Inquinati dalle onde elettromagnetiche

Tralicci dell’alta tensione, trasmettitori televisivi, treni ad alta velocità, telefoni cellulari, forni a microonde. Tutti simboli di un progresso tecnologico inarrestabile, che ha modificato radicalmente il nostro modo di comunicare, viaggiare, agire. Un progresso che, come altri, ha però imposto un pedaggio, non si ancora quanto costoso. C’è infatti un inquinamento meno appariscente di quello atmosferico, o di quello di fiumi e mari. Non si tratta di cappe di smog che svaniscono col primo colpo di vento, o di sostanze chimiche possono essere intrappolate in un depuratore. Ad “inquinare” sono infatti le onde elettromagnetiche che viaggiano in lungo e in largo sul pianeta Terra. L’umanità le sfrutta associandole al passaggio di corrente elettrica, oppure usandole per trasportare le voci e le immagini della televisione in luoghi lontani, o ancora per riscaldare un pasto con il forno a microonde. E anche se le radiazioni elettromagnetiche sono una forma di energia comune in natura, quelle prodotte dal genere umano rappresentano ormai la quota più significativa. Anzi, è stato calcolato che l’inquinamento da radiofrequenze e microonde ha superato almeno di un milione di volte il livello di fondo naturale. La continua crescita delle sorgenti artificiali di onde elettromagnetiche, e il conseguente assorbimento da parte degli organismi viventi, sono fenomeni ignorati da alcuni, e che destano allarme in altri. Nel mezzo, la comunità scientifica che comincia ad attivarsi per valutare quali siano i rischi per la salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avviato nel giugno scorso un progetto (EMF project) per valutare l’effetto dei campi elettromagnetici sugli esseri viventi. In Italia, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) ha istituito nel luglio del 1995 una “Commissione per la protezione dai campi elettromagnetici a radiofrequenza”. I primi risultati della Commissione sono stati esposti nei giorni scorsi in un convegno tenutosi nella sede del Cnr a Roma. Si tratta di risultati relativi a un aspetto molto particolare: quello dei dispositivi per il controllo automatico degli accessi, i cosiddetti “varchi di prossimità”, sistemi in grado di leggere a distanza una tessera magnetica. I varchi di prossimità hanno riscosso molto successo in alcuni luoghi di lavoro perché permettono un flusso molto rapido dei dipendenti dagli ingressi e dalle uscite. In Europa, è la Francia ad averne adottati di più. I varchi di prossimità transalpini sono circa 1300 e ogni giorno “riconoscono” tra i cento e i centocinquantamila lavoratori. In Italia sono 700 e controllano un flusso giornaliero di circa centomila individui. Per la lettura della tessera che ogni lavoratore porta con sé sono necessari campi elettromagnetici sufficientemente intensi da attivare il piccolo circuito elettronico contenuto nella tessera stessa. Molti studiosi hanno avanzato il dubbio che l’esposizione, ripetuta nel tempo, ai campi elettromagnetici generati dai varchi di prossimità possa favorire lo sviluppo di tumori, ed avere altri effetti a lungo termine. Questo ha spinto gli studiosi del Cnr a cominciare proprio da qui la propria indagine, che include però anche i telefoni cellulari e le trasmissioni radiofoniche e televisive. I risultati della ricerca sono confortanti. Gli esperimenti condotti e l’attenta analisi della letteratura scientifica internazionale tendono a escludere qualsiasi relazione tra i campi magnetici generati dai varchi di prossimità e l’insorgere di malattie negli esseri umani. Purché, come sottolineato nel rapporto della commissione del Cnr, “non vengano aumentati in modo incontrollato i valori dell’intensità del campo magnetico”. C’è poi da considerare il breve tempo di esposizione al campo che dura in genere poche frazioni di secondo per ogni passaggio. Anche le indagini epidemiologiche effettuate su individui che ogni giorno attraversano i varchi non hanno dato alcun risultato. Risultati ben diversi hanno ottenuto, invece, gli studi che hanno indicato un legame tra tumori infantili e campi magnetici associati alle linee dell’alta tensione. Questo fatto conferma che la frequenza del segnale è un parametro fondamentale per l’interazione tra onde elettromagnetiche e sistemi biologici. Infatti, mentre i campi associati all’alta tensione oscillano a 50 hertz, la frequenza tipica dei campi dei varchi di prossimità è circa 1000 hertz.

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