Tre cariche per un elettrone

Succede soltanto a temperature glaciali, vicine allo zero assoluto, a -270 C°. E succede solo se c’è un campo magnetico molto intenso. Succede insomma solo nei laboratori di fisica, e nelle condizioni molto particolari che lì si riescono a creare. Ma è un fenomeno tanto strano da minare le fondamenta su cui è basata la fisica moderna. Infatti il gruppo guidato da R. de-Picciotto dell’Istituto Weizmann di Rehovot, in Israele, è riuscito a osservare una particella (o meglio una “quasiparticella”) che ha una carica elettrica più piccola di quella dell’elettrone. Tre volte più piccola. Dov’è la rivoluzione? Il fatto è che si è sempre pensato che la carica più piccola esistente in natura fosse proprio quella dell’elettrone. E dunque quella di XXX e colleghi è un po’ come la scoperta di una gallina che fa un pezzo di uovo… Le galline normali, l’uovo lo fanno intero, o non lo fanno proprio.

Dunque, tutte le cariche elettriche osservate in natura sono multipli interi della carica elementare e, quella trasportata da un elettrone. “Fin qui nulla di nuovo” – penserebbe un qualsiasi studente di fisica. “Nei fenomeni elettrici la carica può aumentare o diminuire solo della quantità discreta e” – aggiungerebbe qualcuno un po’ più preciso. Ma come reagiranno gli studenti alla notizia che, in una particolare classe di fenomeni, la corrente è trasportata da cariche frazionarie pari ae/3? In verità la scoperta, pubblicata sull’ultimo numero di Nature, interessa l’intera comunità scientifica, che ha fatto della quantizzazione della carica elettrica in unità della carica e dell’elettrone una delle sue leggi fondamentali.

Il fenomeno in questione è molto particolare, infatti si manifesta solo in un gas bidimensionale di elettroni, posto tra due semiconduttori, sottoposto a un intenso campo magnetico e raffredddato a fino a quasi 270 gradi sotto zero. Realizzando tutto ciò, i ricercatori israeliani, hanno visto formarsi nel gas una specie di canale in cui scorrono “particelle” molto strane che trasportano corrente. Queste misteriose entità, che i fisici chiamano “quasiparticelle”, sono il risultato dell’interazione tra i diversi elettroni del gas che si muovono tutti insieme sotto l’effetto del campo magnetico: anche se risultano dal moto collettivo di più elettroni, si comportano però come singole particelle. “Le nostre misure mostrano senza alcuna ambiguità che nelle condizioni descritte la corrente è trasportata da quasiparticelle con carica e/3” – concludono gli scienziati nel presentare i risultati delle loro ricerche.

Già dal 1833, enunciando le leggi dell’elettrolisi, Michael Faraday aveva ipotizzato l’esistenza di una unità elementare di elettricità. Infatti i risultati delle sue ricerche mostravano che gli ioni coinvolti nelle reazioni potevano trasportare una o più di queste unità, ma mai quantità inferiori. Accolta con poco entusiasmo dagli altri fisici, la discretizzazione della carica elettrica fu di nuovo avanzata nel 1874 da George J. Stoney, che fu il primo a proporre il nome elettrone. Ma fu solo nel 1897, con la determinazione sperimentale del rapporto tra la carica e e la massa m ad opera di Joseph J. Thomson, che l’elettrone venne finalmente riconosciuto e accettato come una vera e propria particella. A questo punto rimaneva solo da determinare la sua carica elettrica e fu Robert A. Millikan, nel 1910, a fornire il primo valore accurato di e.

E i quark, allora? Anche queste unità subnucleari, considerate i mattoni fondamentali del mondo fisico, hanno carica frazionaria, pari a 1/3 o 2/3 di e. Tuttavia non si possono osservare quark isolati. Tutte le particelle soggette alle interazioni forti (quelle che tengono uniti i nuclei degli atomi), sono costituite da combinazioni di due o tre quark. In questo modo si ottengono sempre particelle con cariche intere, come per esempio il protone che ha carica +e , o neutre, come il neutrone. Se invece si cerca di scindere una di queste particelle nei suoi costituenti ‘fondamentali’, ci si accorge che l’attrazione tra i quark aumenta con la distanza rendendo impossibile la loro separazione.

La legge rimane ancora valida: non si possono osservare cariche libere frazionarie. Solo grazie a questa limitazione la teoria dei quark, proposta nel 1964 dal fisico teorico Murray Gell-Mann, è stata accettata dalla comunità scientifica. La prima reazione è stata infatti decisamente negativa in quanto l’ipotesi dell’esistenza di particelle con carica frazionaria, anche se non osservabili, era ritenuta estremamente controintuitiva.

Un’accoglienza simile è stata riservata alle teorie di Robert Laughlin, che nel 1982 ha ipotizzato l’esistenza di quasiparticelle con carica e/3 per spiegare gli strani fenomeni che si osservano nei semiconduttori in condizioni particolari. In questi 15 anni tutte le conseguenze delle sue ipotesi erano state confermate sperimentalmente, mancava solo un’osservazione diretta della carica frazionaria. Ora, grazie a tecniche molto sofisticate, i ricercatori dell’Istituto Weizmann hanno fornito anche quest’ultima conferma.

Si dovranno allora rivedere tutte le leggi della fisica? Si dovranno cambiare tutti i libri di testo? Probabilmente non accadrà niente di così drammatico. Come i quark non si possono osservare isolati, così queste quasiparticelle non esistono al di fuori del gas di elettroni, in quelle particolarissime condizioni di temperatura e campo magnetico. Le leggi della fisica continuano a essere valide: non è ancora stata trovata una particella libera che trasporta una carica elettrica inferiore a e. Studenti e scienziati possono continuare a dormire sonni tranquilli.

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