Se l’alcolismo è colpa di un gene

Una ricerca statunitense di qualche anno fa stimava che il 20% degli adulti che si rivolgono a un medico ha o ha avuto problemi di alcolismo. E che l’alcool è la droga di cui gli adolescenti abusano con maggior frequenza. Una piaga sociale molto diffusa alla quale la scienza medica ha tentato di dare una risposta, cercando di associare la propensione all’alcolismo a qualche anomalia di carattere fisiologico o a qualche malfunzionamento del sistema nervoso. Ma ricondurre un disordine comportamentale all’azione di un singolo fattore è un’impresa difficile e spesso infruttuosa. Un contributo alla ricerca in questo campo è arrivato recentemente da un gruppo di ricercatori della Columbia University.In un articolo apparso sul numero di settembre della rivista Nature Genetics, il gruppo statunitense afferma che un difetto ereditario potrebbe contribuire a determinare la predisposizione all’abuso di alcolici. Il difetto in questione causerebbe l’inattivazione di un gene, un frammento della molecola di Dna, responsabile della produzione di una proteina coinvolta nella trasmissione degli impulsi nervosi. La proteina è il recettore 5HT1B che, presente sulle membrane di certi neuroni, è in grado di mediare l’azione di una sostanza chiamata serotonina, che viene rilasciata da una cellula adiacente. Sotto la guida di John Crabbe, il gruppo statunitense ha analizzato il comportamento di alcuni topi da laboratorio nei quali il gene per la proteina 5HT1B era stato eliminato. Questi animali, che quindi non possedevano il recettore, hanno mostrato di preferire all’acqua liquidi contenenti fino al 20% di alcool. Una percentuale equivalente a quella presente in un comune liquore alla sambuca. Ma non è tutto: nell’arco della loro vita, i topi mutanti consumavano una quantità di alcool doppia rispetto a quella ingerita dagli animali normali, risentendo molto meno degli effetti di stordimento conseguenti all’assunzione di bevande alcoliche.Anche se la relazione fra il gene e l’abuso di alcolici sembra evidente, sono gli stessi autori della ricerca a gettare acqua sul fuoco, sottolineando che il recettore 5HT1B è solo una delle numerose proteine coinvolte nel determinare una propensione all’alcolismo, e che i fattori ambientali sono comunque di importanza fondamentale nello sviluppo di questo comportamento. “Effettivamente”, spiega Alberto Oliverio, direttore dell’Istituto di Psicobiologia e Psicofarmacologia del Cnr di Roma, “è difficile stabilire una specificità di azione di determinate proteine nello sviluppo della tendenza all’alcolismo e all’assunzione di droghe più in generale”. In questi comportamenti gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno sono fondamentali in quanto “determinano situazioni di rinforzo, in cui cioè all’assunzione della sostanza è associata una forma di piacere”. Queste condizioni non sono evidentemente riproducibili negli esperimenti condotti in un laboratorio su delle cavie.La proteina esaminata dal gruppo statunitense presenta inoltre un secondo motivo di interesse. Due anni fa, in un articolo apparso sulla rivista americana Science, René Hen, collega dello stesso Crabbe, descriveva come il recettore 5HT1B fosse implicato nello sviluppo del comportamento aggressivo negli stessi animali da laboratorio utilizzati da Crabbe per gli studi sull’alcolismo. Anche se numerosi altri fattori sono certamente coinvolti, i risultati delle due ricerche evidenziano un ruolo del sistema della serotonina nello sviluppo di entrambi i comportamenti. E questi risultati sono ancora più rilevanti se confrontati con uno studio effettuato sull’uomo, che ha mostrato come i livelli di serotonina risultino alterati in soggetti alcolisti violenti. L’associazione dei due fenomeni è un passo avanti nella comprensione della biologia che ne è alla base, ma, cosa ancora più importante, apre alla possibilità di pensare a una terapia farmacologica comune che sia in grado di affrontarli contemporaneamente.

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