Il pianeta che evapora

Un pianeta roccioso, simile a Mercurio, orbitante così vicino alla propria stella che la sua crosta viene persa continuamente per sublimazione. Non possiede un nome, considerata l’aura di mistero che ancora lo circonda, ma della sua esistenza sembrano certi gli studiosi del Massachusetts Institute of Technology (Mit), coordinati da Saul Rappaport, giunti alla scoperta rilevando periodiche anomalie nello spettro della stella KIC 12557548. Nel curioso fenomeno, descritto su ArXiv, si intravede la fine che attende il primo pianeta del nostro Sistema solare tra 5 miliardi di anni, quando il Sole diventerà una gigante rossa.

Da una prima stima dei parametri orbitali (il periodo di rivoluzione è 1,7 anni, con un raggio dell’1 per cento della distanza Terra-Sole) è possibile farsi un’idea della temperatura superficiale del globo incandescente: 2.000 gradi Kelvin, più che sufficienti a far sublimare olivina e pirosseno, i due minerali terrestri più refrattari a questo processo. Irradiato così pesantemente, l’esopianeta produce continuamente un “aerosol di roccia”, risultando così avvolto da un’ampia chioma, che potrebbe dilungarsi in una vera e propria coda. Un singolare spettacolo, che il telescopio spaziale della Nasa Kepler ha colto solo indirettamente.

Puntato Kepler su KIC 12557548, infatti, i ricercatori del Mit si sono accorti che la sua luce si indeboliva a intervalli regolari, suggerendo che dipendesse dal passaggio di un corpo orbitante attorno al comune centro di gravità. Ma, a differenza di altre stelle a luminosità “intermittente”, le eclissi di quest’ultima erano diverse a ogni ciclo. L’unica spiegazione, secondo il team americano, è la presenza di una nube a grandezza variabile attorno all’esopianeta, originata dalla sublimazione di materiali rocciosi.

Sebbene fantasiosa e provocatoria – come l’ha definita Jonathan Fortney dell’Università della California di Santa Cruz – questa interpretazione sembra attualmente l’unica proponibile. Sono infatti state scartate definitivamente le ipotesi più tradizionali, come quella che introduceva l’azione perturbante di un massiccio corpo nascosto (in questo caso, le variazioni di luminosità sarebbero attribuite a deviazioni occasionali del pianeta in transito davanti alla stella).

Il ritratto del pianeta-cometa si completa con una valutazione delle dimensioni straordinariamente precisa. Secondo gli scopritori, la sua taglia sarebbe comparabile a quella di Mercurio (il nostro pianeta più caldo). Con una massa superiore, infatti, la gravità non consentirebbe la creazione della grande nube di polveri e gas, mentre con una massa inferiore la totale consunzione sarebbe già avvenuta da tempo. Per verificare le loro affermazioni, gli scienziati attendono misurazioni dello spettro in uscita dalla nube – possibili traccianti di una composizione chimica – affidate all’autorevole telescopio spaziale Hubble.

Riferimento: arXiv:1201.2662v1 [astro-ph.EP]

Credit per l’immagine: NASA, European Space Agency, Alfred Vidal-Madjar (Institut d’Astrophysique de Paris, CNRS)

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