Mir, “o lo fai o muori”

Ha senso mantenere un equipaggio stanco, frustrato e sotto stress, in una stazione spaziale dove si passa da un’emergenza all’altra? Sono in molti a porsi questa domanda anche se dal centro controllo di Koroliov arrivano dichiarazioni rassicuranti sulla situazione a bordo della Mir. Ripetono che i tre astronauti possono abbandonare la stazione in ogni momento, ma si tratta di una spiegazione di comodo che non convince nessuno. Infatti, in termini di sicurezza la situazione ha già largamente superato il livello di guardia da febbraio e non sembra che il comandante Tsibliev, Lazutkin e Foale, abbiano modo di ripristinare le minime condizioni operative a bordo della stazione orbitante.

Ad essere precisi il vero problema non è tanto l’età della Mir, quanto il fatto che da mesi è piombata in una pericolosa situazione che passa sotto il termine di “emergenza progressiva”: gestire una struttura in un ambiente ostile, con molti sistemi in avaria, comporta infatti il pericolo di commettere errori e di peggiorare le cose sino ad arrivare a un punto di non ritorno – definito con il sinistro termine anglosassone “do or die”, o lo fai o muori – e aprendo così la strada all’evento finale.

Un’operazione piuttosto rischiosa, per esempio, sarà l’ispezione del modulo Spektr prevista nella notte fra il 24 e il 25, ma forse rimandata ancora di qualche giorno per le difficoltà che comporta. A effettuarla dovrebbero essere Lazuktin e l’americano Foale, dopo il forfait del capo equipaggio Tsibliev che sembrerebbe soffrire di aritmie cardiache prodotte da stress orbitale. La decisione di impiegare l’astronauta americano è di per sé lo specchio delle contraddizioni della cooperazione fra Russia e Usa: già a febbraio la Nasa considerava la situazione della Mir al di sotto della soglia di sicurezza minima, da qui la consegna a Foale di assumere un profilo basso nella sua missione.

Nei momenti più critici Foale si è sempre rifugiato nel veicolo di ritorno Soyuz, cosa che ha spinto il leader nazionalista russo Zirinowskji a definirlo un “parassita” e un “codardo”. La sortita del leader dell’estrema destra russa veniva proprio nel momento in cui a Koroliov si decideva chi e come avrebbe dovuto ripristinare i collegamenti elettrici con lo Spektr: con Tsibliev fuori gioco l’incarico passava a Lazuktin, ma si apriva una frenetica trattativa con la Nasa la quale – evidentemente a malincuore, ma obbligata dai risvolti politici del caso – autorizzava Foale a fare da secondo in questa difficile operazione. L’astronauta americano ha fatto il suo periodo di addestramento canonico in vasca alla Città delle stelle, ma si tratta di un “paylod specialist” – è un astronomo di formazione – la cui esperienza non è paragonabile a quella degli astronauti russi. Lo stesso Lazuktin non sembra avere un curriculum tale da garantire l’esperienza necessaria per effettuare la sortita in condizioni di massima sicurezza.

C’è poi una strana concatenazione dei fatti: la scorsa settimana, almeno a quanto riferiscono alcuni radioamatori che seguono le conversazioni fra terra e Mir, Tsibliev avrebbe chiesto delucidazioni al decano dei cosmonauti sovietici, Krikaliov, che aveva lungamente simulato in vasca le operazioni da compiere sullo Spektr: Krikaliov, che ha un record di permanenza in orbita e che oggi è il supervisore degli astronauti russi, ha spiegato al comandante della Mir la lunga sequela di cose da fare. Bisogna prima depressurizzare il main deck della stazione, poi sostituire il primo portellone dell’airlock che porta nel modulo danneggiato. Si tratta di svitare 22 bulloni e di rimontarne altrettanti, poi un uomo dovrebbe entrare nello Spektr e ripristinare – al buio e aiutato soltanto da torce elettriche – 17 collegamenti, 3 dei quali correrebbero in luoghi difficili da raggiungere. Per far sì che l’operazione sia possibile il 5 giugno sono state mandate sulla Mir delle tute spaziali Orlan – che Foale non ha mai provato – e che montano dei nuovi guanti, più sottili dei precedenti, che dovrebbero dare agli astronauti una maggiore sensibilità tattile.

Il commento di Tsibliev è sembrato piuttosto sconsolato, evidentemente realizzava la difficoltà dell’operazione e i rischi connessi: entrare nello Spektr comporta superare un passaggio critico nell’airlock, che ha un diametro di soli 75 centimetri, poi c’è l’incognita delle condizioni all’interno del modulo danneggiato e degli esigui margini di sicurezza dei nuovi guanti da utilizzare (si possono lacerare più facilmente con una depressurizzazione istantanea della tuta). Qualche giorno dopo, durante l’effettuazione di test medici di routine, a Tsibliev veniva diagnosticata un’aritmia dovuta a stress. Lazuktin e Foale staranno meglio di lui per la data prevista?

In questo quadro di emergenza continua, la situazione cambia di ora in ora. Secondo un’agenzia Itar-Tass, arrivata venerdì sera, ma non confermata, dal centro di controllo di Koroliov proverrebbe l’indicazione che non sarà l’attuale equipaggio della Mir a effettuare le riparazioni. “Probabilmente l’equipaggio è troppo affaticato – avrebbe dichiarato Vladimir Soloviov, responsabile della missione – non è il caso di programmare un’ingresso nel modulo Spektr danneggiato dalla collisione del 25 giugno”. I russi stanno già pensando a sostituire l’attuale equipaggio?

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