Un ricercatore Iit è il primo italiano premiato dall’American Chemical Society

(IIT) – La Società Americana di Chimica (American Chemical Society – ACS), ha conferito al ricercatore di IIT Marco De Vivo, il premio ACS COMP OpenEye Outstanding Junior Faculty Award, dedicato ai giovani ricercatori che si distinguono per risultati rilevanti nella loro carriera, in particolare nel settore della chimica computazionale.

E’ la prima volta che un ricercatore di un’istituzione italiana riceve tale premio, ad oggi riconosciuto quasi esclusivamente a scienziati provenienti da realtà statunitensi, quali ad esempio negli ultimi anni Yosuke Kanai, University of North Carolina at Chapel Hill, Robert S. Paton, Oxford University, Rhiju Das, Stanford University, Thomas Markland, Stanford University , Rommie E. Amaro, University of California – San Diego, Allen Aspuru-Gudzik, Harvard University.

La motivazione del riconoscimento da parte della Division of Computers in Chemistry dell’ACS riguarda i risultati raggiunti da Marco De Vivo nello studio di enzimi che regolano il DNA e RNA nelle cellule, grazie all’utilizzo di simulazioni a computer. Si tratta di studi utili allo sviluppo di nuove terapie personalizzate.

Marco De Vivo è ricercatore di IIT dal 2009 e dal 2014 è il responsabile del gruppo di ricerca “Molecular Modeling & Drug Discovery”, che si occupa della realizzazione di modelli molecolari di sistemi biologici e composti chimici di interesse farmacologico, attraverso l’uso del computer. Il calcolo computazionale permette di individuare dettagli importanti dei sistemi biologi complessi, come il DNA, e dell’interazione tra composti chimici e sistemi biologici, i quali non sarebbero misurabili attraverso tecniche sperimentali tradizionali. Al computer è possibile simulare eventi che accadono su scale di dimensione molto piccola (nanometri e micrometri) e in tempi molto variabili, dal picosecondo, in su.

Nel loro ultimo lavoro, ad esempio, De Vivo e il suo gruppo hanno scoperto la dinamica che guida la polimerizzazione del DNA, ovvero l’assemblaggio dei vari mattoncini (nucleotidi) di DNA o RNA, che costituiscono i filamenti del materiale genetico. Tale dinamica l’hanno nominata SAM, che sta per “Self-Activated Mechanism”. SAM è dunque un meccanismo biochimico fondamentale per la replicazione – polimerizzazione – degli acidi nucleici. La comprensione di queste reazioni biochimiche apre nuovi scenari in diversi campi della scienza, dal design di nuovi farmaci antitumorali capaci di bloccare SAM in cellule affette da cancro; o ancora la comprensione delle basi molecolari necessarie allo sviluppo di forme di codice genetico artificiali, che si propongono oggi come alternative sintetiche al materiale genetico naturale, con importanti potenzialità terapeutiche. Questo studio è stato pubblicato sulla più autorevole rivista scientifica di chimica negli USA (Journal of the American Chemical Society, JACS), e riportato sulla copertina di JACS insieme ad un editoriale che riflette l’importanza del risultato scientifico.

Marco De Vivo, 42 anni, originario di Rimini, è arrivato in IIT dopo un periodo di oltre cinque anni di ricerca scientifica negli Stati Uniti. Laureato e dottorato in chimica all’Università di Bologna, De Vivo ha lavorato due anni alla SISSA di Trieste e 6 mesi al Politecnico Federale (ETH) di Zurigo, per poi raggiungere nel 2004 il laboratorio del Prof. Michael L. Klein, luminare nel campo della chimica computazionale e membro della National Academy of Sciences (NAS) statunitense, all’Università della Pennsylvania a Philadelphia – una delle migliori Università americane. Nel 2007 svolge l’attività di ricerca nell’azienda spin-off della Yale University, Rib-X Pharmaceuticals, che ha tra i fondatori il premio Nobel per la chimica Thomas Steitz ed un altro membro NAS, Prof. William Jorgensen, illustre scienziato nella chimica computazionale applicata alla progettazione di farmaci. De Vivo oltre alle sue pubblicazioni e brevetti su molecole utili per curare malattie, è sostenuto da AIRC (Associazione Italiana Ricerca Cancro), e dal 2015 è Research Associate dell’Istituto di “Computational Biomedicine” al Forschungszentrum in Jülich, Germania.

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