Le stelle che ringiovaniscono

Le chiamano le stelle vagabonde ( blue stragglers), perché viaggiano fuori dagli schemi, lì dove non ti aspetteresti di trovarle. Sono più calde e più blu delle stelle che fanno parte dello stesso ammasso. Come se si fossero formate più recentemente rispetto alle compagne. Ma così non è, e c’è un trucco: si riforniscono di nuovo carburante dalle stelle vicine, e continuano a bruciare e a brillare più di quanto atteso. A scoprire l’origine misteriosa di questi corpi celesti sono stati Aaron M. Geller della Northwestern University e Robert D. Mathieu dell’ University of Wisconsin–Madison (Usa), che spiegano i risultati sull’osservazione di questi strani abitanti dello Spazio in uno studio su Nature

Le stelle studiate dai ricercatori fanno parte dell’ammasso NGC 188. Quando si parla di ammasso stellare ci si riferisce a un gruppo di stelle che si sono formate insieme, ma con massa e luminosità diversa. In genere, la maggior parte della popolazione di un ammasso stellare nel diagramma di Hertzsprung–Russell – un grafico che mostra l’evoluzione degli astri – tende a distribuirsi lungo una diagonale, nota come sequenza principale. In alto a sinistra si trovano le stelle più luminose, più calde e in genere più grandi (e più blu), in basso a destra quelle più piccole e relativamente più fredde (e più rosse). Queste stelle della sequenza principale convertono l’ idrogeno in elio attraverso la fusione nucleare, un processo che corre più velocemente nelle stelle più grandi. In altre parole queste consumano più di quelle con massa inferiore, fino a quando, una volta finito il pieno, non lasciano la sequenza principale e si trasformano in giganti rosse, più fredde.

Ebbene le stelle vagabonde fuggono allo schema, raggiungendo le zone più calde e più blu del diagramma di Hertzsprung–Russell senza diventare delle giganti rosse. Ecco quindi perché sembrano più giovani: a dispetto delle “contemporanee” giganti rosse, mantengono ancora il loro calore e il loro intenso colore blu. Le ipotesi avanzate per far luce su questo insolito comportamento sono diverse, anche se riguardano tutte uno stesso principio: le stelle vagabonde si manterrebbero giovani semplicemente facendo di nuovo il pieno di carburante ( idrogeno in questo caso). Finora, in che modo questo avvenisse era un mistero: collisione e fusione con altre stelle, o un trasferimento di massa dalle “compagne” (visto che le stelle vagabonde fanno speso parte di sistemi binari)?

Per capire quale delle ipotesi fosse la più consistente, come riporta Space.com, i ricercatori hanno osservato 21 stelle vagabonde dell’ammasso NGC 188 nella costellazione di Cefeo, con il WIYN Observatory (in Arizona), cercando, con alcune simulazioni al computer, quale delle teorie avanzate rispondesse meglio ai dati sperimentali. 

Analizzando le variazioni di luminosità e gli spettri ottenuti dalle stelle vagabonde, gli scienziati hanno scoperto che la maggior parte di queste era in un sistema binario, e sono riusciti anche a determinare la massa delle stelle compagne: la metà di quella del Sole. Un dato che è quasi una prova, come riporta Ars Technica, perché perfettamente in linea con alcune teorie elaborate in precedenza. Infatti, se una gigante rossa (in questo caso la compagnia) trasferisse del materiale (idrogeno e elio) a un’altra stella (la vagabonda), si trasformerebbe in una nana bianca. 

Fine dell’arcano? Non proprio. Come dichiarato da Geller, “non abbiamo ancora abbastanza dati sulle stelle vagabonde che sembrano viaggiare in solitaria per capire come queste si siano formate”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Aaron M. Geller 

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