Chi è l’uomo della Sindone?

Sono passati cento anni da quando il negativo della prima foto scattata alla Sacra Sindone svelava l’immagine più bella ed enigmatica per i fedeli cristiani: il corpo di Gesù. Se per i credenti il telo lungo 4 metri e 37 centimetri e largo 111 centimetri è la più sacra delle reliquie, per gli scienziati rimane soprattutto un mistero. E’ veramente il telo che avvolse il corpo di Cristo dopo la crocefissione? Oppure il lenzuolo è opera di un falsario medievale che gettandolo su un bassorilievo è riuscito a ottenere la doppia figura di uomo flagellato? Il caso Sindone si credeva concluso nel 1988: tre diversi gruppi di ricercatori grazie all’esame del carbonio 14 stabilirono che la Sacra Sindone risaliva a un periodo tra il 1260 e il 1390. Ora a dieci anni di distanza i dubbi riemergono e il caso non sembra affatto chiuso. Proprio questa settimana la Fondazione Agnelli di Torino ha ospitato il convegno “La Sindone a Torino: storia e prospettive”. E durante i lavori, alla presenza di una platea di teologi, alcun scienziati hanno messo in discussione proprio le datazioni ottenute con il radiocarbonio.

“La problematica è aperta. Gli studi precedenti hanno chiarito alcuni aspetti, ma non hanno dato risposte sulla natura dell’immagine sindonica e sulla sua origine” dichiara al convegno Piero Savarino dell’Università di Torino. “La presenza di sostanze estranee capaci di alterare la radiodatazione va considerata con attenzione e cautela. Dubbi sulla esattezza dell’età della Sindone sono stati recentemente risollevati in seguito ai risultati divergenti ottenuti su una mummia. Si è riscontrato che le bende, sulle quali sono state evidenziate le Lichenothelie (microrganismi viventi) appaiono più giovani di circa 400-700 anni del tessuto osseo della mummia” spiega il professor Savarino. “Gli ampi margini di incertezza sono causati dalla mancanza di una precisa conoscenza del comportamento dell’invecchiamento dei tessuti a base di cellulosa. Quelli conservati in condizioni storicamente non controllate suggeriscono prudenza” continua Savarino. Anche le impronte lasciate dalle monete sugli occhi dell’Uomo della Sindone sono, secondo i ricercatori, prove contro la datazione al carbonio 14. Con l’elaborazione elettronica si è riusciti a datare la moneta posta sulla palpebra destra. “Si tratterebbe di una moneta di “dilepton lituus” emessa da Ponzio Pilato nell’anno XVI del regno di Tiberio, cioè nel 29 dopo Cristo. Poiché è storicamente accettato che Gesù fu crocifisso nella prima decade di aprile dell’anno 30, la presenza di una monetina dell’epoca, avvalorata dalla comferma storica dell’usanza di porre monete sulle palpebre dei defunti, può fornire una prova notevole sulla veridicità e sulla datazione della Sindone”, dichiara Nello Bassolino insegnante di informatica all’Università di Torino.

Ma altri dati importanti sono emersi dal convegno. Come si è formata quell’immagine che non è né un dipinto e né un’impronta di sangue? “L’informatica ha dato un notevole contributo alle ricerche”, prosegue Bassolino, “ha permesso di ottenere immagini non visibili all’occhio umano che evidenziano la tridimensionalità della Sindone che non esiste nelle normali fotografie o in qualunque realizzazione pittorica. Quindi escluderei qualsiasi intervento manuale nella formazione dell’immagine sindonica. Perché è inconcepibile che particolari significativi invisibili a occhio nudo e osservabili soltanto dopo l’elaborazione elettronica siano stati inseriti in modo artificioso sull’immagine”. Gli scienziati hanno concluso affermando l’esigenza di effettuare un nuovo studio sistematico e multidisciplinare. Dal canto suo, il cardinale Giovanni Saldarini, custode della reliquia ha dato il suo consenso. Ma bisognerà attendere l’ostensione del 2000.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here