La malaria: speranze e delusioni

Lamalaria è una delle malattie più antiche e persistentidella storia dell’umanità. La sua diffusione, epidemica o endemica,è stata fortemente influenzata dai cambiamenti introdotti dall’uomonell’ambiente e dal loro impatto sugli ecosistemi. Il passaggio da un’economiabasata sulla caccia e la raccolta a una produzione agricola ha segnato unasvolta nella diffusione della malaria.
Lo sviluppo agricolo e la crescita demografica hanno contribuito alla trasmissionee alla stabilizzazione dell’infezione. Le migrazioni, le guerre, le esplorazionie gli scambi commerciali hanno favorito il passaggio della malaria dai primifocolai africani e asiatici all’Europa e, in ultimo, nelle Americhe.
Febbri intermittenti e ingrossamento della milza, tipici sintomi di malaria,erano conosciuti già nell’antico Egitto. Nell’antica Roma la malattiafu mantenuta sotto controllo per un certo periodo, grazie alle tecnichedi drenaggio del suolo ereditate dagli Etruschi e alle grandi opere di ingegneriaidraulica. La situazione degenerò nell’ultimo secolo dell’era repubblicana,a causa delle guerre nel Mediterraneo e del conseguente abbandono dei campi.Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, molte delle conoscenze acquisitedai medici antichi vennero perdute, mentre la malaria si estendeva versonord, arrivando in Inghilterra, Germania, Olanda, fino a toccare la penisolaScandinava.
L’agente causale della malaria venne scoperto soltanto nel 1880 dal medicomilitare francese, Alphonse Laveran, che osservò per la prima voltai parassiti malarici nel sangue degli ammalati: Laveran vincerà ilpremio Nobel nel 1907. Negli anni successivi, i malariologi Angelo Cellied Ettore Marchiafava, assieme a Camillo Golgi, confermarono l’associazionetra malaria e parassiti, identificando le differenze morfologiche degliagenti responsabili delle febbri terzane “maligna” e “benigna”e della terribile malaria “quartana”. Venti anni dopo, il medicocoloniale inglese Ronald Ross e lo zoologo italiano Battista Grassi stabilironoche le zanzare del genere Anophele sono responsabili della trasmissionedel parassita all’uomo.

Negli anni in cui avanzano le prime scoperte scientifiche, la malaria èancora una delle malattie più diffuse in Italia. In base ai datidella prima statistica sanitaria nazionale (1887), i morti in un anno eranoquasi 20 mila e il numero dei contagiati poteva essere di circa due milionisu una popolazione di 30 milioni di persone. Circa il 10% degli italianiviveva in zone malariche, concentrate soprattutto nel centro, nel sud enelle isole, e più del triplo vi si stabiliva stagionalmente perlavoro.
Angelo Celli individuò per primo nel progresso delle condizioni divita dei lavoratori agricoli e nella diffusione di una cultura sanitariale premesse essenziali per la sconfitta della malaria. Il malariologo siera fatto carico di diffondere le conoscenze sulla malattia, promuoverel’uso del chinino e consigliare l’adozione di tende e altre misure protettiveper le case nelle campagne romane. Nel 1900 lo Stato italiano cominciòa diffondere il chinino a basso prezzo nelle farmacie, negli uffici postalie nelle tabaccherie: in pochi anni la mortalità per malaria risultòdimezzata. E’ stato un momento di grande sforzo sanitario per lo Stato italiano.La Croce Rossa Italiana organizzava corsi di aggiornamento per i maestri,servizi di sorveglianza nelle scuole, assistenza a tutta la popolazione.Alla malaria venne riconosciuto lo status giuridico di malattia professionaledel lavoratore agricolo, che ottenne così il diritto all’assistenzamedica gratuita, alla protezione anti-zanzare (con reticelle metalliche,tende, copricapo) e all’uso profilattico del farmaco a spese dei proprietariterrieri.

Il progressivo declino della malattia nel paese subì due bruscherecrudescenze con la prima e la seconda guerra mondiale: l’interruzionedegli interventi profilattici, la ridotta disponibilità di farmaci,la distruzione delle opere di bonifica, favorirono la ripresa dell’epidemiain molte zone del paese. Ma proprio nel secondo dopoguerra venne per laprima volta impiegato il Ddt, introdotto dagli americani nel 1943 per ilcontrollo di un’epidemia di tifo esantematico a Napoli. L’anno successivovenne sperimentato contro la malaria, con il risultato immediato di unanetta riduzione del numero di zanzare e della trasmissione della malattia.
Cinquant’anni fa, nel 1946, Alberto Missiroli, direttore del Laboratoriodi Malariologia dell’Istituto Superiore di Sanità, propose il “Pianoquinquennale per il risanamento dell’Italia”, che prevedeva l’eradicazionedella malaria con l’utilizzo a tappeto del DDT.
Gli ultimi casi di malaria registrati in Italia e non importati vengonosegnalati nel 1962.

