Nasce il case manager per la leucemia mieloide cronica

leucemia
(Foto via Pixabay)

Sono oltre 15mila gli italiani che oggi convivono con la leucemia mieloide cronica (LMC), una malattia neoplastica che colpisce le cellule staminali del midollo osseo determinando una proliferazione incontrollata di quest’ultimo con produzione di un numero elevato di globuli bianchi a causa di un’anomalia genetica che produce la proteina BCR-ABL. Una malattia la cui diagnosi fino a 15 anni fa rappresentava una condanna a morte e che oggi, invece, può essere trattata nella maggioranza dei pazienti, facendola diventare cronica. “Oggi i pazienti non convivono più con la malattia ma con il trattamento”, spiega Fabrizio Pane, presidente della Società Italiana di Ematologia. “Questo vuol dire che dobbiamo allargare il nostro modo di prenderci cura di loro, occuparci della loro qualità di vita in maniera efficace. E non è solo una questione di empatia, che ogni medico può avere più o meno sviluppata, ma di organizzazione di un sistema nuovo di assistenza”.

E chi meglio degli infermieri può essere il punto di riferimento dei pazienti? “Nessuno. L’infermiere è la persona a cui racconti i tuoi problemi, confidi se riesci a prendere la terapia oppure no. È diverso dal medico, di cui hai sempre un po’ di soggezione, e quindi se l’infermiere è formato adeguatamente può rappresentare davvero un punto di riferimento fondamentale”, spiega Felice Bombaci, Presidente Gruppo AIL Pazienti LMC. È l’associazione dei pazienti che, insieme alla Sie e alla Federazione IPASVI ha dato vita al progetto Euriclea, un’esperienza virtuosa partita nel marzo 2015 con l’obiettivo di accrescere le competenze infermieristiche per la gestione degli effetti avversi in pazienti affetti da LMC, e oggi annuncia la partenza del primo corso di perfezionamento dedicato agli infermieri specializzati nella gestione e cura dei pazienti affetti da questa patologia.

“Euriclea è la donna che riconosce Ulisse quando torna a casa perché vede una cicatrice. Abbiamo scelto questo nome perché è l’infermiere che riconosce le esigenze dei pazienti perché è loro vicino”, spiega Irene Rosini, Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI. “Gli effetti collaterali, anche se di piccola entità, impattano molto sulla qualità di vita e, soprattutto nei pazienti giovani, contribuisce alla non aderenza alla terapia”. Infatti, benché oggi siano disponibili farmaci innovativi in grado di controllare la malattia, il paziente può sviluppare reazioni indesiderate di vario tipo (mielosoppressione, eruzioni cutanee, disturbi gastrointestinali e alcune manifestazioni come debolezza, affaticamento, mal di testa, alterazioni degli esami di laboratorio, tendenza alle infezioni e sanguinamenti/emorragie, comparsa di pallore, tachicardia e affanno) che necessitano di intervento da parte del personale sanitario.

Formare i primi 40 case manager specializzati nell’assistenza dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica è l’obiettivo del corso di perfezionamento partito a dicembre scorso presso l’Università Federico II di Napoli. “Il corso di perfezionamento è un’occasione importante per noi infermieri e di conseguenza, per le persone che assistiamo”, conclude Rosini. “Abbiamo, infatti, la possibilità di acquisire ulteriori competenze e svolgere una funzione qualificante al fianco dei nostri pazienti con cui già condividiamo impegno, professionalità e continuità nei processi di cura e assistenza. I cinque moduli del corso prevedono la partecipazione di numerosi infermieri in qualità di formatori con un ventaglio di argomenti che andranno dalla gestione delle complicanze nel trapianto di cellule staminali emopoietiche agli aspetti etici e deontologici quali l’accanimento terapeutico e le cure di fine vita”. L’obiettivo del progetto, sostenuto da un contributo non condizionato di Incyte Biosciences Italy, è anche quello di creare sul territorio nazionale un ampio network di infermieri specializzati, in modo da coprire il fabbisogno di tutti i centri italiani. “Un progetto pilota che vuole dimostrare al sistema sanitario nazionale che un case manager serve e migliora la qualità dell’assistenza per tutte le malattie cronicizzate, non solo la LMC”, sottolinea Bombaci.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here