Italia, per studiare e lavorare ci spostiamo ancora tanto

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(Foto via Pixabay)
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(Cnr) – “Nel corso del 2014 sono state 1.313.200 le persone che hanno cambiato il proprio comune di residenza, con un leggero calo rispetto all’anno precedente (-49.100) e una propensione a spostarsi maggiore tra gli stranieri, con il 48,2 per mille contro il 19,2 degli italiani, e con una differenza di genere: tra i cittadini non italiani sono più le donne a spostarsi, tra gli italiani gli uomini”. Sono i dati emersi dal volume ‘Fare spazio Rapporto sulle migrazioni interne in Italia’, curato dall’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Issm-Cnr) ed edito da Donzelli. A parlare è Michele Colucci, curatore del Rapporto e ricercatore dell’Issm-Cnr. “Le migrazioni interne, ancorché molto meno studiate di quelle internazionali verso il nostro Paese alle quali comunque si legano, rappresentano un tratto strutturale dell’economia italiana”.

Alcuni autori del Rapporto – Corrado Bonifazi, Frank Heins dell’Istituto di ricerca sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr (Irpps-Cnr), Enrico Tucci e Francesca Licari dell’Istat – si sono concentrati sui Sistemi locali del lavoro (Sll), aggregazioni che suddividono il territorio in base alla presenza di flussi pendolari casa-lavoro comprendendo più comuni. “Se usiamo i Sll per indagare gli spostamenti di residenza, si notano il rallentamento degli spostamenti dal Sud al Centro-Nord e l’attrattività di alcune aree urbane: nel 2013-14 nel Sll Roma sono entrate 38.000 persone e ne sono uscite 30.000, a Milano 45.000 contro 37.000 uscite. Anche il Sll di Bologna ha un saldo positivo”, affermano gli autori.

Roma peraltro, come attesta lo studio di Massimiliano Crisci dell’Irpps-Cnr, nel 2009-2014 ha conosciuto un saldo migratorio positivo del 7,7‰. La città con l’avvio della crisi economica ha visto aumentare il saldo migratorio anche grazie ad una quota crescente di giovani che vi hanno trasferito la residenza dal Mezzogiorno. Il contributo di Crisci separa la città di Roma in tre fasce: quartieri centrali, periferia interna al Grande Raccordo Anulare e periferia esterna al Gande Raccordo Anulare. Tra il 2009 e il 2014 si registra un aumento notevole proprio della periferia esterna al Gra: l’area grazie all’arrivo di residenti da fuori Comune ha avuto un saldo migratorio che corrisponde al +13,2‰. Più in generale, possiamo notare come la crescita di Roma sia legata a partire dagli ottanta ai fenomeni migratori. Se tra il 1971 e il 1981 le immigrazioni pesavano solo per il 5% sulla crescita demografica (il grosso era legato al rapporto tra nascite e decessi), a partire dal censimento del 2001 le migrazioni (sia di stranieri, ormai superiori alle 350.000 presenze, sia di italiani) pesano per il 100% sul totale della crescita della popolazione della città.

Roberto Impicciatore dell’Università di Bologna ha ricostruito i flussi studenteschi. “Tra il 2003 e il 2016, ben 300.000 studenti meridionali si sono iscritti in un ateneo del Centro o del Nord e sei su 10 non sono tornati nella regione di provenienza, ma hanno per due terzi continuato a vivere in quella di laurea”, spiega l’autore. “La maggior parte di coloro che si iscrive fuori dalla regione di residenza è composta da siciliani (69.400) campani (68.900) e pugliesi (95.600) e con maggiore propensione tra chi ha conseguito voti più alti alla maturità: le regioni che hanno attratto di più sono state Lazio (9.800 studenti all’anno), Emilia-Romagna (9.200) e Lombardia (9.000)”. Esistono molti legami tra mobilità studentesca e migrazioni interne: le regioni dove si dirigono gli studenti sono anche quelle dove si dirigono i flussi di lavoratori, ma ci sono anche eccezioni, come il Veneto, che attira immigrati dal resto dell’Italia ma da dove partono più studenti di quanti ne entrano (tra il 2009 e il 2015 il Veneto ha avuto in media un saldo migratorio studentesco che corrisponde a – 1.616 studenti l’anno).

Francesco Carchedi (Università Sapienza di Roma) ha ricostruito la mobilità dei braccianti stranieri nell’Italia settentrionale impegnati nelle attività agricole, un fenomeno che erroneamente si pensa limitato al solo Mezzogiorno. Concentrandosi su due aree (la bassa mantovana e il Piemonte), l’autore descrive i diversi sistemi di mobilità sul territorio dei lavoratori, che si spostano periodicamente e a volte anche giornalmente alla ricerca di opportunità occupazionali.

Roberta Zanini (Università di Torino) si concentra sull’area alpina, dove negli ultimi anni si sono susseguiti fenomeni di spopolamento e di ripopolamento, ad opera di cittadini stranieri e non solo. Il dinamismo del settore turistico, le opportunità dell’industria estrattiva e la riscoperta della montagna anche dal punto di vista agricolo e dell’allevamento hanno attirato diversi segmenti di popolazione.

Paola Corti (Università di Torino) ricostruisce le origini e lo sviluppo della musealizzazione legata alle migrazioni interne, partendo dal caso dell’ecomuseo del litorale romano. Chiude il volume un saggio sulle fonti europee per le statistiche demografiche Michel Poulaine, Università cattolica di Louvain e Anne Herm, Estonian Institute for Population Studies).

Riferimenti: ‘Fare spazioRapporto 2016 sulle migrazioni interne in Italia’ (Donzelli editore)

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