A Venosa, Homo erectus per turisti

Potrebbe nascere in Basilicata il primo parco paleolitico europeo. Questo almeno è l’auspicio con cui Marcello Piperno, professore di paleoetnologia all’Università Federico II di Napoli, ha concluso la presentazione della guida al sito preistorico di Notarchirico. Un auspicio condiviso da tutti gli scienziati che da più di quindici anni scavano e studiano le colline intorno a Venosa, nella zona del Vulture, portando alla luce resti fossili di animali e esseri umani vissuti tra 300 e 650 mila anni fa.La guida, realizzata con il contributo del comune di Venosa, raccoglie tutte le informazioni sulle scoperte che hanno reso Notarchirico uno dei luoghi più importanti per chi studia l’era paleolitica in Europa. “E’ l’unico sito dell’Italia meridionale in cui sia stato rinvenuto un resto di Homo erectus”, sottolinea Marcello Piperno. “Si tratta di un femore di donna vissuta probabilmente tra 350 e 400 mila anni fa”.Ma anche se questo frammento di ominide è piccolo e malconcio, ci sono ben altre testimonianze della presenza di erectus. Per esempio le decine di utensili di pietra scheggiata che circondano scheletri fossili di grandi mammiferi, come se la collina di Notarchirico fosse, per i nostri antenati, un luogo dove macellare gli animali uccisi o le carcasse abbandonate da altri predatori. Così deve essere stato per un elefante, di cui rimane parte del cranio e delle zanne, o per i cervi e i buoi primitivi i cui resti sono disseminati un po’ dappertutto nel sito.”L’importanza di Notarchirico”, dice Piperno, “sta nell’aver potuto datare con precisione i livelli geologici che ospitano i fossili”. A facilitare il compito degli scienziati è stato il vulcano Vulture, che invece deve aver dato non pochi grattacapi agli ominidi e animali che hanno vissuto su quelle colline nel paleolitico. Le eruzioni del Vulture, spento da 150 mila anni, hanno a più riprese ricoperto di cenere il suolo circostante. Questo ha permesso ai geologi di datare i vari strati. E di ricostruire il succedersi della fauna, svelando anche un piccolo mistero. A meno di un chilometro da Notarchirico esiste infatti un altro sito paleolitico, la collina di Loreto. I primi scavi sistematici a Loreto furono condotti dal 1956 al 1976, e portarono alla luce manufatti in pietra e resti di animali, tra cui un cavallo: una fauna dunque molto diversa da quella che qualche decennio più tardi è stata rinvenuta a Notarchirico. I motivi? Secondo Marcello Piperno, l’attività vulcanica del Vulture ha modificato spesso il paesaggio intorno a Venosa. “Forse l’ambiente boscoso e umido in cui sono vissuti gli animali di Notarchirico è stato trasformato, da un’eruzione, in una prateria. Ecco spiegata la presenza di fossili di cavallo a Loreto”.L’idea del parco paleolitico nasce proprio dalla straordinaria vicinanza dei due giacimenti fossili. “Sarebbe sufficiente”, dice Piperno, “unire con un sentiero i due siti e realizzare un centro di accoglienza per i turisti. Inoltre si potrebbe ampliare la zona protetta, anche per permettere a coloro che hanno lavorato in questi anni, la Soprintendenza Speciale al Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “L. Pigorini”, la Soprintendenza Archeologica della Basilicata e alcuni geologi delle università francesi di Montepellier e Bordeaux, di proseguire i loro studi su un’area che può ancora riservare sorprese”.

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