La fisica che venne dal freddo: la materia superfluida

Alla fine degli anni Novanta, il comportamento anomalo dell’elio a temperature vicine allo zero assoluto rendeva questa sostanza un laboratorio particolarmente prezioso di meccanica quantistica. E fenomeni come la superfluidità consentivano di parlarne come di un nuovo tipo di materia

Quella dello zero assoluto, del limite invalicabile delle basse temperature, è una delle frontiere più interessanti della fisica. Lo testimonia il premio Nobel assegnato lo scorso anno a D.D.Osheroff, R.C.Richardson e D.M.Lee per la scoperta della superfluidità nell’elio-3, che risale agli inizi degli anni settanta.

A questa temperatura un corpo si trova nello stato di minima energia. Anzi, questo vale per tutte le parti in cui possiamo immaginare di suddividerlo. Non si deve pensare che tutte queste parti siano come congelate in particolari posizioni nello spazio. Piuttosto, esse si trovano tutte nello stato quantistico di più bassa energia, l’unico stato permesso a quella temperatura. Il corpo ha entropia nulla, ovvero ha raggiunto il massimo ordine possibile.

Sappiamo che le sostanze in natura, a temperature sufficientemente basse, solidificano. L’acqua, ad esempio, a zero gradi centigradi muta il suo stato di materia e si cristallizza ghiaccio. In un cristallo gli atomi non sono immobili, anche se sono distribuiti secondo un ordine ben stabilito, ma vibrano continuamente attorno alle loro posizioni di equilibrio. Se la temperatura diminuisce, anche le vibrazioni diminuiscono, fino a quando, allo zero assoluto, si riducono al minimo, senza però sparire del tutto. Questo minimo di vibrazioni che gli atomi mantengono non è sufficiente a liquefare nessuna sostanza conosciuta. Ad eccezione dell’elio.

La massa degli atomi di elio e l’interazione che esiste tra essi sono tali che, raffreddando l’elio liquido, il movimento degli atomi diminuisce per quanto può, ma, perfino allo zero assoluto, resta sufficiente ad impedirgli la solidificazione, a meno che non venga applicata una pressione di 25 atmosfere od oltre. L’elio rimane quindi liquido anche allo zero assoluto, grazie agli effetti della meccanica quantistica, che ne caratterizzano la struttura e le proprietà dinamiche. Un fantastico laboratorio di meccanica quantistica, in cui avvengono straordinari fenomeni. Il più singolare di tutti è quello della superfluidità ovvero la capacità del liquido di scorrere attraverso capillari e attorno a ostacoli senza alcun attrito, come in un moto perpetuo. Ma vediamo in che cosa consiste questo nuovo stato di materia, la materia superfluida.

Innanzi tutto, bisogna distinguere due tipi di elio liquido: l’elio-4 e l’elio-3. In natura esistono due isotopi stabili dell’elio: il nucleo di elio-3 che ha due protoni ed un neutrone, e il nucleo di elio-4 che ha invece due protoni e due neutroni. Gli atomi corrispondenti, entrambi con due elettroni che orbitano attorno ai loro nuclei, sono molto stabili. O meglio, l’energia necessaria per eccitarli dal loro stato fondamentale – cioè dal loro zero assoluto – è circa centomila volte maggiore a quella necessaria per estrarre un atomo di elio dal liquido. Questo significa che possono essere considerati a tutti gli effetti delle particelle elementari senza struttura, cioè puntiformi.

L’interazione tra due atomi di elio-4 è uguale a quella esistente tra due atomi di elio-3 e le loro masse stanno nello stesso rapporto dei nuclei corrispondenti, cioè quattro a tre. Se l’unica differenza fosse quella della massa atomica, le caratteristiche dei due liquidi sarebbero qualitativamente le stesse. In realtà c’è un differenza ben maggiore: l’atomo di elio-4 è una particella bosonica, mentre quella dell’elio-3, è una particella fermionica.

