Un ciclo mestruale in provetta, ecco a cosa servirà

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(Foto: via Pixabay)

C’è tutto: ovaie, tube di Falloppio, utero, cervice e vagina. Un vero e proprio apparato riproduttivo femminile miniaturizzato, tanto piccolo da poter essere tenuto sul palmo di una mano. Questo è ciò che hanno creato i ricercatori della Northwestern University Feinberg School of Medicine avvalendosi di una nuova tecnologia 3D denominata Evatar. Più importante ancora è che l’intero sistema è funzionante e riproduce un ciclo mestruale umano di 28 giorni, cosa che lo rende un banco di prova rivoluzionario per i test di sicurezza e efficacia dei farmaci e per la ricerca dei meccanismi alla base di malattie come l’endometriosi, i fibromi, il cancro e l’infertilità. L’articolo che presenta il mini-apparato riproduttivo è stato pubblicato ieri da Nature Communications.

Evatar è una tecnologia messa a punto in collaborazione con il Draper Laboratory e consiste in un piccolo cubo, al cui interno si trovano le miniature degli organi dell’apparato riproduttivo femminile e del fegato, l’organo che metabolizza i farmaci: le cellule vengono fatte crescere su supporti tridimensionali a creare una coltura cellulare dinamica che costituisce organi in grado di comunicare tra loro. Infatti una peculiarità del sistema, detto perciò microfluidico, è che un particolare fluido che imita il sangue viene fatto circolare tra gli organi, consentendo il trasporto delle sostanze e di molecole (tra cui gli ormoni) secrete dai tessuti. È proprio lo sviluppo del meccanismo di circolazione artificiale e l’utilizzo di questo fluido che hanno permesso a una simile tecnologia di fare il salto di qualità rispetto al passato.

“In questo modo si imita ciò che accade effettivamente nel corpo” ha dichiarato Teresa Woodruff, direttore dello Women’s Health Research Institute presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine. “In 10 anni, questa tecnologia, chiamata microfluidica, sarà la tecnologia dominante per la ricerca biologica”.

Evatar nasce da un progetto molto più ampio, finanziato dall’NIH con lo scopo di riprodurre tutto il corpo umano su un chip. Il fine ultimo è quello di creare in laboratorio dei modelli che replichino i sistemi viventi per affinare e velocizzare le ricerche in diversi ambiti: da quello farmacologico agli studi di base sui meccanismi sottesi alle patologie.

Secondo gli esperti simulando in vitro il funzionamento che cellule, tessuti e organi avrebbero in vivo, la ricerca di Woodruff e del suo staff permetterà di testare la sicurezza e l’efficacia di molti farmaci, risparmiando tempo e denaro: si potranno, infatti, riconoscere le molecole sicure e efficaci, sulle quali concentrare le risorse disponibili, già nelle prime fasi della sperimentazione. Inoltre Evatar consentirà di osservare gli effetti dei farmaci sul sistema riproduttivo femminile.

Non è tutto. Le ricerche con Evatar potrebbero gettare luce sulle cause di alcune malattie del sistema riproduttivo femminile che ad oggi sono difficili da valutare: endometriosi, fibromi, alcuni tipi di cancro “sono patologie influenzate dagli ormoni” spiega Joanna Burdette della University of Illinois a Chicago e coautore dello studio. “Non abbiamo davvero un’idea di come trattarle che sia alternativa all’intervento chirurgico. Questo sistema ci permetterà di studiare quali siano le cause e come trattarle”.

Le aspettative di Woodruff su questa tecnologia, però, sono ancora più ampie. L’idea infatti è che si possano utilizzare le cellule staminali di un paziente per creare in laboratorio modellini dei suoi organi su cui effettuare i test necessari (per capire per esempio in che modo quel paziente risponderà a un farmaco o se una determinata sostanza sia la più indicata per quel paziente). Evatar costituirebbe così il traguardo definitivo per la medicina personalizzata.

Riferimenti: Nature Communications

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