Una mappa per il crosmosoma X

Spesso il lavoro dei biologi assomiglia all’esplorazione di un territorio ignoto, in cui ci si può muovere solo con l’aiuto di mappe dettagliate. Per questo il risultato raggiunto dai ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis (Usa) è una pietra miliare in quella grande esplorazione che è lo studio del patrimonio genetico dell’uomo. Si tratta infatti della mappa più precisa mai realizzata del cromosoma X, quello che determina il nostro sesso. Il gruppo di St. Louis ha individuato lungo il cromosoma 2100 marcatori: “punti di riferimento” costituiti da brevi tratti di circa 300 basi, i “mattoni” che costituiscono l’elica del Dna, che serviranno ai ricercatori per orientarsi nei loro studi successivi.

E’ una mappa tre volte più accurata di quelle a disposizione finora. Se fosse una carta stradale tra Bolzano e Palermo avrebbe un riferimento ogni 500 metri circa. Il cromosoma X è costituito da circa 160 milioni di coppie di basi. A St. Louis hanno marcato questa lunghissima catena in media ogni 75 mila coppie. Così il cromosoma X sarà probabilmente uno dei primi di cui si conoscerà base per base la composizione completa e aprirà la strada per tutti gli altri. Questo è infatti lo scopo finale del Progetto genoma umano, il super programma da 3 miliardi di dollari che dovrebbe fornire il sequenziamento completo di tutto il corredo genetico dell’uomo.

Sebbene la struttura del Dna sia nota dal 1953, le tecniche che hanno permesso di analizzarlo sono state elaborate solo in tempi molto più recenti. Negli anni ‘80 un giovane ricercatore inventò una tecnica per ottenere quantità sufficienti di materiale genetico. I tratti del Dna da analizzare vengono inseriti in cellule di lievito che si moltiplicano molto velocemente “fotocopiando” assieme al proprio corredo anche il tratto inserito artificialmente. Nel 1990 venne invece perfezionato il metodo che permette di sequenziare i brevi tratti di Dna che servono da marcatori nella mappatura dei cromosomi.

Gli scienziati statunitensi sono partiti da 5 mila frammenti di cromosoma X provenienti da 7 differenti banche di Dna umano. Di alcuni di questi frammenti hanno poi marcato le estremità, identificandone le specifiche sequenze di basi. Il passo successivo è stato ricercare nei frammenti restanti la presenza degli stessi marcatori. I marcatori identici trovati su due frammenti differenti venivano sovrapposti e i frammenti risultavano così agganciati. Ma completare l’immenso puzzle ha richiesto una mole notevole di lavoro. Infatti per aggiungere ciascun pezzo erano necessarie almeno 1500 verifiche, tanto che i biologi di St. Louis hanno dovuto trasformarsi anche informatici e sviluppare un programma per computer in grado di elaborare questa enorme mole di dati. Il programma era anche in grado di identificare quali dati potevano considerarsi affidabili e quali invece richiedevano ulteriori verifiche.

La mappatura del cromosoma X ha inoltre dato un notevole impulso alle ricerche che mirano a individuare i geni responsabili di parecchie malattie ereditarie. I ricercatori sono riusciti per esempio a localizzare il gene della sindrome di Simpson-Golabi-Behmel, un disturbo che provoca un eccesso di crescita, e anche quello della displasia ectodermica una malattia che influisce sullo sviluppo dei follicoli piliferi, delle glandole sudorifere e dei denti. Il gruppo di St. Louis ha anche fornito un contributo decisivo nell’individuare il gene della sindrome da X fragile, la seconda causa più comune di ritardo mentale.

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