Caffè a rischio con i cambiamenti climatici

caffè
(Credits: via Pixabay)
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Per molti è impossibile immaginare un mondo senza caffè: ogni giorno, oltre 2 miliardi di tazze di questa bevanda vengono consumate a livello mondiale. Oltre ad essere una coltivazione chiave sul nostro pianeta, il caffè è anche la seconda merce più esportata dai paesi in via di sviluppo, un commercio che solo nel 2015 valeva più di 19 miliardi di dollari e che è in constante crescita. Tuttavia, secondo un report pubblicato dal Climate Institute, a causa dei cambiamenti climatici le cose potrebbero presto cambiare, e in peggio. Secondo la ricerca, se non vengono presi provvedimenti immediati ed efficaci per ridurre le emissioni di gas serra, entro il 2050 potrebbe esserci una riduzione del 50% della produzione di caffè; entro il 2080, invece, il wild coffee, ossia le varietà di caffè selvatico che crescono spontaneamente e non sono coltivate, e che costituiscono un’importante risorsa genetica per i coltivatori, potrebbero estinguersi.

La ricerca, che di per sé non contiene nuovi dati, raccoglie un numero di studi che trattano non solo delle previsioni future, ma anche degli effetti già osservati dagli scienziati. Ad esempio, l’aumento delle temperature, in alcuni casi di oltre 1°C, in paesi come la Colombia, il Brasile e il Vietnam (dove circa 2,4 milioni di persone lavorano nell’industria del caffè) ha già portato a un dimezzamento dei raccolti rispetto a quelli degli anni Sessanta.

Uno dei motivi principali, spiega il report, è che la Coffea arabica, la varietà che da sola rappresenta il 70% della scorta mondiale di caffè, è estremamente sensibile al calore: a temperature superiori ai 23 °C, infatti, la pianta tende a crescere troppo in fretta e a generare frutti troppo presto. Questo danneggia la qualità dei chicchi e rende la produzione inutilizzabile. Ma le temperature non sono l’unico problema: precipitazioni anormali, parassiti e malattie delle piante sono altri conseguenze dirette dei cambiamenti climatici, conseguenze in grado di danneggiare seriamente le coltivazioni a livello globale.

Se non vengono presi provvedimenti, cosa aspettarci dal futuro? Secondo lo studio, nei prossimi decenni la produzione di caffè dovrà iniziare a spostarsi dalle zone equatoriali ad altitudini sempre più elevate (tra le conseguenze, una maggiore deforestazione di queste zone per fare spazio per le colture). Mentre i livelli crescenti di CO2 potrebbero all’inizio incoraggiare la crescita delle piante, questo effetto sarà probabilmente controbilanciato dai rischi causati da un clima ostile a queste colture. A questo si aggiunge il fatto che la maggior parte dei produttori di caffè al mondo sono piccoli proprietari terrieri, che difficilmente avranno le risorse per adattarsi alle nuove condizioni climatiche: con oltre 120 milioni di persone che lavorano in questa industria e dipendono da essa, le conseguenze economiche e sociali saranno inevitabili.

Dal punto di vista dei consumatori, ovviamente le conseguenze saranno perlopiù economiche: il prezzo del caffè continuerà a salire in modo direttamente proporzionale al calo della produzione.

Ma quindi, nel nostro piccolo, cosa possiamo fare? Gruppi come la World Coffe Research hanno già cominciato ad investire nella ricerca per sviluppare metodi per proteggere le coltivazioni dall’aumento delle temperature e dai parassiti; tra i vari progetti c’è anche una banca genetica dove preservare diverse varietà della Coffea arabica.

Dal punto di vista dei consumatori, il report suggerisce di cercare di scegliere marche di caffè che siano carbon-neutral (per carbon-neutral si intende una marca le cui attività non aumentano il livello di gas serra presenti nell’atmosfera – alcune di queste marche commercializzate in Italia possono essere trovate sul sito della Rainforest Alliance). Tuttavia l’unica vera soluzione, sottolinea il report, rimane la riduzione immediata delle emissioni di gas serra.

Riferimenti: The Climate Institute

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