Fabbriche di stelle

Sono vere e proprie “fucine di stelle”. Le sfornano a un ritmo fino a mille volte superiore a quello della Via Lattea. Finora sono rimaste nascoste, invisibili perfino all’occhio vigile del Telescopio Spaziale Hubble. Ma oggi, grazie alle immagini di Iso (Infrared Space Observatory), l’osservatorio spaziale di radiazione infrarossa, gli astronomi sono riusciti a penetrare nei segreti di queste galassie lontane. Le stesse immortalate due anni fa nella più dettagliata e profonda fotografia mai ottenuta dell’universo: l’ormai celebre Hubble Deep Field.

Ci sono volute ben 13 ore di esposizione perché Iso raccogliesse abbastanza radiazione infrarossa. Ma alla fine il gruppo guidato da Michael Rowan-Robinson, dell’Imperial College di Londra, ha avuto i dati sperati. I risultati sono entusiasmanti e confermano ciò che gli astronomi sospettavano da tempo: il ritmo di formazione stellare era molto più elevato nel passato che oggi. Infatti, quando le galassie erano più giovani attraversavano “fasi creative” talmente drammatiche da meritarsi il nome di esplosioni stellari (starbursts). E Iso ci mostra come erano le galassie 7 miliardi di anni fa. Queste “giovinette” presentano un’attività assai più elevata di quella stimata utilizzando i dati nella sola luce visibile. Ogni anno generano da 8 a 1000 stelle simili al nostro Sole. Una produzione frenetica se paragonata a quella della Via Lattea, che al massimo ne fabbrica una. Le conseguenze sullo studio dell’evoluzione delle galassie sono notevoli. E il lavoro è appena cominciato.

La maggior parte dei fenomeni più interessanti e importanti per la comprensione dell’universo è invisibile ai nostri occhi. La massiccia presenza di nubi di polveri attorno alle galassie, soprattutto nelle prime fasi della loro esistenza, impedisce alla luce visibile di giungere fino a noi, nascondendo ciò che succede all’interno perfino ai potentissimi occhi di Hubble. Solo la radiazione infrarossa, che in queste galassie è fino a 100 volte più intensa di quella visibile, riesce ad attraversarle e, catturata dagli strumenti di Iso, rivela ciò che le nubi nascondono: stelle in formazione, buchi neri, interi sistemi planetari.

E’ il meccanismo stesso della nascita delle stelle a rendere le galassie tanto luminose nell’infrarosso. Le stelle infatti si formano in seguito al collasso di una nube di polveri e gas che precipitano verso il centro della nube per effetto dell’attrazione gravitazionale. Così gas e polveri raggiungono una temperatura e una densità sufficiente a innescare le prime fusioni nucleari che “accendono” la stella. E’ in questi primi momenti di vita che la stella inizia a emettere energia. Ma la neonata è ancora avvolta da ciò che resta della sua nube primordiale: una sorta di “bozzolo” che la nasconde alla vista, che però si scalda ed emette raggi infrarossi.

Ma le ricerche di Rowan-Robinson non finiscono qui. Le future osservazioni del suo gruppo potrebbero portare un enorme contributo alla cosmologia, una scienza ancora alla ricerca di una risposta per l’eterno quesito sulle origini del cosmo e della vita.

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