Potenziare i linfociti T per combattere i tumori

Potrebbe essere possibile promuovere la replicazione dei linfociti T citotossici per indurli ad aggredire le cellule tumorali. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Imperial College di Londra conducendo un esperimento sui topi a sostegno delle potenzialità dell’immunoterapia contro il cancro. Lo studio, che è stato pubblicato su Science, apre la strada a future sperimentazioni sull’essere umano e si basa sull’attivazione di una particolare proteina attraverso tecniche di terapia genica.

Il sistema immunitario dei mammiferi è lo strumento che l’organismo utilizza per difendersi dall’attacco degli organismi patogeni e per inibire la crescita dei tumori. Tuttavia questo pur sofisticato meccanismo a volte smette di funzionare, lasciando via libera alla proliferazione e alla diffusione delle masse tumorali. Alla funzione di difesa partecipano anche i linfociti T citotossici, cellule che fanno parte della famiglia dei globuli bianchi: in caso di infezione batterica o di trasformazione tumorale di una cellula, i linfociti avviano una proliferazione su vasta scala, per fronteggiare l’attacco.

Gli scienziati inglesi, osservando alcuni esemplari di topo, hanno scoperto che questi animali, se infettati da un virus, erano in grado di produrre una quantità di linfociti T citotossici 10 volte maggiore rispetto ad altri esemplari. Il patogeno in questione è il virus che provoca, nei topi, la coriomeningite linfocitaria: una condizione caratterizzata da una capacità sensibilmente maggiore di controllare infezioni e cellule tumorali. Gli stessi animali, inoltre, sono capaci di produrre un secondo tipo di linfociti T che hanno il potere di memorizzare il bersaglio colpito una prima volta, in modo da poter reagire più rapidamente e con maggiore efficacia in caso di secondo attacco.

I ricercatori hanno scoperto che i linfociti di questi topi esprimono una proteina finora sconosciuta e che è stata battezzata Lem (lymphocyte expansion molecule). Gli scienziati inglesi hanno scoperto però che Lem esiste anche negli esseri umani e che è in grado di apportare lo stesso contributo al potenziamento del sistema immunitario (come dimostrato da studi in vitro sui linfociti). Il passo successivo, che è già stato programmato dal team dell’Imperial College, sarà quello di mettere a punto una terapia genica in grado di produrre questi effetti in maniera pianificata e non incidentale, come per il momento osservato in natura.

Lo scopo delle future sperimentazioni sarà quello di riuscire a modificare geneticamente i linfociti T, attraverso l’utilizzo di un vettore virale. “La nostra speranza”, ha dichiarato Philip Ashton-Rickardt, componente del team inglese, “è quella di riuscire a introdurre nel Dna dei globuli bianchi il gene che attiva la sintesi di Lem. I primi test verranno portati avanti in vitro, per poi passare alla sperimentazione sugli animali. Se i dati saranno positivi come speriamo, potremmo passare alla sperimentazione umana tra circa tre anni”.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.aaa7516

Credits immagine: Ed Uthman/Flickr CC

 

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