Atomi senza individualità

Alle basse temperature, vicine allo zero assoluto, gli atomi del liquido perdono completamente la loro individualità diventando, come si dice, particelle identiche, assolutamente indistinguibili tra loro. Questo fatto ha molte conseguenze importanti, molte di più di quanto ci si possa immaginare. Prendiamo ad esempo due particelle identiche, diciamo il signor “A” e il signor “B”. Il loro stato quantico complessivo sarà caratterizzato da una particolare funzione, che ne determina la probabilità che essi si trovino dove sono in un dato istante. Se sono indistinguibili, questa probabilità non può cambiare se scambiamo le loro posizioni. Ma allora, la radice quadrata di questa funzione, la ben nota funzione d’onda, sarà o simmetrica o antisimmetrica nello scambio del signor “A” con il signor “B”. Se è simmetrica, “A” e “B” sono bosoni, altrimenti sono fermioni.

Ma non è finita qui. Supponiamo adesso che questi due signori possano muoversi indipendentemente l’uno dall’altro. In questo caso la funzione d’onda di “A” + “B” è data semplicemente dal prodotto della funzione d’onda di “A” e quella di “B”. Se sono bosoni niente impedisce che le due funzioni d’onda siano uguali, cioè che il signor “A” e il signor “B” possano stare nello stesso stato quantico. In effetti, un gas di bosoni non interagenti, il così detto gas ideale di bosoni, a temperature prossime allo zero assoluto manifesta il fenomeno della condensazione di Bose-Einstein, fenomeno recentemente osservato in alcuni gas atomici dai gruppi JILA ed MIT (M.H. Anderson et al., Science 269, 195, 1995) che sono stati in grado di intrappolare migliaia di atomi, tutti o quasi nello stesso stato quantico di minima energia. Al contrario, nel caso fermionico, il signor “A” e il signor “B” non possono mai trovarsi nel medesimo stato quantico, cioè si escludono a vicenda (principio di esclusione o principio di Pauli) [poi smentito]. E’ interessante notare che se non ci fosse questa proprietà gli atomi in natura non sarebbero così differenti tra loro come sono.

Questi due tipi di particelle esistono davvero. Ad esempio, i fotoni o i mesoni sono bosoni, mentre gli elettroni o i neutrini sono fermioni. E i due liquidi di elio hanno effettivamente proprietà molto diverse e ci appaiono come due universi fisici distinti. L’elio-4 diventa superfluido al di sotto di 2.17 gradi Kelvin, mentre l’elio-3 ha la sua transizione di fase ad una temperatura che è circa mille volte minore. Un fattore mille nella temperatura significa un enorme avanzamento nella tecnologia criogenica, il che in parte spiega perché le scoperte delle due transizioni di fase sono avvenute a più di trent’anni di distanza.

Adesso che siamo entrati nel modo delle basse temperature, vediamo più da vicino come si è arrivati a scoprire la superfluidità e a capirne i meccanismi.

Il rompicapo Helio-4 superfluido

L’avventura cominciò nel 1911 allorché Kemerlingh Omnes si accorse che l’elio-4, se raffreddato al di sotto di 2.2 gradi Kelvin, invece di contrarsi comincia ad espandersi. Bisognerà aspettare però il 1932 per avere una prova chiara della transizione di fase, quando W.H. Keesom e K. Clausius, facendo misure di calore specifico, trovarono la famosa curva a forma di “lambda”, da cui il nome di transizione-lambda (vedi figura 1). La fase a bassa temperatura venne chiamata elio-2, quella ad alta temperatura, elio-I.

Tuttavia la scoperta della superfluidità dell’elio-2 avvenne nel 1938, quando P.L. Kapitza, lavorando a Mosca, e indipendentemente J.F.Allen e A.D. Misener, a Cambridge, osservarono un fenomeno singolare. La velocità di scorrimento dell’elio-2 attraverso sottili capillari è per lo più indipendente dalla differenza di pressione ai capi del tubo, cioè la sua viscosità è praticamente nulla!