La diffusione della malaria
di Daniela Sessa

A causa della malaria si ammalano, spesso gravemente, dai 300 ai 500 milionidi persone ogni anno. Si tratta di africani nel 90% dei casi. La malattiauccide oltre due milioni di contagiati e le principali vittime dell’infezionesono i bambini sotto i cinque anni: si calcola che ne muoiano piu’ di 1milione all’anno.
La malaria è ancora oggi la malattia infettiva più grave almondo. Si stima che quasi due miliardi di persone, ossia più di unterzo della popolazione mondiale, viva in zone malariche e che un quartodi queste sia a rischio elevato. Si calcola che circa 270 milioni di individuipotrebbero essere portatori del parassita malarico.
L’area più colpita è l’Africa sub-sahariana, che da sola contribuiscea oltre i due terzi dei casi totali di malaria. La situazione africana nonè paragonabile a quella degli altri paesi, in quanto i dati sull’incidenzasono estremamente frammentari e basati soltanto su sintomi e segni clinicitipici della malaria. E dei casi totali riportati annualmente dall’OMS -escluse le regioni africane – piu’ di due terzi sono concentrati soltantoin sei paesi (in ordine descrescente): India, con oltre due milioni di casi,Brasile, Sri Lanka, Afghanistan, Vietnam e Colombia.
Secondo gli esperti OMS, questi dati sono addirittura sottostimati, peralmeno tre ordini di motivi: 1) alcuni paesi non denunciano i casi o lofanno in maniera incompleta; 2) la ricerca dei casi è stata drasticamenteridotta in alcuni paesi per gli alti costi del sistema di sorveglianza;3) molti paesi riportano soltanto i casi confermati in laboratorio.
Le misure anti-malariche e i programmi di controllo sono spesso fallitio risultato a tutt’oggi inattuabili a causa di difficili situazioni socio-economichee/o politiche e cattive condizioni igienico-sanitarie, ultimamente messeancora piu’ a rischio dall’aumentata resistenza del plasmodio ai farmacipiù utilizzati (clorochina).

Eterogeneità della malaria
di Lorenza Merzagora

Istitutodi Parassitologia, Università La Sapienza, Roma

La diffusione della malaria dipende dall’interazione di quattro fattori:parassita, vettore, uomo e ambiente. Ciascuno di questi fattori èvariabile così che la loro interazione può dare origine acombinazioni anche estremamente diverse tra loro. Il risultato èche la malaria nel mondo non ha un carattere unico. Esiste, al contrario,un insieme di situazioni malariche molto differenti prodotte, di volta involta, dall’interazione di fattori locali.
Le principali differenze relative a parassita, vettore, uomo e ambienteriguardano la biologia e il comportamento del plasmodio e dell’anofele,le peculiarità genetiche, socio-economiche e culturali delle popolazioniumane, le caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente. Le quattro speciedi parassita (Plasmodium falciparum, P. vivax, P. ovale,P. malariae), ad esempio, differiscono tra loro nella velocitàdei cicli replicativi, nel numero di parassiti prodotti a ogni ciclo, nellapatogeneticità per l’uomo e nella possibilità di dare ricadutea distanza.
Le diverse specie di vettore, a loro volta, variano per il livello di suscettibilitàall’infezione, la velocità di riproduzione, la preferenza per sangueumano o animale, la scelta del sito di puntura e la longevità.
L’ambiente, e in particolare piovosità, temperatura e umidità,determinano la disponibilità dei focolai larvali e influenzano lalongevità delle zanzare, la velocità del loro ciclo riproduttivoe la frequenza di puntura sull’uomo. Dalla temperatura dipende inoltre lavelocità di sviluppo del parassita malarico nel vettore.
L’interazione dell’uomo con l’ambiente, ad esempio, nei processi di sviluppoagricolo, deforestazione o urbanizzazione, si riflette sul sistema vettoriale,spesso aumentandone le potenzialità di trasmissione. Le popolazioniumane, infine, in base alle loro caratteristiche genetiche, possono risponderein vario modo all’infezione.

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