Come il cervello capisce che è estate

    Come fanno gli animali a sapere in quale stagione si trovano? Monitorando, spiega uno studio pubblicato su Pnas, il numero di ore di luce ogni giorno, attraverso il nostro orologio circadiano, ossia il sistema che permette alla maggior parte degli esseri viventi di coordinare la propria biologia e comportamento con il ciclo giorno-notte. Questo particolare orologio terrebbe infatti il conto delle ore di luce e, tramite l’attività dei recettori del GABA (un neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale) e la quantità di cloruri contenuta in alcuni neuroni, riuscirebbe ad “accorgersi” dei cambiamenti stagionali.

    Far sapere al corpo in che stagione ci si trova è infatti molto importante, per gli animali come per gli esseri umani: “Come per altri animali, anche i nostri corpi seguono il cambiamento delle stagioni,” ha spiegato Jihwan Myung del RIKEN Brain Science Institute (Giappone), autore principale dello studio: “Improvvisi cambiamenti nel numero di ore di luce possono provocare gravi disturbi dell’umore in alcuni individui. Capire come il corpo regola il nostro orologio stagionale interiore potrebbe aiutare a sviluppare metodi efficaci per aiutare le persone che soffrono di disturbi collegati ai loro ritmi circadiani“.

    Secondo la ricerca, il susseguirsi delle stagioni sarebbe monitorato dalla stessa parte del cervello che controlla il nostro ciclo circadiano giornaliero, il nucleo soprachiasmatico (Scn), una parte dell’ipotalamo che si occupa anche di regolare i cicli della fame e del sonno. I neuroni del nucleo soprachiasmatico esprimono ciclicamente, circa ogni 24 ore, specifici geni, ma non tutti i neuroni dell’Ssn seguono esattamente lo stesso ciclo: i neuroni di due regioni sono leggermente fuori fase e, con l’aumentare delle ore di luce aumenta anche il loro sfasamento (ovvero l’espressione dei geni è leggermente in ritardo/anticipo o comunque non sincrona).

    Per cercare di capire questo fenomeno, i ricercatori hanno per prima cosa misurato l’espressione di uno di questi geni, il Bmal1, nei cervelli di due gruppi di topi che erano stati sottoposti a cicli di “giornate lunghe” e “giornate corte” rispettivamente. Come previsto, i livelli ciclici di Bmal1 erano sfasati nelle due regioni dell’Snc nei topi che avevano vissuto le giornate lunghe, ed erano invece sincroni nell’altro gruppo.

    Durante l’esperimento, gli scienziati si sono accorti che il neurotrasmettitore GABA (acido γ-amminobutirrico) gioca un ruolo molto importante nel processo: solitamente, infatti, il GABA ha il compito di inibire l’attività dei neuroni, mentre nel nucleo soprachiasmatico, a volte ha l’effetto opposto, ossia quello di eccitare i neuroni. “Il GABA eccita i neuroni quando questi ultimi hanno un alto contenuto di cloruri al loro interno,” ha spiegato Myung: “Sospettiamo che i cambiamenti nel comportamento del GABA che si verificano nell’Scn siano proprio quello che spinge questi neuroni ad agire in modo sfasato“.

    Quando i ricercatori bloccavano l’attività del neurotrasmettitore, infatti, lo sfasamento dei neuroni osservato nei topi del gruppo delle giornate lunghe scompariva, e i livelli di Bmal1 diventavano simili a quelli osservati nei topi del gruppo delle giornate corte, che non venivano mai modificati.

    Per confermare questa teoria, gli scienziati hanno studiato l’espressione di altri due geni, Nkcc1 e Kcc2, responsabili per l’importazione e l’esportazione di cloruri nei neuroni. Come previsto, nei topi del primo gruppo l’espressione di questi geni cambiava molto, importando una maggiore quantità di cloruri nei neuroni dell’SNC e, di conseguenza, facendo sì che i GABA eccitassero alcuni dei neuroni del nucleo, causando uno sfasamento. Bloccare l’affluenza di cloruri nei neuroni, invece, aveva l’effetto opposto di annullare lo sfasamento.

    Riferimenti: PNAS doi: 10.1073/pnas.1420753112

    Credits immagine: Jim D/Flickr

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