I successivi vent’anni videro un fiorire di esperimenti, e tutti dimostravano che l’elio-2 era sostanzialmente un tipo di liquido nuovo, per il quale nessuna delle equazioni differenziali conosciute della termodinamica e dell’idrodinamica – che governano il trasferimento di calore e di materia – è realmente applicabile. La comunità scientifica aveva trovato un nuovo rompicapo da risolvere. Perché l’elio-2 poteva scorrere senza attrito all’interno di capillari e, allo stesso tempo – e in apparente contraddizione – un corpo che si muova al suo interno è sottoposto ad attrito, come se si muovesse in un liquido normale? E ancora, come mai in questo nuovo tipo di materia ad ogni trasferimento di calore si accompagna sempre un trasferimento di materia?

l modello a due fluidi

I teorici non tardarono molto ad accettare questa grande sfida. I primi a fornire un modello coerente furono Fritz London (1938) e L. Tisza (1938, 1940, 1947), che avanzarono l’ipotesi secondo la quale l’elio-2 risulta composto da due fluidi interpenetranti. La componente superfluida corrisponde allo stato di minima energia di un gas ideale di bosoni – il “condensato” – ovvero un numero macroscopicamente grande di atomi tutti coerentemente nello stesso stato quantico. La seconda componenente, quella del fluido normale, è interamente responsabile delle eccitazioni termiche.

Allo zero assoluto, tutto il liquido diventa superfluido, mentre alla temperatura-lambda, è l’unica componente che sopravvive è quella normale. In questo modo fu possibile spiegare l’apparente paradosso della viscosità dell’elio-2, e con esso le sue proprietà termiche. L’effetto fontana (vedi figura 2), ad esempio, è dovuto al fatto che il capillare funziona come un filtro di entropia. Il fluido normale, che porta tutta l’entropia, viene diffuso dalle pareti e non riesce ad oltrepassarle. Solo il superfluido penetra dentro il capillare, e lo fa con una velocità tale che l’elio-2 sprizza fuori come in una fontana.

Forse uno dei maggiori successi del modello a due fluidi è stata la previsione di un nuovo tipo di onde che si propagano nell’elio-2. Oltre alle usuali onde sonore, di natura idrodinamica, il modello prevedeva un altro tipo di onde, di natura termica. Nel caso delle onde sonore i due fluidi oscillano in fase, mentre nel secondo caso oscillano in controfase. L’esistenza di questo nuovo tipo di onde fu confermato sperimentalmente da V.P. Peshkov negli anni Quaranta.

Come spesso accade in fisica, allo sviluppo iniziale di un modello che spiega qualitativamente un dato fenomeno naturale, segue un lungo periodo di approfondimento. In questa fase viene sottoposta a verifica ogni possibile incoerenza del modello, sia con i risultati sperimentali, sia con le regole paradigmatiche, cioè con le leggi fondamentali. E, ritornando alla nostra storia, molte erano le domande circa il modello a due fluidi alle quali era necessario dare una risposta. Ad esempio, si doveva scoprire in che modo i due fluidi si formassero a partire dall’elio liquido, quale fosse la relazione tra il condensato e l’assenza di viscosità nel superfluido, o ancora, fino a che punto il modello basato sulle proprietà di un gas ideale di bosoni fosse coerente con il fatto che l’elio-4 liquido non è affatto un gas ideale di bosoni, ma, al contrario, un fluido di bosoni che interagiscono molto fortemente tra loro.

Negli anni quaranta si vennero configurando due strategie fondamentali. Oggi sappiamo che esse sono in larga misura complementari, anche se negli ultimi decenni hanno dato luogo a un acceso dibattito tra i più autorevoli teorici. La prima, che potremmo chiamare lo scenario di Landau-Feynman, basa le proprietà della superfluidità sulle eccitazioni a bassa energia di un liquido bosonico. La seconda, più direttamente legata ai lavori di London e Tisza, previlegia il ruolo del condensato.

