Gli antenati del body piercing

Gli archeologi ci assicurano che i giovani bucherellati dal “body piercing”, oggi così di moda, non hanno inventato proprio niente di nuovo. Anche nell’antichità, infatti esistevano usanze simili.

Lo dimostra, tra le altre cose, una collezione pre-colombiana esposta a Treviso, e attualmente al vaglio degli esperti. Tra i molti pezzi visibili, l’occhio non può non cadere sopra piccoli oggetti di pietra dura: sono i cosidetti “tembetà”, il cui uso era diffuso in epoche antichissime in zone molto vaste del Sud America, anche se recentemente si è ipotizzato che l’usanza provenga dalla zona caraibica. La forma è quella di una T rotondeggiante, l’applicazione avveniva eseguendo un taglio tra il labbro inferiore e il mento, all’interno del quale si introducevano le due protuberanze trasversali. Che, una volta cicatrizzatasi la ferita, rimanevano incastrate nella pelle. Le popolazioni pre-incaiche peruviane, invece, preferivano le cosidette “naringueras”, anelli, generalmente d’oro, infissi nela cartilagine alla base del naso.

Le deformazioni ornamentali del corpo divennero spesso nell’antichità simbolo di elevato rango sociale, anche quelle che a noi possono sembrare delle vere mostruosità: nell’America centrale era particolarmente diffusa la limatura degli incisivi, ed anche l’incrostazione dei denti con pietre preziose.

Un’altra pratica popolarissima, stavolta in tutta l’America centro-meridionale, era la deformazione del cranio: “Ai bambini veniva praticata la deformazione cranica fin dai primi mesi di vita, adagiandoli supini in una culla rigida e forzandoli, mediante fasciature a mantenere la posizione”, spiega la professoressa Minelli, studiosa di civiltà pre-colombiane all’Università di Bologna. Il risultato è quello di un cranio “a pera”, spropositamente allungato, tutt’oggi visibile negli affreschi pre-colombiani. Tipico delle popolazioni brasiliane più selvaggie era invece il botoco, un disco di legno, spesso piuttosto grande, che veniva inserito nel labbro inferiore, e che è ancora in uso presso alcune popolazioni che non sono state toccate dall’arrivo dei “Bianchi”.

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