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Dietro lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici si nasconderebbe un’organizzazione internazionale costituita da personaggi di spicco dell’economica e della politica. Lo rivela un dettagliato rapporto-denuncia di 40 pagine allestito e reso noto da Greenpeace. Attività fraudolente, come la declassificazione e lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spedizioni scorrette, falsificazioni delle bolle d’accompagnamento e dei registri di carico e scarico, stoccaggio illegale, sarebbero solo alcune delle operazioni pilotate da una struttura mondiale coordinata. Le attività criminali verrebbero perpetuate nonostante esista una norma, approvata dalla Convenzione di Londra nel novembre del 1993, che proibisce qualsiasi tipo di operazione poco trasparente nel settore delle spedizioni transfrontaliere dei rifiuti.

Secondo Greenpeace, approfittando delle posizioni di forza acquisite nell’ultimo decennio, gli ecocriminali sarebbero “in grado di concludere affari con enti pubblici e grandi multinazionali, ottenendo contratti pubblici per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento di ogni tipo di rifiuto”. I profitti delle attività verrebbero riciclati all’interno di attività leggittime, grazie all’opera di finanziarie e fiduciarie di marca svizzera, inglese e italiana. Gli ambientalisti hanno ricostruito la mappa delle società attraverso le quali i traffici illegali di rifiuti si sono strutturati. Le basi operative più importanti risulterebbero in Italia con estensioni in Austria, Germania e Russia.

La struttura dell’organizzazione, sempre alla ricerca del massimo profitto, a detta di Greenpeace è in continua evoluzione: i traffici dei rifiuti sono modellati in base alle esigenze fisiche e finanziarie della nazione importatrice. Per esempio, per lo smaltimento in mare dei rifiuti nucleari, sono stati creati speciali contenitori di acciaio – chiamati penetratori – i quali vengono lasciati affondare da apposite imbarcazioni verso fondali di 4-5.000 metri di profondità (free-fall penetrators). Per raggiungere questo obiettivo diversi membri della rete sono incappati in reati ambientali e comuni; alcuni di essi, sempre secondo Greenpeace, sono anche sospettati di appartenere a logge massoniche coperte o di lavorare per conto di Cosa Nostra. Il danno va quindi al di là dell’evidente distruzione dell’ambiente. “In questo senso, le attività intraprese dall’organizzazione oggetto di questo rapporto non solamente distruggono l’ambiente e mettono a repentaglio la salute umana. Esse minano alla radice la stessa convivenza democratica, a livello sia locale che internazionale”.

Tra il 1987 e il 1996 l’organizzazione ha “scaricato” migliaia di tonnellate di rifiuti in Romania, Libano e Venezuela, operando anche numerose pressioni sulle autorità di Brasile, El Salvador, Messico e Paraguay. Emblematico il tentativo della Oceanic Disposal Management Inc., una delle società più attive dell’organizzazione dedita allo smaltimento dei rifiuti, di ottenere un permesso di esportazione di scorie radioattive nei mari sudafricani. Nel progetto i rifiuti tossici sarebbero stati depositati sotto i fondali di una zona marina a largo di Città del Capo: l’operazione sarebbe stata resa possibile dall’inscatolamento delle scorie radioattive all’interno di penetratori messi in posa da apposite imbarcazioni. Nella lettera, spedita nel maggio del `95 alla Atomic Energy Corporation del Sud Africa, la società ODM prospettava la costruzione di un impianto in grado di produrre oltre 500 penetratori l’anno, con un guadagno annuale di circa 660 milioni di dollari. I clienti dell’operazione, mai andata in porto, sarebbero stati gli Stati Uniti e la Francia.

Secondo il rapporto-denuncia, ricostruito intrecciando svariate inchieste eseguite negli ultimi dieci anni dalla magistratura, per debellare la piaga del deperimento dell’ambiente occorre quindi agire su due fattori complessi ed intrecciati: la promozione e l’uso di tecnologie dannose e l’abuso del potere economico e politico. Riguardo alle responsabilità, Greenpeace non ha dubbi su chi puntare l’indice: “ciò avviene grazie a tutti quei governi che continuano irresponsabilmente a promuovere l’utilizzo dell’energia nucleare pur non avendo alcuna idea di come affrontare il problema dei rifiuti. Nel frattempo, sia il volume che la radioattività dei rifiuti sono in continuo aumento”.

Quasi banale ricordare quanto siano devastanti le conseguenze di tali operazioni sulla fauna marina e sui meccanismi naturali fisico-chimici che regolano sia le acque che i sedimenti superficiali e profondi degli oceani. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) ha accertato che solo nel 1992 ben 120.000 tonnellate di rifiuti radioattivi erano stati stoccati nei cinque continenti. Ancora più catastrofiche le previsioni: 120.000 tonnellate saranno stoccate entro il Duemila, 450.000 tonnellate entro la metà del prossimo secolo.

Inevitabile chiedersi cosa fare per opporsi alla degradazione dell’ambiente e della società civile, a fronte dell’inopinato aumento di rifiuti pericolosi e nucleari. Gli ambientalisti non hanno dubbi, il problema va risolto alla radice. “L’unica soluzione possibile consiste nell’eliminazione delle sostanze pericolose all’interno dei cicli produttivi e nell’abbandono dell’energia nucleare. Seri sforzi nell’opera di riduzione alla fonte dei rifiuti pericolosi e una forte volontà politica per il passaggio all’utilizzo di energie pulite contribuirebbero a mettere definitivamente fuori mercato chiunque trae profitto dall’attuale processo di contaminazione globale”.

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