Gli umani battono il computer, almeno nei cruciverba

    Lo scorso fine settimana, a Brooklyn, si è svolto come ogni anno l’American Crossword Puzzle Tournament, il più grande torneo di cruciverba. Diversamente dal solito però, uno dei 600 partecipanti, Mr. Fill, non era un essere umano, ma una macchina. 

    Cominciamo il racconto dalla fine: no, Mr. Fill non ha vinto, ma si è classificato 141esimo (in fin dei conti non è andata poi così male). A iscriverlo al torneo è stato il 56enne Matthew Ginsberg, esperto di intelligenza artificiale (un PhD a Oxford, una cattedra a Stanford e un posto da direttore esecutivo alla On Time Systems) e suo creatore. Mr. Fill si era allenato con le simulazione dei 15 tornei precedenti, vincendoli per tre volte. C’era quindi la speranza che potesse raggiungere un buon risultato anche nella prova reale: le previsioni dello stesso Ginsberg lo vedevano tra i primi 50 nello scenario più fortunato (se si può parlare di fortuna), ma comunque non oltre il 150esimo posto. 

    Il punto è che Mr. Fill se la cava molto bene con gli schemi tradizionali, non teme i giochi di parole né i classici artifici da cruciverba. E, ovviamente, è velocissimo: uno schema semplice, che in media le persone risolvono in 3 minuti, lui lo completa in meno di un minuto. Ma se cambiano le regole del gioco, anche di pochissimo, va in tilt. È quello che è successo in due delle sette prove del torneo: nella seconda, molte delle parole erano scritte al contrario; nella quinta, alcune definizioni dovevano essere riportate in diagonale. Nell’ultimo cruciverba invece, il più difficile ma anche molto classico, Mr. Fill ha ottenuto uno dei punteggi migliori. 

    Ovviamente, le intelligenze artificiali pensano in maniera molto diversa da quelle in carne e ossa. I primi calcolano tra tutte le possibili risposte quella più probabile. Ecco l’esempio dal The New York Times: se prediamo uno schema da 75 parole, nel dizionario americano ci sono circa 10mila termini con lo stesso numero di lettere che andranno confrontate con il database di tutte le possibili risposte. Se il sistema di incroci non funziona, si passa a calcolare le 100 risposte più probabili sulla base di una serie di fattori, come la ricorrenza nei cruciverba di parole e lettere. 

    Gli esseri umani, invece, si basano sulle esperienze e sulle conoscenze. In più, fa notare sempre il New York Times, hanno il senso dell’umorismo e la creatività, che aiutano parecchio. “Siamo arrivati al punto in cui i due approcci si equivalgono, ma le persone hanno una reale esperienza, mentre un computer ha solo l’ombra di quella esperienza”, ha detto Peter Norvig, altro esperto di intelligenza artificiale che lavora per Google. “Questi giochi sono una grande spinta per l’intelligenza artificiale, ma quello che conta davvero è dove ci stanno portando”, ha commentato poi David Ferrucci, ricercatore presso Ibm e tra i papà del computer  Watson, il campione del gioco  Jeopardy!

    A commissionare gli schemi è stato il direttore del torneo Will Shortz, redattore delle parole crociate del quotidiano della Grande Mela. Potrebbe aver richiesto le varianti apposta per far cadere il concorrente artificiale? Secondo quanto ha riportato lo stesso giornale, alla domanda, Shortz avrebbe risposto sorridendo e scuotendo la testa, sebbene i pareri raccolti in giro confermerebbero che le prove erano particolarmente innovative quest’anno. “Il torneo è per gli umani”, ha comunque affermato Shortz prima dell’apertura della competizione. 

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