Restauri a porte aperte in Israele

E’ uno degli eventi archeologici più importanti dell’anno. Il restauro del bellissimo “mosaico del Nilo”, risalente al III secolo dopo Cristo, e raffigurante la grande festa che si celebra in Egitto quando la piena del fiume raggiunge il suo culmine, è stato finalmente presentato al pubblico dopo otto mesi di lavoro. Il “mosaico del Nilo” è parte di alcuni pavimenti a mosaico di edifici di epoca romana dell’antica città di Zippori, in Galilea.L’evento ha preceduto di poco la consegna dei diplomi di restauratore ai primi 27 restauratori pubblici dello Stato di Israele, formati grazie ad un programma di collaborazione tra le autorità israeliane che sovrintendono alla tutela dei beni culturali e il Centro di Conservazione Archeologica (Cca) di Roma, una società privata che dal 1982 opera nel campo della conservazione di siti, monumenti e materiali archeologici. Regola prima per tutti i lavori realizzati dal Cca in Israele è stata l’uso rigoroso di materiali e tecniche tradizionali, soluzione caldeggiata anche dal National Parks Authority, che gestisce i parchi archeologici e naturali. “I materiali prodotti chimicamente”, spiega il direttore del Cca Roberto Nardi, “rischiano di rovinare col tempo i monumenti più di quanto lo siano prima del restauro”. Regola numero due: ogni operazione fatta, ogni tessera di mosaico staccata e poi ricollocata, deve essere documentata fotograficamente a rigorosa testimonianza del lavoro svolto.Regola numero tre: tutti i restauri devono essere eseguiti inserendo personale locale nel gruppo di professionisti del Cca. Numero quattro: tutti gli interventi devono essere eseguiti sul posto: Mosaici e affreschi non vanno affatto staccati e ricollocati altrove, ma il turista deve avere la possibilità di vederli nel loro luogo di origine anche durante i lavori di recupero.E infatti tutti gli interventi di restauro sono stati realizzati mantenendo gli edifici aperti ai visitatori, creando così degli “eventi culturali” che hanno riscosso grande successo di pubblico. A Zippori è stata allestita per i turisti una piattaforma soprelevata rispetto ai mosaici, che così hanno potuto osservare i restauratori all’opera, e comprendere il significato del loro lavoro grazie a pannelli esplicativi.Quello del “mosaico del Nilo” non è l’unico esempio in cui il lavoro degli archeologi è stato esposto al pubblico. Durante il restauro dell’edificio delle terme nella roccaforte di Masada, l’enorme afflusso di pubblico ha reso necessario l’allestimento di pannelli di plexiglass per tutelare il lavoro dei tecnici. “Il pubblico che visita i siti archeologici”, commenta Nardi, “in genere non immagina neppure quanto costi, in termini di denaro ma soprattutto di fatica, la manutenzione dei monumenti. Io mi auguro che vedere i restauratori all’opera possa suscitare nel visitatore un senso di rispetto per gli edifici antichi, e che quindi lo renda più attento a non deturparli”.Il restauro delle terme di Masada è stato eseguito con la formula “chiavi in mano”. L’edificio ha subito cioè interventi in ogni sua parte, dai muri agli affreschi parietali, ai mosaici dei pavimenti, alle strutture per la canalizzazione e il riscaldamento dell’acqua. Sono state inoltre restaurate le quattro piscine che circondavano l’edificio e che servivano da cisterne per la raccolta dell’acqua ripristinando così la loro antica funzione.Il restauro delle terme di Masada, lungi dall’essere un episodio isolato, fa parte di un progetto a lungo termine, iniziato nel 1995, per la conservazione di alcuni dei più importanti edifici e fortificazioni che, costruiti da Erode, divennero poi il rifugio degli ultimi ribelli che per tre anni resistettero alle truppe di Tito dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. Ma sul progetto per Masada Nardi lascia trasparire un segno di disappunto. Il piano di emergenza presentato dal Cca per il salvataggio dei bellissimi affreschi della terrazza inferiore del palazzo di Erode, attualmente molto deteriorati, è stato bloccato “per mancanza di fondi”. Sarà al contrario costruita tra breve una nuova funivia che porterà sulla rocca di Masada, vero simbolo della fierezza e del coraggio del popolo di Israele, migliaia di visitatori. Eppure i fondi chiesti per il restauro erano solamente il 2% di quelli stanziati per la funivia… C’è il rischio che tra alcuni anni sempre più turisti salgano a visitare monumenti sempre più deteriorati.Ma Israele è terra di contraddizioni e di contrasti, e le difficoltà incontrate dal Cca non si esauriscono qui. Tra ottobre e dicembre del 1994 il Cca è stato impegnato nel recupero del pavimento in mosaico della chiesa bizantina, risalente al V secolo d.C., di Mamshit. Città fondata dai Nabatei ai limiti del deserto del Neghev nel III secolo a.C., Mamshit, alla pari di altre città nabatee della zona, fiorì poi in epoca romana e bizantina, per venire abbandonata dopo la conquista musulmana.E proprio a Mamshit una mattina, al termine del lavoro di restauro, i tecnici hanno trovato un’incredibile sorpresa. Durante la notte, il pavimento era stato distrutto e il terreno addirittura arato da un gruppo di fondamentalisti di estrema destra che accusa gli archeologi di disturbare il sonno dei loro morti. Dopo la grande delusione iniziale, i restauratori si sono rimboccati subito le maniche: hanno raccolto pazientemente tutte le tessere di mosaico che sono riusciti a trovare e le hanno imballate in enormi casse, che sono giunte lo scorso mese a Roma. “Sulla base della documentazione fotografica da noi fatta – conclude Nardi – nel corso del prossimo anno ricostruiremo pazientemente tutto il mosaico”.

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