Un nuovo ritratto per il bosone di Higgs

Dopo la sua scoperta, avvenuta ormai tre anni fa, e la misura della sua massa annunciata dal Cern a marzo di quest’anno, rimane ancora molto da scoprire sul bosone di Higgs. Continuando a lavorare sui dati raccolti negli scorsi anni, i ricercatori dell’Lhc hanno presentato oggi il più accurato identikit mai realizzato di questa elusiva particella. I risultati, nati combinando i dati degli esperimenti Atlas e Cms, sono stati presentati nel corso dell’annuale Large Hadron Collider Physics Conference (Lhcp 2015) in corso a New York, e forniscono la più precisa ricostruzione oggi disponibile delle caratteristiche del bosone di Higgs, e delle sue interazioni con altre particelle.

Le misure emerse dalla nuova analisi, hanno spiegato i ricercatori del Cern, sono perfettamente in linea con quanto previsto dal cosiddetto modello standard, la teoria fondamentale della fisica quantistica che descrive le interazioni tra tutte le particelle note, e rappresenteranno ora lo standard su cui effettuare i nuovi esperimenti previsti per i prossimi anni.

La speranza è di cogliere prima o poi qualche caratteristica del bosone che contraddica il modello standard. Un elemento da cui partire per ampliare una teoria che oggi presenta lacune, come l’impossibilità teorica di spiegare l’esistenza della materia oscura, e sviluppare “nuova fisica”.

“Il bosone di Higgs è un fantastico strumento per testare il modello standard della fisica delle particelle, e studiare il meccanismo di Brout-Englert-Higgs che fornisce la massa alle particelle elementari”, spiega il direttore del Cern Rolf Heuer, sottolineando l’importanza dei risultati raggiunti combinando i dati raccolti dagli esperimenti Atlas e Csm. “Ci sono grandi benefici nel combinare i risultati di ampi esperimenti per raggiungere il livello di precisione necessario per realizzare nuove grandi scoperte nel nostro campo. In questo modo, siamo riusciti ad ottenere risultati che con un singolo esperimento avremmo visto con almeno altri due anni di lavoro”.

Nonostante l’importante risultato, per il futuro al Cern ci sono attese ancora maggiori. I dati analizzati risalgono infatti agli esperimenti effettuati negli scorsi anni, quando l’acceleratore funzionava ad una potenza di 7 tera elettronvolt (Tev). Da quest’anno, l’upgrade effettuato permette all’Lhc di operare ad una potenza di circa 13 Tev, con cui sarà possibile studiare il bosone di Higgs con precisione ancora maggiore.

“Combinare i dati dei due esperimenti è stato un lavoro enorme, nel quale sono stati analizzati oltre 4.200 parametri”, conclude Tiziano Camporesi, responsabile dell’esperimento Cms. “Con i risultati ottenuti, e flusso di dati che raccoglieremo grazie al nuovo livello di potenza dell’acceleratore, avremo l’opportunità di studiare il bosone di Higgs da ogni possibile angolo”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Skimaniac/Flickr CC

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