Lo scenario di Landau-Feynman

Un passo fondamentale si deve al lavoro di uno dei più grandi fisici teorici di questo secolo, Lev D. Landau (1941), che identificò la natura dei due fluidi. Partendo da considerazioni del tutto generali, dimostrò che un liquido bosonico può avere due tipi di eccitazioni a bassa energia. Il primo è responsabile alle onde sonore, e corrisponde a particelle chiamate “fononi”. La loro velocità -ovvero la velocità del suono nel liquido all’equilibrio – è di 239 metri al secondo. I fononi possono essere prodotti anche con energie infinitamente piccole.

Il secondo tipo di eccitazioni, i “rotoni”, corrispondono invece alla creazione di piccoli vortici nel liquido. Per usare le parole di Feynman, “un rotone può essere immaginato come un gruppo di bambini che gioca attorno ad uno scivolo (…) Dopo essere scivolati i bambini girano su sé stessi e tornano di nuovo indietro sullo scivolo”. Al contrario dei fononi, i rotoni hanno bisogno di una quantità minima, non nulla, di energia per essere prodotti e la loro velocità nel liquido è uguale a zero.

Landau identificò la componente normale del modello a due fluidi in un gas di fononi e rotoni, mentre il liquido nel quale queste particelle si muovono, cioè il loro vuoto, venne fatto corrispondere proprio al superfluido. Questo modello prevede l’esistenza di una velocità critica, al di sotto della quale non è possibile creare eccitazioni del vuoto, che quindi non risulta viscoso. Sfortunatamente, il valore della velocità critica che risulta dal modello supera di circa cento volte quello osservato sperimentalmente. C’era ancora qualche pezzo mancante nel puzzle. Eppure Landau, con il suo modello, riuscì a mettere in relazione i vari parametri del modello fenomenologico a due fluidi di London-Tisza con le eccitazioni elementari del liquido, e a predire che, a temperature sufficientemente basse, la velocità delle onde di temperatura si trova in semplice relazione con quella del suono. Predizione puntualmente verificata sperimentalmente da D. de Klerk e colleghi nel 1954.

Bisognava adesso mettere direttamente in relazione le proprietà macroscopiche dell’elio-2 con le interazioni esistenti tra gli atomi, formulare cioè una teoria microscopica della superfluidità. Fu un altro dei grandi della fisica teorica, Richard P. Feynman, a porre le basi per questa teoria, in una serie di ricerche straordinarie che risalgono al periodo 1953-1957, e che tutt’oggi meritano attenzione e studio. Questi lavori sono stati una sorgente particolarmente feconda per ulteriori studi teorici, successivamente confermati dagli esperimenti sulla diffusione inelastica di neutroni termici sull’elio-4 liquido. Molti fisici della materia condensata stanno ancora lavorando lungo le direzioni tracciate da questo grande fisico.

Feynman dimostrò che l’intuizione di Landau riguardo ai fononi e ai rotoni, quali eccitazioni del liquido rispetto allo stato di minima energia – o se si vuole rispetto al vuoto – era corretta, cioè coerente con i principi fondamentali della meccanica quantistica per un sistema bosonico. Tra l’altro, risolse il problema della “velocità critica”, scoprendo che quando il superfluido supera la velocità critica sperimentale, si innesca un moto turbolento che crea vortici, i quali successivamente decadono in rotoni.

La transizione di fase e il ruolo del condensato

Naturalmente, la storia della transizione di fase fluido-superfluido non si concluse con i lavori di Feynman, se pur brillanti. E non si è ancora conclusa. Anzi, continuerà per molti anni ancora, come un romanzo giallo senza soluzione.

