Spin-off italiani: molta tecnologia, poca impresa

Spesso l’idea vincente non basta per realizzare un’impresa di successo. Lo dimostra uno studio pubblicato su International Journal of Entrepreneurship and Small Business, coordinato da Donato Iacobucci, docente di economia e organizzazione aziendale presso la Facoltà di Ingegneria dellUniversità Politecnica delle Marche. La ricerca ha analizzato la crescita degli spin-off italiani, ovvero delle nuove realtà imprenditoriali che trasferiscono in ambito commerciale il risultato delle ricerche e delle tecnologie sviluppate nelle univeristà, scoprendo che nella maggior parte dei casi le nuove realtà imprenditoriali faticano a decollare, anche alcuni anni dopo la loro costituzione. Iacobucci, intervistato da Galileo spiega che alla base di questa lenta crescita c’è la mancanza all’interno delle nuove imprese di figure imprenditoriali o manageriali e quella di capitali destinati a investimenti rischiosi.

Professor Iacobucci, qual’è la situazione degli spin-off italiani?

Nel nostro paese sono poche le realtà imprenditoriali che riescono a emergere e avere successo. Inoltre, nella maggior parte dei casi le crescite sono piuttosto contenute, anche a distanza di anni dalla loro costituzione. Un dato questo piuttosto prevedibile però, poiché si tratta di imprese ad alto contenuto tecnologico e ad alto rischio. Tuttavia in Italia, in genere, pur continuando ad avere bassi fatturati, gli spin-off seguitano a esistere e si registrano tassi di fallimento inferiori a quelli di altri paesi, come avviene per esempio negli Stati Uniti.

Come spiega questo fenomeno?

Intervistando soci e dipendenti delle nuove imprese e analizzando il loro background professionale sono emersi due elementi di debolezza. Innanzitutto, molto spesso, a far partire uno spin-off sono in genere persone molto preparate dal punto di vista tecnico e scientifico, ma poco da quello manageriale e commerciale, anche in virtù della loro provenienza dal mondo accademico. In secondo luogo, manca una chiara capacità organizzativa e di controllo: in pratica non esiste una figura imprenditoriale definita, che senta come sua l’impresa e che ne guidi lo sviluppo, soprattutto nelle prime fasi, quando invece sarebbe fondamentale. Inoltre è determinante l’aspetto finanziario.

Ovvero?

Il nostro paese, forse anche perché in ritardo nella promozione degli spin-off universitari, manca di un adeguato sviluppo nel settore del venture capital, cioè di quegli operatori che potrebbero finanziare le nuove realtà imprenditoriali fornendo loro capitale di rischio. Tuttavia, la debolezza del mercato del capitale di rischio in Italia è un problema più ampio e non riguarda esclusivamente gli spin-off ma in generale il mondo delle imprese. D’altra parte è anche vero che perché un’azienda attiri investitori è necessario che prima dimostri di avere capacità di sviluppo.

Come avete realizzato lo studio?

Ci siamo serviti di una banca dati sugli spin-off italiani che abbiamo realizzato presso l’Università Politecnica delle Marche e abbiamo analizzato i processi di crescita di 160 imprese nate tra il 2000 e il 2005. In particolare abbiamo raccolto i bilanci a partire dal terzo anno di costituzione dell’impresa; questo perché i primi anni fanno parte del cosiddetto periodo di incubazione e non sono molto indicativi. Attraverso i dati di bilancio abbiamo esaminato la crescita del capitale e delle vendite e il numero di persone occupate. Per analizzare invece alcuni aspetti qualitativi abbiamo intervistato i soci e le diverse figure professionali presenti all’interno di un campione ridotto di questi spin-off, considerandone il background professionale e gli attuali ruoli ricoperti.

Riferimenti:  Int. J. Entrepreneurship and Small Business, 2011, 12, 513-533

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