Le verdure cotte? Già sulle tavole del Neolitico

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Raccolta piante, disegno su roccia (Credits: The Archaeological Mission in the Sahara - Sapienza Università di Roma)

Per accompagnare piatti a base di carne e pesce e aggiungere gusto all’alimentazione, l’essere umano ha cominciato a sperimentare la cottura delle verdure già 10 mila anni fa, anche grazie all’invenzione di recipienti in ceramica. In questo modo infatti le popolazioni dell’età della pietra riuscirono a cucinare alimenti in precedenza sgradevoli o addirittura tossici, aumentando l’apporto giornaliero di energia. A suggerirlo, portando in luce la più antica testimonianza della cottura di verdure, è uno studio dell’Università di Bristol in collaborazione con La Sapienza Università di Roma e le Università di Modena e Milano e pubblicato su Nature Plants.

“Fino a questo momento l’impiego delle piante nelle diete preistoriche era stato sotto-stimato, ma questo lavoro dimostra chiaramente l’importanza delle piante come risorsa alimentare. Questi risultati sottolineano anche la raffinatezza dei primi cacciatori-raccoglitori nell’utilizzo di una vasta gamma di prodotti naturali”, ha spiegato Julie Dunne, ricercatrice del dipartimento di chimica dell’Università di Bristol.

I ricercatori hanno analizzato i resti di alcuni depositi oleosi presenti in vasi e ceramiche rinvenuti all’interno delle pentole nella regione libica del Sahara, conservati grazie alle temperature aride del luogo e risalenti a diecimila anni fa. Sono così riusciti a dimostrare che sulle tavole dei neolitici si consumava una vasta gamma di vegetali lavorati, tra cui cereali e foglie, sia di piante terresti che acquatiche. I prodotti ottenuti dalla lavorazione delle risorse offerte dalla natura, spiegano i ricercatori, assomigliavano però, più ad una polenta che alle attuali zuppe o minestre.

“Il ritrovamento di residui oleosi presenti nei frammenti di vasi e ceramiche ci fornisce un quadro completamente diverso del modo in cui la ceramica è stato utilizzato nel Sahara rispetto ad altre regioni del mondo antico”, ha concluso Richard Evershed dell’Università di Bristol.

Riferimenti: Nature Plants

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