Si può dire che la conoscenza dei fenomeni naturali procede attraverso fasi di approfondimento sempre maggiore. Lo scenario nebbioso costituto dal modello a due fluidi di London, visto più da vicino, ha mostrato numerose proprietà interessanti. Ci si è accorti per esempio che in questo singolare liquido gli atomi interagiscono molto fortemente, respingendosi violentemente quando sono troppo vicini, che la frazione di atomi presenti nel condensato a temperature molto basse è solo del dieci per cento, e che questo condensato, così come la superfluidità, scompare alla temperatura di transizione. Si è capito inoltre che le eccitazioni del liquido sono di natura collettiva, ovvero interessano tutti gli atomi, e che possono essere viste come particelle in un certo tipo di vuoto. Ma nuove domande si affacciano. Qual è il meccanismo che provoca la transizione? Qual è il ruolo del condensato in questo meccanismo? Ci troviamo di fronte ad una qualche rottura di simmetria?

I fisici di solito descrivono le transizioni di fase, come quella tra il liquido e il solido o quella che avviene nei materiali ferromagnetici – in cui al di sotto di una certa temperatura i momenti magnetici degli atomi puntano tutti verso una stessa direzione – facendo uso di “parametri d’ordine”, cioè di grandezze che diventano nulle nella fase disordinata e diverse da zero in quelle ordinate. Ad esempio, per i materiali ferromagnetici, un parametro d’ordine è la media termodinamica delle direzioni verso cui puntano gli aghetti magnetici, che rappresentano gli atomi. Questo è nullo nella fase disordinata, quella paramagnetica ad alte temperature, ma è diverso da zero in quella ferromagnetica a basse temperature. Anche se le leggi della fisica non hanno una direzione privilegiata, sono come si dice “invarianti per rotazione”, lo stato di minima energia non lo è. Tutti gli aghetti magnetici sono diretti nello stesso modo e tutte le direzioni sono equivalenti. Un omino che si trovasse all’interno di un ferromagnete avrebbe serie difficoltà nell’accorgersi che le leggi della natura sono invarianti per rotazione. Tutti i suoi esperimenti verrebbero corrotti dal campo magnetico in cui il suo universo è immerso. Qui ci troviamo di fronte ad una rottura di simmetria. In effetti tutti noi viviamo in un universo in cui certe simmetrie, evidenti o nascoste, sono rotte. E questo secondo caso rappresenta uno dei maggiori rompicapo da risolvere. Forse, la comprensione di meccanismi della stessa natura all’interno di sistemi che abbiamo sotto gli occhi, come l’elio liquido, può aiutarci a risolvere questo tipo di rompicapo.

L’acuta analisi di Feynman sulle eccitazioni dell’elio liquido utilizza la statistica di Bose-Einstein come perno centrale, ma non fa esplicito riferimento a possibili rotture di simmetria. In effetti la sua analisi venne completata prima della pubblicazione del fondamentale lavoro di O.Penrose e L.Onsager (1956), dove l’idea della rottura di simmetria venne estesa ad un liquido bosonico. Fu allora che, per descrivere il condensato, venne introdotto il concetto di funzione d’onda macroscopica, un concetto usato anche in precedenza per descrivere le proprietà dei materiali superconduttori. Postulare una funzione d’onda macroscopica non è cosa da poco. Si pensi che funzioni d’onda atomiche o molecolari si riferiscono a regioni di spazio dell’ordine del miliardesimo di metro, mentre, ad esempio il filo in un solenoide superconduttore può raggiungere lunghezze di qualche metro. Il condensato, quindi, è visto come un oggetto macroscopico, e viene caratterizzato da una funzione d’onda che gioca il ruolo di un parametro d’ordine. In questo caso tale funzione d’onda, così come nelle onde oscillanti usuali, ha una fase che può variare da punto a punto nello spazio e che caratterizza il campo di velocità del fluido. Si tratta di un esempio di teoria di campo scalare in materia condensata.

