Bando ai test nucleari. Chi controllerà l’accordo?

Il trattato che mette al bando tutti gli esperimenti nucleari fatica a diventare realtà. Defezioni, polemiche e perplessità erano ampiamente previste e certo nessuno immaginava che dopo la storica firma, lo scorso mese di settembre al palazzo di vetro delle Nazioni Unite a New York, la strada si facesse in discesa. L’India, uno dei 68 paesi inclusi nell’accordo, ha subito fatto sapere che non firmerà, sostenendo che i negoziati sono stati condotti nell’interesse delle cinque potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito). Il trattato in effetti non obbliga i cinque paesi a un programma di disarmo definitivo, trascurando in tal modo la sicurezza dei paesi non nuclearizzati come l’India. Ma c’è un altro grande problema: se l’accordo dovesse entrare in vigore, chi controllerà che i patti vengano rispettati? E’ dal 1976, anno in cui è stato istituito il gruppo di esperti scientifici ad hoc presso la conferenza per il disarmo a Ginevra, che l’Istituto nazionale di geofisica (Ing) è impegnato in esperimenti di simulazione di un sistema di controllo delle esplosioni nucleari. Per questo abbiamo intervistato il dottor Rodolfo Console, sismologo dell’Ing e inviato in qualità di esperto alla conferenza sul disarmo a Ginevra.

Quanto la firma del trattato prima e la sua efficacia poi dipendono dalle difficoltà tecnico scientifiche e quanto da quelle diplomatiche?

“Per molti anni , la posizione dei Paesi occidentali e in particolare degli Stati Uniti è stata quella di ribadire che, oltre a ragioni militari relative a problemi di sicurezza nazionale, la scarsa affidabilità dei sistemi di controllo scoraggiasse la firma di un trattato di proibizione totale degli esperimenti nucleari. I dubbi sulla possibilità di individuare eventuali evasori del trattato riguardavano soprattutto le esplosioni sotterranee. Nel frattempo era comunque entrato in vigore un trattato che mette al bando le esplosioni negli oceani, nell’atmosfera e nello spazio (il Limited Test Ban Treaty, ndr), firmato nel 1963 da quasi tutti gli Stati del mondo, tranne la Francia e la Cina, che però si sono adeguate ben presto alle sue regole. Oggi il perfezionamento delle tecnologie di rilevamento sismografico ha convinto i diplomatici di tutto il mondo che il controllo del trattato di proibizione sia possibile anche per le esplosioni effettuate nel sottosuolo”.

Qual è il compito dei sismologi nel caso che il trattato dovesse entrare in vigore?

“I sismologi sono stati chiamati a mettere a punto un sistema di rilevamento sismografico internazionale che garantisca a ogni Stato firmatario del trattato, entro limiti ragionevoli di incertezza, il controllo dell’osservanza del trattato stesso da parte di tutti gli altri Stati. Per “limiti ragionevoli” si intende che, anche se tutte le esplosioni clandestine non fossero rilevate e identificate, la probabilità per uno stato evasore di essere colto in flagrante sia sufficientemente alta da sconsigliare politicamente il tentativo di violazione”.

Esplosioni nucleari sotterranee e terremoti. Quali sono le differenze e quanto le prime possono provocare i secondi?

“Una esplosione nucleare, al pari dei terremoti, emette onde sismiche. Quindi il controllo del trattato non consiste soltanto nel rilevare tali onde ma anche nel distinguere le sorgenti artificiali da quella naturali (i terremoti). I progressi nelle tecnologie di rilevamento e di analisi dei dati conseguiti negli ultimi decenni hanno migliorato in modo considerevole l’efficacia del processo di discriminazione fra esplosioni e terremoti. La principale differenza su cui si basano queste metodologie consiste nel fatto che l’esplosione è un fenomeno molto concentrato nello spazio e nel tempo, mentre la sorgente di un terremoto naturale ha durata e dimensione notevoli. Il problema dell’induzione di terremoti da parte di esplosioni nucleari è stato studiato per molto tempo. In un convegno organizzato su questo tema dalla Nato a Mosca, nel novembre del 1994, alcuni ricercatori russi hanno presentato i risultati di analisi statistiche che confermerebbero questa eventualità senza però darne una precisa spiegazione fisica. Naturalmente la firma del futuro trattato di proibizione totale degli esperimenti eliminerebbe definitivamente questo problema”.

Nella comunità scientifica si è parlato di esplosioni nucleari a scopo pacifico. Qual è la posizione della Conferenza del Disarmo?

“Esplosioni nucleari a scopo pacifico sono state condotte in passato sia per motivi industriali che per motivi scientifici. Ad esempio l’ex Unione Sovietica ne ha effettuate per creare cavità sotterranee in cui immagazzinare prodotti petroliferi. Un uso scientifico è stato quello di determinare con esattezza la struttura interna della terra mediante lo studio delle onde sismiche generate dall’esplosione. La posizione della Conferenza del Disarmo su questo punto è unanime e chiarissima: nell’impossibilità di giudicare le intenzioni nascoste di uno Stato che volesse fare passare per pacifica un’esplosione condotta a fini militari, tutti gli esperimenti nucleari vanno proibiti, indipendentemente dalla loro potenza e dai loro scopi”.

Quanto siamo ancora lontani dall’entrata in vigore del trattato?

“La commissione ad hoc sul “Nuclear Test Ban” ha riconosciuto che l’apparato tecnico scientifico predisposto dagli scienziati che hanno lavorato presso la Conferenza del Disarmo ha raggiunto un livello qualitativo sufficiente. I suggerimenti degli scienziati sono stati recepiti in una specifica parte della bozza di protocollo di applicazione del trattato (la parte che riguarda appunto gli obblighi degli Stati per l’organizzazione del sistema di controllo). Purtroppo, superato questo importantissimo scoglio, se ne sono presentati altri di carattere politico. Non è dunque possibile prevedere i tempi necessari alla conclusione del difficile iter diplomatica dei negoziati”.

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