I farmaci e i cosmetici che inquinano le acque

Residui di farmaci, detersivi, cosmetici e saponi scorrono nei fiumi e nelle falde acquifere, e potrebbero rappresentare una minaccia per la salute finora sottovalutata. Si tratta dei cosiddetti inquinanti emergenti, una classe di composti chimici che attraverso gli scarichi urbani arrivano alle acque di superficie e sotterranee. Rispetto ai contaminanti già noti provenienti dall’industria e dall’agricoltura, questi di uso domestico sono ancora in fase di valutazione, non sono monitorati e i loro effetti restano poco esplorati. Se ne è discusso nel corso della conferenza “Emerging pollutants. New challenges for science and society” svoltasi nel corso della Green Week, l’appuntamento annuale sulla politica ambientale europea (22-25 maggio) dedicata quest’anno al tema dell’acqua.

Secondo la definizione del Norman, network di laboratori che fa capo alla Commissione europea, i contaminanti emergenti sono quelli attualmente non inclusi in programmi di monitoraggio all’interno dell’Ue, ma che potrebbero rappresentare un rischio tale da richiedere un regolamento sulla base dei potenziali effetti tossicologici sugli ecosistemi e sulla salute umana. Si tratta sia di sostanze diffuse da tempo – come i farmaci, gli ormoni, i prodotti per la cura personale, i cosmetici, i detersivi – sia di contaminanti “nuovi”, come le nanoparticelle. Le fonti principali sono le industrie, l’agricoltura e gli scarichi urbani: da qui i residui dei prodotti raggiungono, insieme alle acque fognarie, gli impianti di depurazione dove, se non efficacemente trattati, finiscono nelle acque di fiumi e laghi e raggiungono le falde profonde, da cui viene estratta l’acqua che beviamo.

Le concentrazioni di farmaci nell’ambiente acquatico sono dell’ordine dei microgrammi o nanogrammi per litro, ha spiegato in conferenza Frank Sacher dell’Eureau – la Federazione europea che riunisce 70 mila gestori dei servizi idrici in 20 paesi – e i livelli riscontrati nelle acque potabili sono di molto inferiori alle dosi terapeutiche. Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia. Anzi, è necessario approfondire la conoscenza sulla loro presenza e sui rischi correlati, per poter fissare, in caso, dei limiti.

Qualcuno ha già cominciato: il Joint Research Centre (Jrc) – si legge nel rapporto Eea “Hazardous substances in Europe’s fresh and marine waters” – ha avviato il monitoraggio dei livelli di diversi inquinanti (tra cui pesticidi, farmaci, ormoni e antibiotici) in 122 fiumi e 164 siti di acque sotterranee. Diversi studi, inoltre, hanno messo in evidenza il ruolo di alcuni composti nelle alterazioni endocrine, sulla fertilità e sul sistema riproduttivo. Il “Weybridge +15 (1996-2011) report on endocrine disruptors”, una revisione svolta dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), ha rilevato che gli interferenti endocrini presenti nei farmaci, nei pesticidi e nei cosmetici possono contribuire all’aumento di tumori, diabete, obesità, calo della fertilità e di problemi nello sviluppo neurologico, sia negli esseri umani che negli animali.

In alcuni casi, i dati sui rischi per la salute sono tali che lo scorso gennaio la Commissione europea ha proposto l’introduzione dell’etinilestradiolo (EE2), principio attivo della pillola anticoncezionale, nella lista delle sostanze prioritarie da monitorare, insieme al beta-estradiolo (E2) e al diclofenac. Se la proposta passerà, commentano gli scienziati Richard Owen e Susan Jobling su Nature lo scorso 24 maggio, si creerà un precedente per la regolazione dei prodotti farmaceutici.

Fondamentale è poi, secondo Beate Werner dell’Eea, presente alla Green Week, l’implementazione della direttiva Urban Waste Water per limitare l’emissione di inquinanti alla fonte. I depuratori urbani giocano infatti un ruolo chiave nel controllo dell’inquinamento ambientale, ma gli impianti attuali non sono ancora in grado di rimuovere le sostanze in maniera efficace. L’efficienza della depurazione potrebbe essere migliorata, ma con sistemi per il trattamento delle acque di scarico che sono complessi e costosi.

Della stessa idea è anche Sacher, che punta l’attenzione sui processi autorizzativi: la valutazione del rischio ambientale (eco-labelling) dovrebbe essere parte del processo di autorizzazione delle sostanze chimiche, e dovrebbe contemplare l’impatto di questi inquinanti sulla qualità dell’acqua potabile. Per quanto riguarda le sostanze farmaceutiche, poi, l’Eureau propone l’eco-classificazione delle molecole e l’avvio di una green pharmacy, un protocollo per il ritiro dei prodotti farmaceutici inutilizzati, per il trattamento separato delle acque reflue altamente inquinati (per esempio delle urine in ospedali e cliniche) e per il corretto smaltimento dei rifiuti farmaceutici.

Credit per l’immagine: Green Week, Every drops counts – Ambiance / EU

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