Le differenze tra sogni e fantasie nel cervello

    di Marcello Turconi

    A tutti noi è capitato, almeno una volta, di fantasticare riguardo a luoghi, persone, situazioni. Molto spesso ci si riferisce a questi processi mentali come “sogni ad occhi aperti”, ma è davvero – dal punto di vista neurofisiologico e cognitivo – così? A rispondere alla domanda è oggi uno studio tutto italiano, realizzato da un team di ricercatori coordinati da Francesco Benedetti dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e Armando D’Agostino dell’Università degli Studi di Milano, analizzando l’attività delle aree cerebrali coinvolte nella rievocazione di sogni e fantasie.

    La ricerca, pubblicata su Journal of Sleep Research, è stata svolta presso il Centro di Risonanza Magnetica ad Alto Campo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, attraverso risonanza magnetica funzionale (fMRI), grazie alla quale è possibile individuare le aree cerebrali che si attivano durante lo svolgimento di un determinato compito, fisico o mentale che sia.

    Durante una sessione di risonanza magnetica funzionale è stato chiesto ai partecipanti di confrontarsi con la narrazione delle proprie fantasie e dei propri sogni, raccolti in un diario durante il mese precedente. Gli studiosi hanno notato che durante la rievocazione delle fantasie (e non durante quella dei sogni) si attivano delle aree corticali specifiche dell’emisfero destro (il giro frontale inferiore e i giri temporali medio e superiore), tipicamente associate alla creatività e all’immaginazione. I sogni, che rimangono incoerenti e incomprensibili anche in stato di veglia, non presentano invece attivazione in queste aree del cervello, suggerendo un ruolo delle stesse nel mantenimento di una elevata consequenzialità logica.

    “Abbiamo sviluppato un paradigma sperimentale innovativo che consente di ottenere informazioni circa le aree cerebrali coinvolte nella rievocazione di sogni e fantasie”, ha  spiegatoD’agostino: “È un importante traguardo nell’ambito delle neuroscienze che si confrontano con l’impossibilità di accedere ad un’osservazione diretta di questi stati mentali”. Ma anche un importante passo avanti per la clinica, aggiunge Benedetti: “Questi risultati sono molto utili per comprendere stati mentali patologici quali la psicosi, una condizione psichiatrica grave nella quale la narrazione dell’esperienza cosciente può essere compromessa”.

    Riferimenti: Right hemisphere neural activations in the recall of waking fantasies and of dreams; Francesco Benedetti, Sara Poletti, Daniele Radaelli, Rebecca Ranieri, Valeria Genduso, Simone Cavallotti, Anna Castelnovo, Enrico Smeraldi, Silvio Scarone, Armando D’Agostino; Journal of Sleep Research DOI: 10.1111/jsr.12299

    Credits immagine: masha krasnova-shabaeva/Flickr CC

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    2 Commenti

    1. Il “paradigma sperimentale innovativo che consente di ottenere informazioni circa le aree cerebrali coinvolte nella rievocazione di sogni e fantasie”,sviluppato dai ricercatori dello studio,mi sembra che sia incompleto.
      Perché se oltre alle aree cerebrali attivate nello studio,non ne vengono associate altre in precise zone del talamo e dello striato,per un semplice e curioso smanettone di neuroscienze come il sottoscritto,cercare di capirne qual’cosa diventa un indovinello.

    2. Buongiorno,
      sono uno degli autori. Per non riempire la bacheca con la spiegazione sul metodo,rimando all’articolo nella sezione apposita. Per quanto riguarda i risultati,essendo un task ed analisi fmri sono state prese in considerazione tutte le aree cerebrali,ma risultati specifici si vedono solo nelle 3 aree segnalate nel lavoro.

      Grazie per le sue considerazioni.

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