Il millennio di Hal

Secondo la Nasa, si tratta di un passo fondamentale verso Hal 9000. Il nuovo software sviluppato dall’Agenzia Spaziale americana, infatti, sarà capace di guidare le navicelle del programma New Millennium con il minimo contributo umano. Proprio come il supercomputer protagonista del romanzo “2001, Odissea nello spazio” di Arthur C. Clarke. A dire il vero, Hal 9000 avrebbe fatto volentieri a meno dei suoi compagni di viaggio, tentando persino di ucciderli prima di essere spento. Ma la fantasia di Clarke si era forse spinta troppo in là. Ha certamente creato una capolavoro della letteratura fantascientifica. E’ però stato troppo ottimista nel valutare il progresso tecnologico che si sarebbe avuto nei decenni successivi alla scrittura del libro. Nel 1968 lo scienziato e scrittore britannico descrive una macchina, Hal 9000 appunto, in grado di vedere, ascoltare e parlare come se fosse un essere umano. E soprattutto in grado di provare sensazioni. Data di nascita: 12 gennaio 1997. Ma a poche decine di giorni da quella data, il mondo scientifico è costretto a constatare che l’appuntamento con Hal è decisamente rimandato. Le macchine che oggi guidano sonde e navette spaziali hanno capacità strabilianti, ma sono ancora molto poco “umane”. Anche se lentamente cominciano a poter fare a meno dei compagni in carne ed ossa. La sonda spaziale Deep Space One lascerà la Terra nel luglio del 1998, si incontrerà con l’asteroide McAuliffe nel 1999 e nell’anno 2000 farà visita alla cometa West-Kohoutek-Ikemura e al pianeta Marte. Un viaggio lungo e complesso che sarà gestito dal computer di bordo. Un computer intelligente, secondo i ricercatori della Nasa. “Il software che abbiamo realizzato”, spiega Kanna Rajan dell’Ames Research Center, “valuterà in modo logico lo stato della sonda e tutte le conseguenze di ogni azione”. Lo scopo di questo sistema di controllo è duplice: abbattere i costi delle missioni spaziali (meno personale a terra) e rendere possibili missioni destinate a regioni di spazio difficilmente raggiungibili da messaggi inviati da Terra. La necessità aguzza l’ingegno, anche alla Nasa che ha un bilancio ogni anno più sottile. “Noi”, sostiene Brian C. Wialliams, responsabile del software di Deep Space One, “per realizzare ogni missione abbiamo bisogno di una decina di addetti al controllo, contro le centinaia che servono attualmente per una sonda interplanetaria. Inoltre”, continua Wialliams, “le enormi distanze tra la sonda e la Terra posso rallentare così tanto le comunicazioni da farle risultare inutili durante le emergenze”. Scompariranno quindi le sale di controllo a cui Hollywood ci aveva abituati. Decine e decine di ingegneri in maniche di camicia davanti al loro monitor, pronti a segnalare un guasto e a prendere una decisione. E ad accendere un sigaro in caso di successo. Saranno sostituiti da un computer a bordo della sonda che, come un equipaggio umano che si rispetti, avrà tre componenti. Il primo si occuperà della pianificazione della missione controllando tutte le operazioni da eseguire nelle settimane successive. Questo permetterà a chi segue la missione da Terra di inviare solo obiettivi da raggiungere invece che istruzioni dettagliate su come farlo. Il secondo è un ingegnere capo virtuale della missione. Se si presenta un’avaria Livingstone, questo è il nome del software, opera un controllo su tutta la sonda e suggerisce il rimedio. Il terzo infine agisce come un ufficiale esecutivo: mette in atto ciò che i primi due gli ordinano. L’accelerazione delle ricerche nel campo dell’automazione spaziale è stata impressa, oltre che dai tagli dei fondi, dal programma New Millenium che prevede la realizzazione di una flotta di piccole sonde per l’esplorazione dello spazio. E alla Nasa sperano di poter presto installare il software appena realizzato su un robot come Hal 9000. “Non vogliamo però dare l’impressione di aver costruito una forma di vita artificiale”, precisa Kanna Rajan. Ci vorrà ancora molto tempo prima che un computer di bordo possa apprezzare un buon sigaro a fine missione.

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