Tra la vita e la morte

Nella vita comune di solito è abbastanza facile concettualizzare le cose che ci interessano e dare ad esse un nome: per esempio, se dico a mia figlia “Portami per piacere quel libro giallo” sono sicuro che sappia distinguere quale libro portarmi tra i vari a disposizione, senza problemi relativi alla nozione di “giallo”. Analogamente, se dico: “L’incendio è stato causato da una scintilla uscita dal camino acceso e caduta sul tappeto” è chiaro a tutti che cosa intendo per “causa”.

Eppure, anche se nel senso comune i concetti di “giallo” e di “causa” sono del tutto ovvi e a-problematici, a ben vedere sono particolarmente complessi in contesti tecnici e scientifici. Così – sempre per restare all’esempio – se dicessi a un pittore: “Vorrei quella parete dipinta di giallo”, sicuramente la risposta sarebbe: “Che tipo di giallo?” seguita da almeno una decina di nomi diversi indicanti varie tonalità. Mentre nel senso comune è sufficiente un solo termine per indicare il colore (inteso come unitario), in un contesto tecnico la realtà unitaria si frantuma in vari aspetti tra loro diversi. Non esamino i problemi relativi alla nozione di “causa” perché la loro difficoltà è fin troppo nota: se al senso comune il concetto di “causa” appare semplice e scontato, in realtà è uno dei piu difficili e complessi da chiarire non appena si entri in un contesto tecnico-scientifico.

Una lente di ingrandimento

I due esempi menzionati sono utili perché mostrano con chiarezza come il passaggio dal senso comune a un contesto tecnico-scientifico costringa a una precisazione dei termini e dei concetti usati. L’esempio del “giallo” fa emergere chiaramente che la scienza e la tecnica fungono come una sorta di lente d’ingrandimento grazie alla quale possiamo vedere una realtà nuova e piu ricca di quella del senso comune.

E’ importante tenere presente questo punto quando passiamo a considerare i concetti di “vita” e di “morte”, e questo per almeno tre ragioni: primo, perché anche in questo caso la tecno-scienza ci porta a vedere una realtà piu complessa di quella offerta dal senso comune; secondo, perché la consapevolezza di questo aspetto non è affatto scontata data la straordinaria rapidità del processo di cambiamento che in pochi anni ha polverizzato riflessioni secolari di cui è addirittura difficile rintracciare l’origine; terzo, perché la richiesta dell’affinamento concettuale in materia di vita e morte è stato eccezionalmente rapido e coinvolge fortemente la sfera emotiva suscitando resistenze e difficoltà peculiari nell’abbandono delle idee diffuse nel senso comune. Eppure, questo passo va compiuto, a meno di precludersi le nuove conoscenze acquisite grazie alla tecno-scienza e chiudere gli occhi di fronte alla nuova realtà.

La morte e lo stetoscopio

La misura dello sconvolgimento concettuale intervenuto diventa chiara se si considera che nel senso comune occidentale la morte interveniva quando una persona non si muoveva più: di fatto fino alla seconda metà del XIX secolo la morte era accertata dai familiari stessi, i quali dichiaravano l’assenza di movimenti da parte del congiunto. Anche per questo era piuttosto diffusa la paura della sepoltura precoce, sentimento che è diventato particolarmente intenso nel XVIII secolo come testimoniano i racconti di E. A. Poe. A volte si metteva un vaso d’acqua sul torace del defunto per verificare eventuali movimenti respiratori, oppure uno specchietto davanti alla bocca o sotto il naso per vedere se si appannava, ma restano mezzi empirici di scarso valore probatorio. Con tutta probabilità la morte cardiaca ha prevalso su altre concezioni nel corso del XIX secolo, dopo che l’invenzione dello stetoscopio ha facilitato l’accertamento dell’attività del cuore.

E’ a questo punto che la morte è stata identificata con il momento in cui il cuore cessa definitivamente di battere, facendo diventare irrilevante la presenza di eventuali movimenti corporali post-mortem. Ma anche l’accettazione della morte cardiaca non è stata facile, e in proposito basta menzionare il grande clamore – raccontato dal Brown-Sequard – suscitato da un morto di colera che negli anni ‘80 del secolo scorso, appena prima del funerale, ha congiunto entrambe le braccia ponendole in posizione orante. Nei morti di colera tali movimenti automatici sono piuttosto comuni, ma è difficile pensare che le persone non ne restino fortemente impressionate. Anche la morte cardiaca quindi ha dovuto superare difficoltà non facili prima di guadagnare il consenso unanime dell’opinione pubblica, anche se non è perfettamente chiara la ragione che la sostiene.

