Finché c’è bomba c’è pericolo

“Finché ci saranno bombe negli arsenali ci sarà anche il rischio che vengano usate. L’umanità non è ancora al sicuro dall’olocausto nucleare. Attenzione a non abbassare la guardia”. Parole di Joseph Rotblat, uno dei fisici fondatori del movimento degli scienziati per la pace Pugwash e premio Nobel per la Pace nel 1995, in Italia nei giorni scorsi per un ciclo di conferenze organizzate dalla European School of Economics.E così, sulla soglia dei 90 anni, questo grande vecchio della fisica e del disarmo non si stanca di girare per il mondo e levare la sua voce per un mondo finalmente libero da armi atomiche. Ed è con una passione ancora intatta che Rotblat mette in guardia contro i nuovi rischi, i nuovi elementi di tensione che ancora oggi potrebbero scatenare un conflitto nucleare.Parte di questi nuovi rischi arrivano proprio da quel crollo del blocco dell’est che ha messo fine alla Guerra fredda. “Ai tempi dell’Unione Sovietica”, avverte Rotblat, “gli scienziati e i tecnici che lavoravano nei centri militari erano un’élite, avevano privilegi e salari alti. Oggi il loro stipendio è più basso di quello di un autista di autobus. E c’è il rischio che qualcuno metta in vendita le proprie conoscenze o addirittura direttamente qualche testata. Così queste armi micidiali potrebbero finire nelle mani di gruppi senza scrupoli, terroristi o governi del tutto inaffidabili. Per ora non sembra essere successo, ma non possiamo esserne sicuri. Sono meravigliato che finora nessun gruppo terroristico abbia ancora dichiarato di possedere un’arma atomica”. Ma i rischi legati alla situazione dell’ex Unione Sovietica non finiscono qui. “La guerra in Cecenia ha dimostrato che la crisi economica ha ridotto drasticamente anche l’efficienza delle armi convenzionali”, prosegue Rotblat, “e questo potrebbe far cadere nella tentazione di ricorrere alle armi atomiche anche in quelle situazioni di crisi che prima avrebbero coinvolto solo mezzi convenzionali”.Poi ci sono i paesi che hanno avuto, e continuano ad avere, un atteggiamento ambiguo rispetto agli armamenti atomici. Israele, per esempio, che non ha mai ammesso ufficialmente di possedere testate nucleari, ma che ha fatto del proprio arsenale un elemento chiave di deterrente rispetto ai potenziali nemici. “Ma è una mossa inutile e pericolosa”, sottolinea Rotblat, “inutile perché la comunità internazionale non permetterebbe mai che la tensione nell’area mediorientale raggiunga livelli tali da far pensare all’impiego delle testate. Pericolosa perché l’arsenale israeliano potrebbe spingere altri paesi a costituirne uno: l’Iraq ci ha provato, potrebbe provarci anche l’Iran”.Il problema è che smantellare gli arsenali e riconvertire i centri di ricerca costa caro. E tanto più caro in quei paesi che già si dibattono in una situazione economica disastrosa. “Io non sono un economista”, conclude Rotblat, “sono un uomo di scienza e credo nelle potenzialità della scienza e della tecnologia. Se tutti gli sforzi scientifici e i fondi che ancora oggi vengono impiegati per le ricerche militari fossero investiti per diminuire il divario tra ricchi e poveri della Terra e innalzare il livello di vita dei più bisognosi, sono convinto che avremmo fatto un grosso passo avanti nello stabilire una pace duratura nel mondo”.

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