico e tau, ciascuno con la propria rispettiva antiparticella (antineutrino, appunto). I primi ad essere osservati, nel 1956, sono stati gli antineutrini generati in un reattore nucleare negli Stati Uniti.

Gli antineutrini osservati ora nell’esperimento Borexino sono invece quelli generati dai decadimenti radioattivi che avvengono all’interno del nostro pianeta, migliaia di chilometri sotto la crosta terrestre. Per esempio quando gli elementi come l’uranio decadono producendo enormi quantità di calore, sufficiente a sciogliere le rocce in magma e a muovere le placche tettoniche. Secondo Gianpaolo Bellini dell’Infn di Milano, coordinatore dell’esperimento, i geonetruini rappresentano infatti la prova che la radioattività sia una delle fonti primarie di energia del nostro pianeta, sebbene non l’unica. Sembra inoltre smentita la teoria secondo cui a produrre il calore al centro della Terra sarebbe un gigantesco ‘reattore nucleare’. “Questa scoperta apre una nuova era nello studio dei meccanismi che governano l’interno della Terra”, ha commentato Bellini: “Uno studio esteso dei geoneutrini in vari punti della Terra darà la possibilità di avere informazioni più precise sul calore prodotto nel mantello terrestre, e quindi sui moti convettivi che sono alla base dei fenomeni vulcanici e dei movimenti tettonici. Il successo di questo studio è stato reso possibile dalle nuove tecnologie da noi sviluppate al laboratorio del Gran Sasso, che ci hanno permesso di raggiungere in Borexino livelli di purezza da elementi radioattivi mai raggiunti prima da nessuno, in aggiunta alla lontananza del sito del Gran Sasso da reattori nucleari”.

Prima di oggi, infatti, alcuni ricercatori giapponesi avevano captato segnali indiretti dell’esistenza dei geoneutrini, ma i loro rilevamenti erano disturbati dagli antineutrini provenienti dalle vicine centrali nucleari. Boxerino, invece, sembra a prova di “interferenze”. Si tratta infatti di una sorta di matrioska sferica: una sfera di acciaio contenente mille tonnellate di un idrocarburo (lo pseudocumene) è immersa in 2.400 tonnellate di acqua ultrapura. All’interno, una sfera di nylon più piccola contiene 300 tonnellate di liquido scintillatore che reagisce con i neutrini producendo piccoli lampi di luce. Ogni giorno se ne osservano alcune decine. (t.m.)

Riferimento: arXiv:1003.0284

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here