Cuore o cervello?

Secondo alcuni l’importanza dell’attività cardiaca sta proprio nel “battito” del cuore, ossia nel fatto che si sente e si percepisce ancora del movimento interno al corpo; mentre per altri ciò dipende dall’idea che, consentendo la circolazione dei fluidi, il cuore garantisce l’unità integrata dell’organismo. A parte questo, è quasi unanime l’opinione che sposta il momento della morte dalla cessazione definitiva (e irreversibile) dell’attività cardiaca alla cessazione dell’attività di tutto l’encefalo, ossia alla morte cerebrale. Ci sono ragioni tecniche dovute alla possibilità di rianimazione e di prolungata vicariazione dell’attività cardiaca che suggeriscono questo cambiamento, e anche le nuove esigenze poste dalla possibilità del trapianto unite alla riluttanza dell’opinione pubblica ad accettare l’idea che si anticipi la morte di una persona per consentire il successo del trapianto.

Eppure alcuni autori come Hans Jonas e Peter Singer ritengono sia piu corretto riconoscere l’esistenza di una nuova eccezione al “Non uccidere!” nel caso del trapianto, piuttosto che cambiare la definizione di morte. Ragioni molto diverse sostengono questa conclusione, ma di fatto il passaggio dalla morte cardiaca alla morte cerebrale comporta un cambiamento concettuale estremamente profondo: mentre la cessazione dell’attività cardiaca indica la dissoluzione del tripode vitale (cervello-polmone-cuore) e presuppone quindi una definizione poli-organica di vita, la cessazione dell’attività cerebrale presuppone una definizione mono-organica in quanto si assume basti la dissoluzione di un solo organo: l’encefalo. La modifica di quest’aspetto necessita una piu profonda ristrutturazione dell’intero quadro concettuale: se basta la dissoluzione di un solo organo a determinare la morte della persona, allora si tratta di sapere se quell’organo è l’encefalo nella sua totalità o non basti la disintegrazione di una sua parte. Così già oggi è comune osservare che di fatto si rileva la cessazione del tronco dell’encefalo e che in realtà morte troncoencefalica e morte cerebrale praticamente si equivalgono. Tuttavia alcuni osservano che la morte troncoencefalica è accettabile solo perché per ora non siamo in grado di vicariare efficacemente le funzioni del troncoencefalo, ma che se lo fossimo allora diventerebbe chiaro che la adeguata nozione di morte è quella corticale: la persona muore quando si dissolve la corteccia cerebrale e l’organismo perde definitivamente le funzioni proprie della vita personale.

Ci sono difficoltà nell’accertamento della morte corticale e questo ritarda la sua accettazione, ma dal punto di vista teorico si deve riconoscere che una volta abbandonata la morte cardiaca si deve giungere alla morte corticale (e quella cerebrale è solo un passo intermedio). E’ difficile accettare questa conclusione perché scuote sentimenti profondi e la modifica delle emozioni è piu lenta di quella dell’intelletto, ma questo punto apre una questione del tutto diversa che non può essere trattata in questa sede: per chi ritiene che l’etica debba essere guidata dalla ragione, sembra necessario modificare i nostri attuali sentimenti, anche se questo processo non è facile.

Nuove distinzioni

Situazione analoga si presenta con l’inizio della vita, dal momento che sono radicalmente cambiate le circostanze relative alla riproduzione e aumentate notevolmente le conoscenze in materia. Mentre in passato il processo riproduttivo era sottratto all’intervento umano e riceveva immediata protezione per il fatto di essere nascosto nei misteriosi antri del corpo materno, oggi la situazione è mutata per via delle acquisite capacità di controllo del processo riproduttivo. Mentre in passato il problema di quando esattamente avesse inizio la vita della persona aveva scarsa rilevanza pratica oggi la questione non riveste piu un interesse meramente teorico e astratto, perché è possibile intervenire concretamente nelle prime fasi della vita umana. E’ per questa ragione che diventano necessarie distinzioni nuove.

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