Georgia, la scuola ai tempi della guerra

Tbilisi, ottobre. Una guerra civile nel 1992, due conflitti regionali di indipendenza. Un’economia allo sbando, con un’inflazione che nel 1994 ha raggiunto il 700 per cento. Ma negli anni di crisi che hanno seguito il crollo dell’Unione Sovietica, la scuola Numero 1 di Tbilisi, Georgia, è rimasta aperta. E nessuno ha mai pensato di chiuderla. Anche se questa voce costa l’equivalente di 350 milioni di lire l’anno. Come del resto durante durante il periodo della crisi, non sono neanche mai state chiuse le due filarmoniche, l’Opera e i numerosi teatri della città che continuano a funzionare anche alla luce delle candele tuttora necessarie per fare fronte alle continue interruzioni dell’erogazione della corrente elettrica.

La scuola Numero 1 di Tbilisi è stata inaugurata nella primavera del 1941, un mese prima dell’annuncio dell’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, dell’inizio della “Grande guerra patriottica”, come viene chiamata la Seconda guerra mondiale nel paese che ha perso 20 milioni di persone nel conflitto. Un annuncio che arriva mentre i bambini partecipavano a una festa che il governatore inviato da Mosca per controllare la nuova Georgia sovietica decide di non interrompere, malgrado l’allarme generale. Ma a parte il contesto storico, l’apertura della scuola non rappresenta allora nulla di eccezionale: è solo una delle tante realizzazioni, una delle meno indolori, del principio sovietico del premio all’eccellenza. Un “doposcuola” aperto a tutti gli studenti, fra i 6 e i 16 anni che desiderano, senza alcuna selezione, obbligo di frequenza, e naturalmente, spesa, approfondire una qualsiasi materia. Dalla danza, alla biologia.

La scuola si trova nella via Rustaveli, la strada principale di Tbilisi, a fianco del governo, in un palazzo neoclassico costruito nell’Ottocento da un architetto italiano, uno dei pochi edifici nella capitale georgiana completamente ristrutturati, anche se l’intonaco ancora fresco non ha coperto completamente i segni delle pallottole che nel gennaio del 1992 hanno diviso la città in due: da una parte i sostenitori del presidente deposto Zviad Gamsakhurdia, dall’altra quelli che avrebbero poi appoggiato Eduard Shevardnadze, l’ex ministro degli Esteri di Mikhail Gorbaciov tornato nei mesi successivi a Tbilisi per guidare il governo).

Il palazzo, che nell’ottocento ospitava il rappresentante dello zar nel Caucaso, dal 1918 e al 1921 la sede del governo della Repubblica democratica di Georgia, prima della sovietizzazione della Repubblica, e dopo sede del governatore sovietico per la Georgia, è una grande costruzione bianca, aperta ogni giorno, dalle nove del mattino alle dieci di sera. Le sue scale di legno anni Trenta, i grandi saloni ricchi di cristalli e specchi, il giardino pieno di alberi, sono a disposizione degli studenti, circa 10 mila quest’anno, divisi in classi di sei-dieci persone, con programmi di studio individuali, messi a punto riconoscendo le esigenze, e le curiosità di ogni singola persona.

“Il principio su cui si basa la scuola”, ci ha spiegato il direttore dell’Istituto, cattedra di linguista all’Università di Tbilisi, ”è che ogni ragazzo viene qui perché lo desidera e nessuno gliene chiederà mai conto”. “Non è mai stata messa in discussione la chiusura della scuola, come la sua privatizzazione: è un luogo troppo importante, tutte le persone che hanno costruito la cultura georgiana di questa seconda metà di secolo sono passate di qui”. Meno che meno lo si considera ora, che l’inflazione 6 scesa al 10,6 per cento mensile e il paese viene considerato dal Fondo monetario internazionale il caso di maggior successo dell’ex Unione Sovietica, forse di fra tutte le economie in via di transizione di tutto il mondo.

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