Come fare ricerca dopo il bosone di Higgs

Son passati due mesi da quel 4 luglio, giorno in cui Fabiola Giannotti annunciava dal Cern di Ginevra la scoperta del bosone di Higgs (sempre che si riveli tale). Ben lungi da essere un punto di arrivo, la scoperta effettuata grazie al Large Hadron Collider (Lhc), il più grande acceleratore di particelle del mondo, lascia spazio a numerose domande alle quali i ricercatori devono ora trovare risposta. E non è detto, come spiega Nature, che abbiano a disposizione gli strumenti necessari per riuscirci. 

Cosa può fare ancora Lhc 
Per rispondere ad alcune di queste domande si può ancora fare affidamento su Lhc. Per esempio, l’acceleratore di Ginevra può aiutare i fisici a capire se il bosone individuato è proprio la particella di dio descritta dal Modello Standard (teoria che spiega il comportamento delle particelle elementari dell’Universo visibile e alcune delle forze grazie alle quali esse interagiscono), o se invece è una particella molto più complessa: uno dei vari, ipotetici, bosoni di Higgs

Per cominciare, l’enorme macchina che ruggisce nel sottosuolo svizzero potrebbe permettere di determinare lo  spin della nuova particella. Secondo quanto predetto da Peter Higgs e dai fisici teorici, il campo di Higgs è scalare: le sue proprietà, cioè, non dipendono dalla direzione. Se è così, allora lo spin del bosone deve essere zero. Come misurarlo? Dal momento che di un bosone stiamo parlando, per ora i fisici possono solo inferire che questo valore sarà un numero intero e che i due fotoni in cui decade la particella non potranno avere uno spin di valore uno. 

Il Large Hadron Collider potrebbe anche confermare le previsioni del Modello Standard in merito all’interazione tra il bosone e un altro tipo di particelle elementari, i fermioni: quark leptoni (elettroni, muoni e tauoni). L’interazione con ognuna di queste dovrebbe essere direttamente proporzionale alla loro massa, anche perché, secondo il modello, è proprio questa interazione con l’Higgs che conferisce la massa alle particelle. 

Per ora, dicono dal Cern, le interazioni di questo nuovo bosone con le altre particelle confermano le predizioni con un’incertezza pari al 30-40 per cento. Questa diminuirà al 20 per cento entro la fine dell’anno e potrebbe scendere ancora nei prossimi 10-15 anni; tuttavia, non arriverà mai all’1 per cento (né, tanto meno, a quello 0,1% che desidererebbero gli scienziati). Altra cosa che difficilmente potrà fare l’Lhc è permettere di studiare l’interazione tra due bosoni di Higgs. 

In cerca di alternative 
I limiti dell’acceleratore stanno spingendo gli scienziati a cercare fabbriche di Higgs alternative dove studiare questa nuova classe di particelle. Alcune saranno vagliate dagli esperti che parteciperanno all’European Strategy for Particle Physics Workshop di Cracovia, in Polonia, dal 10 al 12 settembre, e dai loro colleghi statunitensi il prossimo giugno, durante un meeting a Snowmass, in Colorado. 

Una delle proposte più popolari è quella di collisori di leptoni. Infatti, poiché queste particelle interagiscono attraverso forze deboli, le loro collisioni possono essere predisposte per ottenere particelle di particolare massa, e producono un insieme di prodotti che sarebbe molto semplice da studiare e interpretare. 

Di questa categoria fa parte un collisore ancora in via di ideazione che viene chiamato Lep 3 in onore del Lep, il Large Electron-Positron Collider che era ospitato dal tunnel di Lhc prima che questo venisse costruito. A suo favore gioca il fatto che potrebbe essere costruito accanto a Lhc, nello stesso tunnel, e che quindi potrebbe sfruttare alcune delle infrastrutture già presenti. In questo modo i costi per la sua realizzazione scenderebbero notevolmente, arrivando a circa 1-2 miliardi di dollari, contro gli oltre sei miliardi di Lhc. Il Lep 3 sarebbe perfetto per studiare l’Higgs, ma le sue basse energie non permetterebbero di produrre e studiare particelle più pesanti come quelle previste dalla teoria della supersimmetria

Un’altra alternativa è un collisore di muoni, particelle che hanno una massa pari a 207 volte quella degli elettroni. Questo sarebbe molto più piccolo dell’eventuale LeP 3, con una circonferenza di appena 1,5 chilometri, e potrebbe produrre decide di migliaia di bosoni di Higgs usando un’energia molto bassa. Tuttavia, i muoni decadono in elettroni e neutrini in appena 2,2 nanosecondi, un tempo troppo piccolo per tutte le procedure che sarebbero necessarie. 

Soluzione completamente diversa, ma in uno stadio di progettazione molto più avanzato, è quella di uncollisore lineare elettroni-positroni, come l’International Linear Collider (Ilc). Al progetto lavora da tempo un consorzio internazionale di fisici. Per ora il costo previsto è di 6,7 miliardi di dollari. Suo rivale diretto nel campo degli acceleratori lineari è il Clic, il Compact Linear Collider sponsorizzato dal Cern, che al momento, però, esiste solo in forma di concept. Entrambi hanno i loro vantaggi, motivo per cui l’International Commitee for Future Acceleratore, di base al Fermilab di Batavia (Usa), sta esaminando una possibile fusione di questi due progetti in uno nuovo di zecca; ci sarà una proposta definitiva entro il 2015. 

Ma dove costruire un eventuale nuovo acceleratore? 
Se un acceleratore lineare dovesse risultare l’alternativa più desiderabile per lo studio di Higgs e di altre particelle che seguiranno, prima di poter precedere con i lavori di costruzione bisognerebbe stabilire dove costruirlo. L’ Europa sembra da escludersi: “La priorità più alta che emergerà dal workshop europeo sarà quella di sfruttare al massimo il potenziale di Lhc e di procedere con i suoi upgrading”, conferma John Womersley, del Science and Tecnologiy Facilities Council britannico. 

Improbabile anche un’ospitalità statunitense. Dopo la chiusura del Tevatron lo scorso settembre, gli States hanno abbandonato la frontiera delle alte energie a favore di quella delle alte intensità e nei prossimi anni si dedicheranno allo studio delle particelle rare e delle interazioni elusive, come quelle tra fasci intensi di neutrini

La location più probabile sembra invece il Giappone che, del resto, ha contribuito in maniera significativa al finanziamento di Lhc ed è pronto a vedersi restituito il favore. Il Premier giapponese, lo scorso dicembre, ha dato una valutazione positiva dell’ILC, e potrebbe spingere per un finanziamento extra da parte del governo se questo progetto contribuisse alla riqualificazione della zona devastata dallo tsunami del marzo 2011. L’idea sarebbe quella di realizzare in quell’area una città internazionale costituita da laboratori di ricerca, zone industriali e università. Così ci sarebbe un Lhc dedito all’esplorazione delle alte energie in Europa, diversi centri focalizzati sullo studio dei neutrini negli Stati Uniti e un nuovo collisore di leptoni in Giappone. Un panorama ideale per il futuro della fisica delle particelle.

via wired.it

Credit immagine a Image Editor

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