Influenza: prevenire è meglio che curare, ma la rete lo ignora

influenza
(Foto via Pixabay)
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A 6 settimane dall’inizio della campagna vaccinale, una prima analisi del sentiment del web su influenza e vaccinazione svela che l’argomento principale di discussione sui social, forum e blog sono i farmaci e i sintomi legati alla malattia e non la prevenzione, men che meno i diversi tipi di vaccini da usare a seconda dell’età del paziente. A spulciare in oltre 700mila post pubblicati da metà settembre a metà novembre sono stati i ricercatori di Voices from the Blogs, spin off dell’Università di Milano. In particolare la ricerca fa emergere come il 56% delle volte in cui si parla di influenza si citino farmaci e cure e solo nel 19% la prevenzione, mentre nel 24% dei casi si afferma di non fare ricorso ad alcuna cura. “Nonostante la scarsa attenzione verso la prevenzione, la percentuale di quanti dichiarano di essersi vaccinati è superiore quest’anno rispetto all’anno scorso, siamo passati dal 12 al 15%”, spiega Andrea Ceron, docente di Scienza Politica all’Università di Milano.

In ogni caso, il sentiment nei confronti della vaccinazione antinfluenzale è prevalentemente positivo. I commenti a favore rappresentano il 50,4%, quelli neutrali il 38,9% e quelli negativi il 10,7%. Quando si parla di anziani, però, la quota di commenti positivi sale al 69%. Chi ne parla in maniera positiva quali argomenti usa? Il 26,8% mette in evidenza la capacità del vaccino di limitare il contagio, il 24,2% dichiara di non ammalarsi più, il 17,8% sostiene che sia importante per gli anziani, l’8,1% che protegge i bambini. “Gli anziani hanno esperienza di malattie infettive a grande diffusione e quindi capiscono il valore del vaccino”, spiega Tommasa Maio, vice presidente Metis, società scientifica dei medici di medicina generale.

In molti hanno definito l’influenza di quest’anno più aggressiva. “Forse la parole è eccessiva, quello che prevediamo è un maggior numero di casi perché due dei ceppi che circoleranno sono nuovi. E un numero maggiore di casi vuol dire anche un numero più elevato di casi gravi”, spiega Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. L‘Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto infatti che quest’inverno circoleranno due nuovi virus, A/Hong Kong/4801/2014 (H3N2) e B/Brisbane/60/2008. In particolare sono gli over 65, più colpiti dal virus di tipo A, a essere più colpiti e ha rischiare maggiori complicanze importanti, come la polmonite.

Dall’indagine emerge anche che una parte degli anziani pensa che il vaccino sia necessario solo per chi è fragile, cioè molto malato. “Si tratta con ogni probabilità di over 65 che non si sentono anziani”, sottolinea Michele Conversano, igienista e presidente di Happy Ageing. “In realtà, qualsiasi sia la condizione della persona, sappiamo che dopo i 65 anni possono coesistere diverse malattie croniche e quindi la vaccinazione è necessaria, e che il sistema immunitario è meno reattivo e quindi si deve scegliere un vaccino adiuvato. Nella formulazione dell’adiuvato, infatti, è come se ci fosse una lente di ingrandimento che permette al sistema immunitario del paziente di vedere di più e quindi di reagire meglio”. In più il vaccino “potenziato” allarga lo spettro delle risposte protettive e quindi protegge contro i virus leggermente mutati rispetto a quelli presenti nel vaccino.

Il tempo per vaccinarsi è adesso, sottolineano gli esperti, che hanno stabilito nel 75% la percentuale ottimale da raggiungere nella popolazione target: over 65, donne incinte, malati cronici, operatori sanitari. “Per iniziare a proteggere il vaccino ha bisogno di due settimane”, spiega ancora Rezza. “E considerando che il picco lo avremo fra gennaio e inizio febbraio, le prossime settimane sono quelle giuste per vaccinarsi”. Purtroppo l’offerta sul territorio non è omogenea. “Ci sono delle realtà dove al medico di famiglia viene dato un tetto massimo di vaccini da somministrare, Regioni dove non si acquistano i diversi vaccini in giusta proporzione rispetto alla popolazione da vaccinare”, denuncia Maio. “Dobbiamo lavorare a livello centrale sull’organizzazione altrimenti la prevenzione non funziona”.

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