L’evoluzione degli automi: dai robot ai cobot

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(Foto via Pixabay)

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I robot sono tra noi. Dalla fantascienza alla realtà.

Editore Ulrico Hoepli, Milano. Microscopi 2016

pp.129, Euro 12.90

Da tempo, nei più avanzati centri di ricerca tecnologica di tutto il mondo, si stanno progettando e realizzando robot specializzati a svolgere funzioni diversificate: possono avere un aspetto umano o presentarsi in forme differenti, essere più o meno gradevoli alla vista ma, indipendentemente dal loro aspetto esteriore, devono saper sostenere l’essere umano nelle sue tradizionali attività, comprese quelle troppo faticose o difficili.

Se nelle prime industrie che li hanno utilizzati si trattava di bracci meccanici capaci di sollevare pesi o di eseguire lavori ripetitivi, ora si stanno studiando robot collaborativi, o cobot che non sostituiscono gli individui ma li aiutano nel loro lavoro. Molti non sono nemmeno più fatti di metallo, pesanti e rigidi, ma di plastica, rivestiti di pelle sensibile, capaci, con i loro sensori, di interpretare non solo le richieste ma anche le espressioni facciali dei loro conviventi umani. I modelli sono studiati in funzione delle abilità richieste: quelli che dovranno svolgere lavori domestici dovranno saper girare per casa senza fare danni, quelli con funzione di “badante” per anziani dovranno avere la delicatezza e la forza per sostenerli.

La giornalista Enrica Battifoglia racconta, in poco più di cento pagine, i prodigi della tecnologia che, in questo campo, ha fatto progressi straordinari in pochissimi anni. Ci introduce allo studio e alla realizzazione di robot di pochi millimetri, capaci di portare farmaci all’interno del corpo colpendo soltanto le cellule bersaglio, o di robot- pillole, equipaggiate con sensori che rilasciano il farmaco nei luoghi, nei modi e nei tempi rigorosamente controllati.

Attualmente, sono spesso i modelli biologici a guidare i ricercatori nella realizzazione dei diversi progetti: si costruisce una pelle robotica mimando la resistenza, l’elasticità e la forza dei tentacoli del polpo, si riproduce la sensibilità delle radici vegetali alla presenza di acqua, si studiano i movimenti articolati delle zampe degli insetti. L’obiettivo è di ottenere effetti complessi con modalità semplici, applicando alla robotica le ricerche sulla “simplessità” ipotizzata dal fisiologo Alain Berthoz. I centri di ricerca italiani, come quelli presso la Normale di Pisa o l’Università di Napoli, sono all’avanguardia, competitivi con i centri americani e giapponesi.

Le nuove possibilità si aprono e nuove realtà si susseguono velocemente: sono progettati e si usano sciami di robot, robot-droni, robot con sembianze umane, robot-cani da compagnia, robot capaci di agire dove per l’uomo sarebbe impossibile, per esempio nelle devastazioni provocate da terremoti o da crolli di edifici.

Ma, dice Battifoglia, il futuro si presenta assai più ambizioso: infatti sembra possibile dotare i robot di tutte le informazioni che costituiscono la cultura umana, rendendoli capaci di imparare e di comportarsi di conseguenza. Sono stati infatti costruiti robot capaci di collegarsi in rete, di scambiarsi dati, di avere accesso alla nube informatica, e di imparare dunque cose nuove. Il progetto Robo-brain sta sviluppando queste possibilità per umanoidi che, connettendosi in rete, possono diventare elementi dell’Internet delle Cose ( IoT). Questa è la rete in cui è possibile collegare qualunque oggetto dotato di sensori, e ogni robot potrà raccogliere e scambiare dati sul web. E se pure, come dicono i loro costruttori, i robot singoli possono essere un po’ stupidi, la loro capacità di imparare dalla rete può diventare illimitata.

Restano, certamente, alcuni problemi che vengono presentati e discussi dall’autrice: la necessità di mantenere i posti di lavoro e soprattutto gli stipendi per gli umani che saranno sostituiti dai robot, o la difficoltà di mantenere la privacy. Non vengono invece trattati i rischi degli usi militari dei robot, dei droni, dei vari strumenti di aggressione e ricognizione. Saremmo forse tutti più sicuri se i moderni robot fossero costruiti in modo da rispettare le tre antiche leggi della robotica, valide nel mondo fantascientifico raccontato da Asimov.

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