Arriva la classe virtuale

La scuola italiana si prepara alla rivoluzione informatica e multimediale. In sintonia con quanto sta accadendo nei paesi tecnologicamente più avanzati, il governo ha deciso di realizzare un progetto di ampio respiro, che coinvolge tutte le 15.000 scuole italiane in un processo che è, ad un tempo, di innovazione tecnologica e sperimentazione di nuove metodologie didattiche.

Il progetto, presentato nei giorni scorsi dal ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer, dà il via al “Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche nel sistema scolastico” che il precedente ministro Riccardo Lombardi aveva promosso con una direttiva del 1994. Da tale direttiva era nata la sperimentazione “Multilab” (140 scuole in 20 città) che – nonostante molte critiche e insufficienze – ha costituito il test più significativo per la successiva fase di generalizzazione.

Nello spirito del nuovo progetto, multimedialità e telematica non saranno una nuova materia da affiancare alle altre, ma linguaggi e strumenti con cui affrontare in modo nuovo lo studio di tutte le discipline. Accedere all’enorme patrimonio culturale disponibile sui nuovi supporti informatici e in rete, sperimentare i nuovi linguaggi ipermediali, costruire nuovi “ambienti di apprendimento” e “classi virtuali”: sono queste le potenzialità della multimedialità e di Internet con cui la scuola italiana – in attesa di riforma da molti anni – potrà ora confrontarsi.

Alla base di tutto c’è l’autonomia, che il progetto generale di riforma della scuola dovrà realizzare nel prossimo futuro. Sarà questo il quadro di riferimento per l’introduzione delle nuove tecnologie. Saranno i singoli istituti – o loro raggruppamenti liberamente costituiti – a scegliere i propri obiettivi e ad individuare le risorse necessarie per conseguirli. Ci sarà la scuola che si dedicherà allo studio del linguaggi visivo e si doterà di parabola video e stazioni grafiche, e quella che punterà sulla comunicazione di rete. Verrà così rovesciata la logica dei modelli “top-down”, in cui il vertice decide, e, in un lungo processo a cascata, impone le soluzioni alla base.

Mille miliardi in quattro anni, di cui 160 già stanziati nel bilancio dell’anno in corso, sono le risorse finanziarie previste. Non pochi, in questi tempi di taglio dei bilanci. Pochissimi, rispetto alle esigenze. Basti pensare che un’ora di connessione al giorno per ogni scuola costerebbe 15 miliardi, e che ci sono scuole in cui non c’è neanche un computer. Per ora si punta a creare una struttura minima in tutte le scuole (due postazioni multimediali) che serva anzitutto agli insegnanti per familiarizzare con le nuove tecnologie. Un “progetto speciale” di immediata attuazione dovrebbe riguardare la diffusione nelle elementari di software per l’apprendimento delle lingue straniere.

Rivedere i contratti con i fornitori di servizi, contrattare le tariffe da offrire alle scuole, finanziare progetti realmente validi: sono queste le strade su cui il progetto si muoverà per abbassare i costi ed evitare il pericolo di una inutile dispersione “a pioggia”. I tempi – altra novità di rilievo – dovrebbero essere brevissimi. La primavera per stendere i progetti e per organizzare le strutture, e all’inizio del prossimo anno scolastico le prime realizzazioni concrete. Il progetto è indubbiamente ambizioso, e se correttamente realizzato colmerebbe uno dei grandi ritardi di cui soffre la scuola italiana. Gli ostacoli per il successo sono molti, dalla insufficiente dotazione finanziaria, alla necessità di un gigantesco processo di aggiornamento dei docenti.

Il pericolo maggiore è però un altro: che dalla fase dell’entusiasmo e della curiosità non si passi alla fase in cui le nuove tecnologie vengono percepite come “utili” nel quotidiano lavoro scolastico, fino a divenire indispensabili. Se questo non dovesse accadere, alla curiosità potrebbe seguire il rigetto. Non sarebbe – nella storia della scuola italiana – la prima volta.

Una grande risorsa, in questo senso, è rappresentata da tutte le esperienze cresciute “dal basso” in questi anni nelle scuole o nelle reti civiche. Si tratta di valorizzarle e “metterle in rete”. Sarebbe anche un buon esempio di cosa significa lavorare nella scuola dell’autonomia. Nel “Forum: Le scuole in rete” di Galileo: le informazioni sul progetto, le iniziative in corso nelle scuole italiane, l’agenda degli appuntamenti e il dibattito fra i lettori.

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