C’è un gene difettoso

La causa dell’appetito insaziabile che tormenta gli obesi sarebbe nascosta nel loro patrimonio genetico: lo afferma su Nature un gruppo di ricercatori inglesi, guidato dal professor Stephen O’Rahilly. Il colpevole sarebbe un gene non funzionante, in particolare quello per la “leptina”. La leptina è una proteina che viene prodotta dalle cellule adipose. Secreta nel sangue, arriva fino all’ipotalamo, cioè a quella zona del cervello che, fra l’altro, ha la funzione di regolare gli stimoli della fame. In pratica, se l’afflusso di leptina è abbondante, il nostro cervello deduce che il corpo ha una quantità di grasso sufficiente. In caso contrario, se l’ipotalamo non riceve abbastanza leptina, parte lo stimolo della fame per avvisare che è ora di ripristinare le riserve esaurite. Di conseguenza, un individuo che non è in grado di produrre questa proteina è affetto da fame perenne e continua inesorabilmente a nutrirsi aumentando la propria massa grassa.

In realtà, che l’alterazione del gene per la leptina, battezzato “ob” dai ricercatori, fosse tra le cause di obesità nei topi era già noto da tempo. Ma, nonostante gli sforzi, questi risultati non si erano mai potuti estendere all’uomo. Almeno fino a quando gli scienziati inglesi non hanno studiato due cugini di origine pakistana affetti da una grave forma di sovrappeso. Questi sono risultati omozigoti per un gene “ob” alterato. In altri termini, entrambe le copie del gene in loro possesso sono difettose. La mutazione è causata dalla perdita di una base del Dna, ma si riflette sulla produzione di leptina in vari modi. In primo luogo, l’Rna messaggero, la molecola che la cellula usa come stampo per la costruzione delle proteine, prodotto dal gene “ob” difettoso è più corto e, probabilmente, più instabile di quello normale. Inoltre, la leptina alterata viene secreta con più difficoltà dalle cellule adipose e, in ogni caso, la sua attività biologica è fortemente compromessa.

Le conseguenze sono drammatiche: nonostante i due cugini avessero un peso normale alla nascita, oggi la maggiore, che ha otto anni, è alta 137 cm e pesa 86 chilogrammi, mentre il secondo, che ha due anni ed è alto 89 cm, tocca i 29 kg. Tuttavia, gli effetti della carenza di leptina non si fermano alla fame insoddisfatta. Infatti, come accade nei topi, nei due bambini è stato osservato un livello insolitamente alto di insulina, l’ormone che aumenta l’assunzione di glucosio e aminoacidi da parte delle cellule. La loro giovane età non permette invece di accertare se è alterata la produzione di ormoni sessuali, come osservato negli animali da laboratorio, che sono sterili. Al contrario di questi ultimi, gli esseri umani sembrano avere nel plasma una concentrazione normale di cortisolo, un altro ormone coinvolto nel metabolismo dei grassi. Studiando la famiglia dei cugini pakistani, gli scienziati inglesi hanno trovato che sia un fratello che i quattro genitori, che sono fra loro consanguinei, possiedono una copia alterata e una copia normale del gene, sono cioè eterozigoti. Ciò nonostante il loro peso non è anomalo: questo significa che una sola copia funzionante del gene “ob” è sufficiente per produrre la quantità di proteina necessaria al nostro organismo.

Questa scoperta apre nuove speranze per la cura dell’obesità. In futuro, gli individui affetti da carenza di leptina potrebbero essere curati somministrando loro un farmaco che la contiene. Tuttavia, non si può dimenticare che, probabilmente, le cause genetiche spiegano solo in parte i disturbi dell’alimentazione che affliggono gli occidentali. Negli Stati Uniti una persona su tre è obesa, nonostante vengano spesi in media parecchi milioni pro capite nel tentativo di tenersi in forma. A queste persone vanno aggiunte, naturalmente, quelle che sono in sovrappeso anche se non raggiungono il tetto necessario per essere ufficialmente dichiarate obese.

Una delle principali cause del fenomeno sarebbe la grande disponibilità di cibo a disposizione nei paesi industrializzati: una novità nella nostra storia, con cui non siamo abituati a confrontarci e contro la quale, probabilmente, non abbiamo fatto in tempo a sviluppare strategie di difesa. E la situazione peggiora a causa di uno stile di vita sedentario e delle cattive abitudini alimentari che portano a nutrirsi eccessivamente di cibi grassi. Queste possono cominciare molto presto nella vita. I bambini superalimentati producono una quantità di cellule adipose superiore alla norma, che poi rimarranno nel loro corpo anche da adulti, come un magazzino pronto a essere riempito non appena i grassi sono ingeriti. Infine, più insidioso di tutti, c’è il disagio psicologico, che spinge a cercare conforto e soddisfazione nel frigorifero.

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