Il modulo della funzione d’onda macroscopica è la radice quadrata della frazione di condensato, ed è determinato dalle condizioni esterne a cui è sottoposto il fluido (temperatura, pressione, etc.), mentre la fase è arbitraria, e a fasi diverse corrispondono stati di equilibrio diversi. In altri termini, la fase parametrizza i vari possibili stati di equilibrio, tutti egualmente possibili. La scelta di una fase, cioè di un campo di velocità per il fluido, implica che una simmetria si è rotta. Questa simmetria è associata alla conservazione delle particelle (simmetria di gauge) nel condensato, e viene rotta nei superfluidi. Un fenomeno simile si verifica anche per un gas di elettroni in metalli superconduttori. Questa rottura di simmetria non è concettualmente diversa da quella che avviene nei ferromagneti, dove la magnetizzazione media è un parametro che si visualizza più facilmente di una funzione d’onda macroscopica che ha una fase ben definita ma un numero di particelle indeterminato.

Comunque, al di là dei molti successi raggiunti nella comprensione di questo fenomeno, il ruolo del condensato nella transizione di fase rimane a tutt’oggi un problema aperto. Il problema è: perché a temperature prossime allo zero assoluto la frazione di condensato è circa il dieci per cento, mentre quella del superfluido è del cento per cento? Una recente analisi fatta dai fisici americani E.L.Pollock e David M. Ceperley (1987) ha chiarito che questa è la domanda giusta da farsi. E’ stato simulato al calcolatore tutto il percorso dell’elio-4 liquido, dalle temperature superiori a quella critica fin quasi allo zero assoluto, senza far ricorso a modelli o approssimazioni, e assumendo come ingredienti della simulazione la massa dell’atomo di elio-4, l’interazione tra due atomi e le proprietà bosoniche del liquido. Il risultato è che sia il condensato sia la superfluidità si manifestano alla temperatura critica in accordo perfetto con tutte le osservazioni sperimentali, e che le proprietà di simmetria di un liquido bosonico giocano un ruolo prevalente. Ma il perché dobbiamo ancora capire.

Superfluidità dell’elio-3

Se l’universo dell’elio-4 liquido è ricco di fenomeni straordinari e in un certo senso paradigmatici, quello dell’elio-3 lo è ancora di più. Inoltre, molte delle sue potenzialità devono ancora essere studiate. Il fisico russo I.V.Obreimov è stato probabilmente il primo ad aver intravisto l’importanza di un’indagine sperimentale sulla superfluidità nell’elio-3. Landau, discutendo in sua presenza sulla teoria della superfluidità, disse che la relazione tra superfluidità e statistica delle particelle non era un problema interessante, perché in realtà esisteva un solo liquido che mostrava questa proprietà (intendeva naturalmente l’elio-2). In quell’occasione, Obreimov criticò il grande maestro dicendo che esisteva anche un isotopo stabile, l’elio-3, che doveva essere oggetto di studio approfondito.

Le osservazioni sperimentali sull’elio-3 ebbero inizio negli anni cinquanta, e fin da subito si andò alla ricerca della superfluidità. Il fatto che certi metalli al di sotto di una certa temperatura critica fossero superconduttori suggeriva che un liquido fermionico potesse essere superfluido. D’altra parte la superconduttività veniva considerata come la superfluidità di un gas di elettroni nei metalli. Essa è per molti aspetti un fenomeno simile a quello della superfluidità dell’elio-2, anche se, pur esistendo molti metalli superconduttori, solo l’elio è superfluido.

Nella fase superconduttrice una corrente elettrica sufficientemente piccola può scorrere nel metallo senza che ci sia una differenza di potenziale elettrico apprezzabile. Ciò equivale al fluire non viscoso dell’elio-2 in un capillare. La superconduttività è caratterizzata da una temperatura critica, che cambia a seconda dei metalli ed è dell’ordine del grado Kelvin. A questa temperatura la resistenza del filo superconduttore va verso lo zero in modo più o meno discontinuo.

