La bella fisica di Glashow

“La fede nella semplicità della natura è uno dei principi guida più potenti per la maggior parte dei fisici. Ma non basta cercare i mattoni fondamentali che costituiscono tutta la materia, occorre comprendere come si organizzano e in che modo interagiscono tra loro. Ed è proprio questo l’obiettivo che ha guidato tutta la mia vita: la ricerca del disegno ultimo dell’universo”. A parlare è Sheldon Lee Glashow, lo scienziato che nel 1979 ottenne il Premio Nobel per la fisica con Abdus Salam e Steven Weinberg “per i contributi alla teoria dell’unificazione dell’interazione elettrodebole ed elettromagnetica tra le particelle elementari”. Galileo lo ha incontrato a Milano, in occasione della conferenza “Dieci Nobel per il futuro”.

Professore, cosa vuol dire cercare una teoria unificata?

“Pensate al magnetismo, all’elettricità o alla luce. Sembrano fenomeni del tutto diversi tra loro, eppure James Clerk Maxwell nell’Ottocento mostrò come siano manifestazioni diverse delle stesse leggi fondamentali. E riuscì a descriverle con un elegante sistema di equazioni, quelle dell’elettromagnetismo. Fu da allora che si cominciò a pensare a una teoria unificata per tutte le forze alle quali è soggetta la materia. Quando ero studente, si conoscevano quattro tipi di forze possibili: la forza elettromagnetica tra gli elettroni e il nucleo atomico, o tra gli atomi e le molecole, la forza forte tra le particelle all’interno del nucleo, quella debole, responsabile dei decadimenti radioattivi e infine quella gravitazionale tra due corpi dotati di massa. L’unificazione era un concetto differente per diverse persone. Per esempio, io ho cominciato cercando di trovare una teoria unificata per le forze deboli e quelle elettromagnetiche e qualche anno dopo Yukawa ha cercato di formulare una teoria unificata per le forze deboli e quelle forti. Salam, Weinberg e io arrivammo alla teoria elettrodebole. Non si trattava di un’unificazione, era piuttosto un modo consistente per descrivere due forze di natura diversa. C’era però il problema della forza forte che fu risolto con la cromodinamica quantistica, la teoria per le interazioni forti tra le particelle nucleari. Oggi queste tre forze rilevanti in fisica delle particelle sono spiegate da singole teorie autoconsistenti che descrivono tutti i fenomeni osservati in natura. L’unificazione quindi, secondo me e altri scienziati, può essere un concetto matematico, una struttura comune alla base della descrizione matematica delle tre forze. E la cosa interessante sono i fenomeni che deriverebbero dalla formulazione di una tale teoria universale. Ci sono molti esperimenti, in Giappone o negli Stati Uniti, che cercano questi effetti, ma la corretta direzione verso cui andare è ancora un problema aperto. Forse il sistema di riferimento logico su cui le teorie sono basate non è abbastanza ricco per dare le risposte a molte domande, come ad esempio quale sia l’origine della massa delle particelle, o perché ci sono tre famiglie di particelle fondamentali”.

Lei pensa quindi che le risposte dovranno venire solo dalla teoria?

“In un certo senso sì. In parte per rispondere a queste domande, oggi molti giovani fisici teorici si occupano delle cosiddette teorie delle stringhe. Il linguaggio matematico è completamente nuovo, e dalla forma delle teorie emerge un quadro unificato della fisica realmente complesso. Il problema è che se queste stringhe esistono, sono veramente indeterminabili, perché sono decine di volte più piccole delle più piccole particelle elementari. Il salto che c’è dalla fisica delle particelle elementari alle superstringhe è più o meno quello che c’è tra le dimensioni di una persona e quelle del nucleo atomico. Quello che si può fare è ancora sconosciuto, ma i miei colleghi sono veramente esaltati dalle possibilità di questa teoria. Che non suggerisce alcun esperimento, ma al contrario dice che non c’è una via possibile di ricavare informazioni sperimentali dirette”.

Che ruolo possono giocare allora gli esperimenti?

“Ci sono ancora questioni veramente importanti alle quali bisogna dare risposta per via sperimentale. Questioni che riguardano per esempio una particella sfuggente come il neutrino. Ha una massa? Questa è una domanda veramente stimolante alla quale sto lavorando ora. Non ne conosciamo la risposta, anche se è prevedibile poterla trovare entro un anno o due grazie agli esperimenti in Giappone, in Canada o in Italia, sotto il Gran Sasso”.

Un suo libro si intitola “The Charm of Physics”. Cosa è per lei il fascino della fisica?

“E’ come degli esseri umani così piccoli e deboli siano riusciti a comprendere cose più grandi o più piccole di loro e così diverse da loro. E’ una specie di miracolo se oggi si ha una comprensione teorica della materia e dell’universo così avanzata rispetto a qualsiasi comprensione del passato. Ed è bellissimo che siamo in grado di capire così tanto”.

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