Telelavoro, quando l’ufficio è in casa

    Negli Stati Uniti le cifre parlano di nove milioni di persone. E si tratta pur sempre del 10% circa della forza lavoro. In Italia, invece, i telelavoratori ufficiali sono poco meno di cinquemila. Ma si tratta di un fenomeno in continua espansione. “Nell’arco degli ultimi 14 mesi sei società Telecom, Dun&Bradstreet Spa, Seat, Italtel, Saritel Spa e Digital Equipment Spa hanno firmato con i sindacati accordi di sperimentazione di telelavoro”, dicono i sindacalisti della Fiom Cgil. In realtà, nel nostro paese i telelavoratori sono almeno venti volte più numerosi, se si calcolano anche i cosiddetti “guerrilla workers”, quei telelavoratori che nessun censimento riesce a raggiungere, perché operano prevalentemente nel sommerso. “E il mercato potenziale in Italia riguarda almeno due milioni di persone”.

    Un mercato, per il momento, fatto soprattutto di uomini. Le donne che scelgono il telelavoro, infatti, si scontrano ancora con una serie di difficoltà. “C’è innanzitutto un problema di bassa qualificazione professionale: il telelavoro al femminile è fatto prevalentemente di immissione dati al computer, di assistenza ai clienti ai numeri verdi o di call-center”, spiega Paola Manacorda, presidente di Reseau (Ricerche e Studi su Elettronica e Automazione). Un lavoro poco gratificante, svolto per lo più in solitudine, in cuffia davanti a un terminale. E molte ricerche mostrano che ai gradini più bassi del telelavoro si trovano soprattutto donne e giovani in attesa di un’altra occupazione. Ai vertici della piramide sociale, là dove si collocano liberi professionisti e imprenditori, accademici e ricercatori, le telelavoratrici rappresentano una percentuale minima.

    E invece il telelavoro potrebbe rappresentare un’occasione di autonomia e crescita professionale per molte donne. Potrebbe essere uno strumento per incentivare lo sviluppo imprenditoriale e occupazionale delle donne in aree depresse o periferiche, come il Sud d’Italia. E permetterebbe alle donne di riappropriarsi della vita sociale e politica attraverso le reti civiche, come ha ricordato il ministro italiano per le pari opportunità Anna Finocchiaro nel corso dell’incontro “Una rivoluzione possibile: il telelavoro e i tempi della vita”, organizzato il 22 ottobre scorso dal parco scientifico Tecnopolis.

    Ma esiste allora un modello femminile di telelavoro? “Certamente esistono delle differenze di genere nella gestione di questa forma di impiego”, continua Paola Manacorda. Per esempio, le donne mostrano una migliore capacità di gestione dei tempi del telelavoro e della famiglia, con una maggiore flessibilità e responsabilità. Un esperimento condotto su 12 telelavoratori Italtel 6 donne e 6 uomini ha mostrato che, superate le difficoltà iniziali, le lavoratrici hanno una maggiore dimestichezza con la flessibilità dei tempi e degli spazi del telelavoro. Operando a casa, è facile essere continuamente interrotti dal lavoro di cura: fare la spesa, preparare da mangiare, accompagnare i figli a scuola. Ma le donne hanno un’abitudine tradizionale al “combattimento su più fronti”. E così, nell’esperimento Italtel, le donne sono riuscite a sottrarsi alle richieste familiari dei figli, del partner, degli amici delimitando con cura l’orario e il luogo di lavoro. Due uomini, invece, non ce l’hanno fatta, e hanno chiesto di tornare al modello tradizionale.

    La scelta del telelavoro femminile comporta soprattutto una ristrutturazione dei ruoli familiari: “I mariti giocano un ruolo fondamentale nella decisione di adottare questo modello”, si legge sul ” Rapporto Telelavoro” della British Telecom, l’azienda che ha in corso un programma sperimentale di telelavoro a Inverness, in Scozia. “E’ necessario che il partner mostri una chiara volontà di aiutare ad accudire i bambini e nei lavori domestici”, continua il rapporto, così come è importante che il coniuge modifichi le proprie aspettative rispetto agli standard di cura dell’abitazione. Perché lavorare nel proprio appartamento non significa necessariamente avere più tempo per seguire le faccende di casa.

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