Perché abbiamo bisogno della mammografia

“La propaganda politica ha un limite invalicabile, la salute delle persone. Le dichiarazioni di Grillo sarebbero solo sconcertanti, se non toccassero un tema tanto delicato come quello del cancro, che non ammette leggerezze, specie da un leader politico”. Ha risposto così il ministro della Salute Beatrice Lorenzin alle dichiarazioni di Beppe Grillo, che sabato, durante la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza aveva attaccato Umberto Veronesi, colpevole di “pubblicizzare la necessità per le donne di fare le mammografie”, alludendo ad eventuali “sovvenzioni per il suo istituto da chi vende le macchine per le mammografie”, e sostenendo che la “differenza percentuale di malattia fra chi le fa ogni due anni e chi le fa meno spesso è solo del due per mille”.

Una “pericolosissima disinformazione”, su cui anche lo stesso Grillo è tornato indietro poi, ribadendo che anzi la mammografia è utilissima e che lui ce l’avrebbe avuta con chi crede che facendo questo esame non venga il tumore e che il pericolo è in realtà nei falsi positivi che potrebbero allarmare inutilmente. E – almeno qui – Grillo ha ragione, il pericolo di una sovradiagnosi esiste, ma tutto questo non toglie valore allo screening mammografico e non lo rende affatto sconsigliabile, anzi.

Riduzione della mortalità
“Esiste un risultato incontrovertibile sull’efficacia dei programmi di screening mammografico ed è la capacità che grazie a questo strumento, da quando implementato, ha ridotto la mortalità per cancro al seno del 25-30%”, spiega a Wired il presidente del Gruppo italiano screening mammografico (Gisma), Gianni Saguatti: “Calcolare il rischio di sovradiagnosi, identificare attraverso la mammografia delle lesioni che non daranno origine a forme tumorali e falsi positivi, dal punto di vista epidemiologico è molto difficile, ed è un tema su cui si discute da tempo, ma dobbiamo sempre considerare quando parliamo di questi temi il rapporto tra vantaggi e svantaggi dei programmi di screening”. E gli utili dati al riguardo, riferiti al biennio 2011-2012, ci dicono che grazie alle mammografie sono stati identificati 13 mila carcinomi mammari: “un numero enorme, un patrimonio diagnostico che nessuno può ignorare”, precisa Saguatti, ricordando come la qualità– di immagine e di lettura da parte dei radiologi – sia uno degli elementi più curati dell’esame mammografico, mirato proprio a ridurre la quota di falsi positivi.

Ma oltre i numeri le mammografie rappresentano ben altro per il sistema sanitario e per la salute delle donne: “Uno dei punti di forza dei programmi di screening mammografico è l’equità: parliamo di servizi offerti in esenzione a tutte le donne di una determinata fascia d’età e regione geografica”, continua Saguatti: “Ed inoltre con la mammografia le donne vengono letteralmente prese per mano durante tutto il percorso che seguirà: sia che l’esame sia negativo – e in tal caso il percorso si conclude con la risposta dell’esame – o positivo, e comporti richiami, ulteriori analisi e quindi inserimento all’interno dei percorsi di cura e riabilitazione”. Ed è qui poi che si rivelano i vantaggi della diagnosi precoce.

Cos’è la mammagrafia e quando si fa
La mammagrafia, lo ricordiamo, è un esame radiografico delle mammelle (due proiezioni per seno, dall’alto e laterale, con modesta compressione della mammella) consigliato, su scala nazionale, ogni due anni per le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni (con alcune variazioni: regionali, come l’Emilia Romagna, dove l’esame è consigliato per le donne di età tra i 45 e i 74 anni, e in casi di famigliarità, dove le mammagrafie possono cominciare già intorno ai 40-45 anni). L’esame permette agli operatori sanitari di effettuare diagnosi precoce (o prevenzione secondaria), ovvero di formulare diagnosi su formazioni piccole, prima che si manifestino i sintomi clinici (prima che eventuali noduli presenti diventino palpabili). Si tratta di un test accettabile e ripetibile come strumento diagnostico, che insieme all’alta diffusione del tumore al seno (si stima che una donna su 8 nel corso della sua vita si ammali di tumore alla mammella: il più frequente nella popolazione femminile), e alla possibilità appunto di diagnosi precoce è tra i tre programmi di screening oncologici avallati dall’Organizzazione mondiale della sanità (insieme a quello per il cancro della cervice uterina e del colon, con programmi come il pap-test e l’analisi del sangue occulto).

Perché serve un programma di screening
I primi programmi di screening mammografici risalgono agli anni Ottanta, ma solo negli anni Novanta è cominciata la grande diffusione, che continua ancora oggi: “Se al Nord e al centro infatti i programmi di screening mammografico sono ormai consolidati, più problematica invece rimane la situazione al sud e nelle isole, con difficoltà di implementazione”, spiega Saguatti: “In realtà c’è anche un fattore di scarsa aderenza ai programmi da parte della popolazione, ma sappiamo che questo è dovuto principalmente alla mancanza di programmi adeguati: dove non c’è tradizione è difficile aderire a un programma e la partecipazione accresce con l’implementazione”.

Motivo per cui, ribadisce anche il ministro della Salute: “Sull’oncologia tutti i dati, e l’evidenza scientifica, ci dicono che l’arma più efficace, talvolta l’unica, per sconfiggere il cancro è la prevenzione. Tra questi il tumore alla mammella, che le donne possono sconfigge proprio grazie alle mammografie e ai controlli da protocollo. Questo è uno dei casi in cui i dati parlano in modo chiaro, tanto che la mortalità delle donne per tumore al seno è nettamente più bassa in quelle zone dove i piani di screening e le mammografie coinvolgono una percentuale maggiore di donne. Spero che nessuna donna si faccia scoraggiare da tali dichiarazioni, perché basta un gesto a salvarci la vita”.

via Wired.it

Credits immagine: via Wikipedia

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