Come era possibile spiegare la superfluidità del gas di elettroni, visto che gli elettroni sono fermioni e non possono condensare? Il meccanismo venne identificato da J.Bardeen, e dai suoi – allora – studenti L.N.Cooper e J.R. Schrieffer (1957). Si vide che, a causa dell’interazione tra gli elettroni e gli atomi che risiedono nel reticolo cristallino, esiste tra loro una piccola attrazione, oltre alla forza coulombiana che è repulsiva. Questa piccola attrazione fa sì che gli elettroni possano accoppiarsi, e formare le ben note “coppie di Cooper” che si comportano come particelle bosoniche. Poiché l’attrazione è molto debole, basta una quantità di energia piccolissima (anche se non nulla) e, quindi, una piccolissima temperatura per rompere la coppia in due normali elettroni. Ma se la temperatura è sufficientemente bassa, allora gli elettroni sidispongono in coppie e il gas diventa superfluido.

Non si deve immaginare che le coppie siano effettivamente così legate da formare una particella puntiforme. Per la verità ci volle del tempo per capire la vera natura di queste coppie. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i due elettroni che formano una coppia sono distribuiti su distanze piuttosto grandi, assai maggiori della distanza media tra gli elettroni nel gas. Essi si muovono in modo sincronizzato anche quando sono molto lontani fra loro, come due ballerini su una pista da ballo. Quindi, la fase superconduttrice di un gas di elettroni in un metallo può essere vista come un fluido bosonico con un condensato, un parametro d’ordine e una rottura di simmetria alla temperatura di transizione.

Ci sono naturalmente differenze sostanziali tra la superfluidità dell’elio-2 e la superconduttività, come ad esempio i diversi comportamenti del calore specifico in funzione della temperatura, o la natura delle eccitazioni, ma il meccanismo complessivo dei due fluidi bosonici, dell’elio-2 e delle coppie di Cooper è sostanzialmente lo stesso.

Abbastanza paradossalmente, la nuova teoria della superconduttività non suggerì naturalmente l’esistenza della superfluidità nell’elio-3. La vera ragione sta nel fatto che il meccanismo della superconduttività si basa sull’esistenza di un’attrazione tra i fermioni e, più debole è l’attrazione, minore è la temperatura di transizione. Era noto d’altronde che l’interazione tra due atomi di elio è assai più forte di quella che esiste tra gli elettroni, e l’assenza di un qualunque segno di superfluidità a temperature dell’ordine del centesimo di Kelvin – le uniche raggiugibili in quegli anni – sembrava indicare che l’interazione tra atomi di elio nel liquido dovesse essere di natura repulsiva, e che dunque non ci potesse essere alcuna superfluidità.

Landau, sebbene inizialmente non credesse ad altra superfluidità se non a quella dell’elio-4, fu forse il primo a pensare che l’interazione tra due particelle nell’elio-3 liquido potesse essere attrattiva in alcuni casi speciali. In particolare quello in cui due particelle si trovano in uno stato quantico dove il moto relativo è anisotropo, ovvero quando esiste una direzione spaziale privilegiata. In senso più strettamente tecnico, questi stati sono caratterizzati da un valore del momento angolare diverso da zero. Gli stati con momento angolare nullo danno luogo ad un moto orbitale perfettamente isotropo. Le coppie di Cooper in un gas di elettroni superconduttore sono in uno stato di questo tipo, mentre quelle che si formano nell’elio-3 liquido hanno momento angolare uguale o maggiore di uno.

L’uso del termine “particelle” al posto di “atomi” di elio-3 per i componenti della coppia di Cooper è deliberato, perché, la forte interazione esistente tra gli atomi ne modifica sostanzialmente le proprietà individuali, o come si dice li “veste”, trasformandoli così in particelle abbastanza diverse dagli originali atomi “nudi”. Infatti l’interazione tra queste particelle (più propriamente quasi-particelle) è sensibilmente diversa da quella di due atomi di elio isolati. La stessa cosa succede per gli elettroni nei metalli, dove però l’effetto è assai minore che nell’elio liquido. Landau non pubblicò mai questa sua ipotesi, e furono L.P.Pitaevsii (1959,1962), K.A. Brueckner (1960) e P.W.Anderson (1961) che negli anni sessanta gettarono le basi per una descrizione teorica di un fluido fermionico superfluido in cui le coppie di Cooper si formano in stati quantici con momento angolare uguale ad uno. E questa è la situazione che effettivamente si verifica nell’elio-3.

