L’eclisse del millennio

Tra meno di due anni, la mattina dell’11 agosto 1999, sarà visibile l’ultima eclisse totale di Sole del millennio. La Luna, passando tra la Terra e la nostra stella, proietterà sul pianeta un sottile cono d’ombra che attraverserà la Cornovaglia e il canale della Manica. Passerà in Francia poco più a nord di Parigi, taglierà il Belgio, il Lussemburgo, la Germania e l’Austria e quindi attraverserà la Romania e la Turchia.

Nel nord Italia l’eclisse sarà parziale, visibile solo al 90 per cento, mentre a sud di Napoli risulterà oscurato l’80 per cento del disco solare e in Sicilia il 70. Certamente l’evento spingerà un gran numero di curiosi a mettersi in viaggio per raggiungere le zone coperte dal corridoio d’ombra, considerato anche che la prossima eclisse totale visibile dal nostro paese si verificherà solo nel 2073.

Lo spettacolo, assicurano gli esperti, sarà indimenticabile. L’importanza scientifica del fenomeno, invece, è molto diminuita dopo l’avvento dei satelliti. La Joint Organization for Solar Observations, un consorzio europeo per la ricerca nel campo della fisica solare, per esempio, sta elaborando un programma di osservazioni che coinvolgerà gruppi di ricercatori in tutta Europa.

E tuttavia, sin dai primi decenni del ‘900, le eclissi di Sole hanno fornito preziose informazioni agli scienziati impegnati nello studio delle caratteristiche fisiche della stella. Durante un’eclisse totale di Sole, infatti, l’ombra della luna copre completamente la superficie luminosa della stella, la fotosfera. Non copre, invece, la corona: una nube di atomi di elio e idrogeno ad altissima temperatura, che avvolge il Sole come l’atmosfera avvolge la Terra. Poiché la corona è costituita da gas rarefatti, è molto meno luminosa della fotosfera, normalmente viene sopraffatta dall’intensità della sua luce e non è possibile osservarla direttamente. Durante le eclissi è chiaramente visibile. Studiando la sua forma e la sua evoluzione nel tempo, gli astronomi hanno scoperto che la corona è una massa in continuo moto tumultuoso, che scaglia nello spazio potenti getti di materia.

In teoria, per nascondere alla vista il Sole è sufficiente schermarlo con una mano. In pratica invece la luce emessa dalla stella arriva comunque ai nostri occhi riflessa dall’atmosfera terrestre. Ma nel 1930 l’ottico francese Bernard Lyot ideò il coronografo, uno strumento in grado di produrre eclissi artificiali: una sorta di telescopio in cui un dischetto opaco viene sovrapposto all’immagine della fotosfera e una serie di lenti minimizza la luce riflessa dall’atmosfera, producendo, per chi guarda nell’oculare, un’eclisse simile a quelle naturali.

Dal 1930 in poi, grazie ai coronografi, gli astronomi sono stati in grado di osservare in tutta tranquillità la corona solare, fotografarla e sottoporre la sua luce allo spettrometro per ricavarne la composizione chimica. Oggi ai coronografi si sono aggiunti nuovi e più sofisticati strumenti: gli eliospettrometri. Le particelle che costituiscono la corona sono tanto calde da emettere raggi X, al contrario delle particelle della fotosfera, molto più fredde. Gli eliospettrometri captano i raggi X e non le radiazioni luminose, ricavando dati in modo selettivo sulla corona solare. Poiché l’atmosfera terrestre scherma i raggi X provenienti dallo spazio, gli strumenti sono installati a bordo di satelliti artificiali.

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