Anche i batteri regolano il senso di sazietà

Cos’è che a un certo punto ci fa sentire sazi? Come fa il cervello a capire che si è mangiato abbastanza? (vedi Galileo: Come nasce il senso di sazietà). Ad aggiungere oggi un pezzo al puzzle è uno studio pubblicato su Cell Metabolism, secondo cui sarebbero anche alcuni batteri ospiti dell’intestino ad aiutare il cervello a capire quando è il momento di dire basta col cibo. Si tratta, in particolare, di Escherichia coli, un batterio intestinale che dopo alcuni minuti dall’assunzione di nutrienti rilascia proteine che azionano i neuroni della sazietà.

I ricercatori hanno osservato che le proteine prodotte dai batteri prima e dopo l’assunzione di cibo sono diverse. Se quelle proteine dopo poi sono ineittate in topi e ratti, gli animali mangiano meno, come se queste sostanze riducessero il loro appetito. I ricercatori hanno infatti osservato che le proteine prodotte dai batteri dopo che questi hanno mangiato (e quindi dopo che l’organismo nel complesso ha mangiato) agiscono stimolando la produzione del peptide YY, un ormone intestinale che serve a comunicare il senso di sazietà. Le proteine, inoltre, sono in grado anche di aumentare l’attività dei neuroni che regolano l’appetito, come mostrato in alcuni test condotti in laboratorio. Curioso, notano i ricercatori, che queste sostanze siano rilasciate circa venti minuti dopo l’assunzione di nutrienti: ci vogliono circa venti minuti infatti per cominciare a sentirsi sazi dopo aver cominciato a mangiare.

“Ora sappiamo che i batteri partecipano ai meccanismi fisiologici della regolazione dell’appetito, subito dopo il rifornimento dei nutrienti, moltiplicando e stimolando il rilascio di ormoni della sazietà a livello intestinale”, spiega Serguei Fetisov, ricercatore dell’Université di Rouen e dell’Inserm, tra gli autori del paper: “Crediamo inoltre che i batteri intestinali siano capaci di produrre proteine che possono essere presenti a lungo termine nel sangue e modulare i percorsi nel cervello”.

Riferimenti: Cell Metabolism doi:10.1016/j.cmet.2015.10.017

Credits immagine:Yosef Silver/Flickr CC

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