La fase preistorica dell’elio-3 superfluido si chiuse nel 1972, quando Osheroff e i suoi studenti riscontrarono la transizione di fase a una temperatura di circa tre millesimi di grado Kelvin, e a una pressione di 34 atmosfere. Più precisamente, essi trovarono due fasi anomale, la fase A e la fase B, entrambe superfluide. La figura 3 mostra il diagramma di fase dell’elio-3 nel piano pressione-temperatura. Come si può vedere, la fase A può esistere solo a pressione e temperatura sufficientemente elevate. A pressione zero, cioè all’equilibrio del liquido, può esistere solo la fase B, e la temperatura di transizione è di un millesimo di grado Kelvin.

La natura anisotropa delle coppie di Cooper dell’elio-3 fa sì che questa materia fermionica sia molto più ricca e complessa del gas di elettroni superconduttore. Infatti, il momento angolare orbitale si accoppia con quello interno dell’atomo, lo “spin”, per dar luogo ad un momento angolare totale che può avere i valori o zero o uno, mentre nel caso delle coppie elettroniche può essere solo zero. Così, il momento angolare totale delle coppie di Cooper è nullo nella fase B, quella quasi-isotropa, mentre è uno nella fase A, quella anisotropa. La fase B è anisotropa nello spazio reale ed isotropa in quello allargato – che include anche lo spin – mentre la fase A è anisotropa sia in quello reale che in quello allargato. Questo significa, ad esempio, che nella fase A esiste una direzione privilegiata che è sia un asse di anisotropia spaziale che una direzione di un ordine ferromagnetico.

Ci sono altre fasi superfluide che si possono realizzare nell’elio-3 liquido quando si trova in condizioni particolari, come ad esempio confinato in opportune geometrie o all’interno di vortici quantizzati o di altri oggetti topologici. Tutto ciò fa dell’elio-3 superfluido uno dei più affascinanti soggetti della materia condensata. Ha allo stesso tempo le proprietà di un liquido superfluido, di un superconduttore, dei materiali ferromagnetici e antiferromagnetici, e perfino quelle dei cristalli liquidi. Necessariamente, la descrizione teorica di questo fenomeno utilizzale metodologie adottate in tutte queste branche della fisica. Inoltre, la teoria della superfluidità dell’elio-3 è legata, sotto certi aspetti, a quella delle particelle elementari e perfino della cosmologia. Ma, a differenza di queste ultime, la superfluidità può essere confrontata in modo diretto con le osservazioni sperimentali, e ricondotta ai principi fondamentali per mezzo di calcoli dettagliati.

Bibliografia

Noziéres, Philippe e Pines, David The Theory of Quantum Liquids, Vol. II, Addison-Wesley Publishing Co., 1990

Tilley, David R. e Tilley, John Superfluidity and Superconductivity, Bristol e New York, Adam Hilger, 1990

Volovik, G.E. Exotic Properties of Superfluid helium-3, World Scientific, 1992

Halperin, W.P. e Pitaevskii L.P. Helium Three, North-Holland, 1990

Feynman Richard P. Statistical Mechanics, A Set of Lectures, The Benjamin/Cummings Publishing Co., Advanced Book Program, 1972

Ceperley, David M. Path Integrals in the Theory of Condensed Helium, Reviews of Modern Physics, Vol. 67, No. 2, , p. 279-355, 1995

Ceperley, David M. Path Integrals in the Theory of Condensed Helium, Reviews of Modern Physics, Vol. 67, No. 2, , p. 279-355, 1995

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here